Terrazza Sentimento è la storia di Alberto Genovese, ma anche di Diddy, Epstein e Weinstein

Al di là della bruttezza della miniserie Netflix, guardandola è impossibile non notare come queste storie di élite degenerate si somiglino tutte.

20 Novembre 2025

Terrazza Sentimento, la docuserie sul caso Genovese, è talmente brutta e smaccatamente clickbait che, dopo aver visto le tre puntate striminzite, mi è venuta voglia di disdire l’abbonamento a Netflix per farmi quello a Tennis TV. È una docuserie brutta nel senso che è proprio un prodotto culturale sciatto: un pasticcio di filmati montati in fretta, senza spiegare davvero la vicenda, senza un taglio narrativo, senza un tono di voce coerente, il tutto condito da un uso tragico e massiccio dell’AI. Le morali cambiano continuamente, ma vengono tutte servite con archi e violini in sottofondo. Cos’è successo? Mi dispiace perché Alessandro Garramone & Nicola Prosatore avevano già lavorato insieme per il documentario su Wanna Marchi, che mi era piaciuto moltissimo, e le aspettative erano alte.

Comunque, per quanto brutta, la docuserie mi ha fatto riflettere sul fatto che ci troviamo davanti all’ennesima storia con tratti ricorrenti. Cambiano i nomi e i contesti, cambiano le città e le professioni, ma il copione è sempre lo stesso: il caso Diddy, gli Epstein Files, Weinstein, la setta NXIVM, l’epopea del Bunga Bunga, fino ai casi più piccoli come quello delle “baby prostitute dei Parioli”. Vicende che raramente vengono accostate tra loro in modo esplicito, se non sotto l’ombrello narrativo che vuole che “gli uomini si comportano tutti così”. Una chiave di lettura che da un lato offre una spiegazione rapida, un colpevole, i buoni e i cattivi, ma dall’altro semplifica all’estremo. Queste, invece, sono storie di gruppi chiusi, quasi delle micro-società, in cui le persone si muovono secondo ruoli preassegnati, distribuiti lungo una struttura sociale rigida e piramidale, che funziona seguendo determinate regole non scritte ma formalmente in essere. E quando emergono schemi ripetuti nei comportamenti individuali che poi si aggregano in dinamiche collettive, significa che è in atto qualcosa di sociologicamente rilevante, non un semplice caso isolato, un’eccezionalità.

La stessa festa a Hollywood, New York e Milano

Il contesto in cui nascono queste storie non è affatto generico, ma estremamente specifico: l’alta società, le élite. Per Weinstein era il mondo del cinema e di Hollywood, per Diddy quello della musica . Il caso Epstein, invece, è quello legato al potere politico ed economico: politici di altissimo livello, miliardari, imprenditori, celebrità di ogni tipo (dalle pop star alle supermodelle) e anche un principe (ormai ex). In questi circoli d’élite chiusi, la massima aspirazione è sempre la stessa: fama e potere. Fama, potere, soldi, sesso, droga: una vera e propria economia circolare (e mi sembra di sentire in sottofondo la sigla di Lucignolo con il riff di “Smoke on the Water” dei Deep Purple).

Sesso e droga, dentro questi gruppi, non sono solo divertimento: assumono una dimensione ritualistica, il momento in cui si rimescolano le carte, si stringono alleanze, si testano i limiti e si rafforzano i ruoli di ciascuno all’interno della piramide sociale. Prendiamo, per esempio, proprio il caso di Terrazza Sentimento, che è anche il nome del contesto fisico, dove avvenivano i festini. Vale la pena notare che tutto questo non è affatto una novità nella storia dell’umanità: esistevano i baccanali, i rituali dionisiaci, i sabba, i coven. La struttura simbolica che sostiene questi “riti” non è cristiana, ma pagana, se non esoterica o occulta, soprattutto per come viene reinterpretata e resa visibile dalla cultura pop, che ne plasma significati, estetiche e narrazioni in chiave spettacolare e performativa.

Le madame

Cambiano i contesti, cambiano i vestiti e le ville, ma l’impianto rituale è del tutto simile. Certe volte, tornano pure i nomi, per esempio, nel caso Epstein c’è il “Lolita Express”, mentre nel caso Genovese c’è “Villa Lolita” (un’altra location dove si tenevano i festini dell’imprenditore). Di giorno Terrazza Sentimento ospitava feste descritte nel documentario come del tutto “normali”, “familiari” («C’erano i quarantenni con moglie e figli», incontri professionali, aperitivi eleganti. Poi però c’erano le altre feste, quelle notturne. In pratica, dei “freak off” come nel caso P. Diddy. Nel documentario si scopre che esisteva davvero una lista con regole precise per le serate notturne, redatta dallo stesso Genovese e i partecipanti dovevano rispondere a criteri specifici. Le donne, ad esempio, dovevano essere più numerose degli uomini, giovani e molto magre, e «che si drogassero con facilità». C’erano persone incaricate di reclutarle: uomini che Genovese considerava i suoi migliori amici, ma anche la sua stessa fidanzata. Il fatto che la donna più vicina all’uomo al vertice, si occupasse dell’arruolamento di altre ragazze desta sempre sconcerto e domande del tipo: “Ma com’è possibile?”. Patriarcato interiorizzato? Manipolazione?

Dipende dal punto di vista da cui si osserva una figura del genere. Dall’esterno sembra assurdo, folle e osceno. Ma in questi gruppi, dove valgono altri codici e sistemi, nonché ruoli e rapporti tra persone, una figura del genere è, invece, coerente. Questo modello si ritrova identico altrove: Epstein si appoggiava a Ghislaine Maxwell e ad altre donne ai vertici della sua rete (anche Virginia Giuffré è stata accusata di aver reclutato ragazze per lui), mentre nella setta NXIVM Allison Mack svolgeva lo stesso ruolo. La “madame” (termine mutuato dai bordelli, che erano a tutti gli effetti piccoli “luoghi chiusi” con le loro regole, ai margini ma tollerati dalla società) non è necessariamente la più bella, ma spesso la più anziana o quella con maggiore esperienza, intelligente e dotata di capacità organizzative, capace di conquistarsi la fiducia del vertice perché lavora con precisione e metodo.

Il piccolo Gatsby

Al vertice della piramide, c’è l’uomo di potere, quello con ingenti disponibilità economiche e influenza. Dispensatore di raccomandazioni, centro nevralgico del sistema di networking che mette in collegamento le persone, dispensatore di feste gratuite ed esclusive, a cui “tutti vogliono partecipare”. Nel documentario, una fotografa che aveva partecipato ai party di Terrazza Sentimento, descrive Genovese come un «uomo molto solo, un grande Gatsby: non era mai il centro della festa ma organizzava le feste». Lo stesso Genovese, nei processi, ha dichiarato di essersi sentito sfruttato; ed è vero in parte, ma è anche lui a riconoscere di essersi scelto «un tipo di famiglia diverso», dove i legami non sono definiti dai vincoli di sangue, ma da rapporti costruiti secondo altri criteri. Comunque, questi Gatsby sono tutti circondati da un “cerchio magico” di persone fidate che arruolano le ragazze o procurano la droga, di solito autisti, assistenti personali o collaboratori stretti. Questi vassalli sono a loro volta suddivisi in ruoli maggiori e minori. Alla base della piramide, invece, ci sono i semplici partecipanti, le ragazze e ragazzi sfruttati sessualmente. Eppure, anche alcuni di questi partecipano nella speranza di scalare la piramide.

Ritornando sul ruolo ritualistico di queste feste, va spiegato il concetto di “keyhole” (o K-hole), termine che ricorre spesso in Terrazza Sentimento. Indica uno stato dissociativo intenso provocato dall’assunzione di dosi elevate di ketamina, uno stato di estasi che si manifesta come un’esperienza di pre-morte, in cui l’anima sembra distaccarsi dal corpo. Dovrebbe comparire anche il famoso tunnel con la luce in fondo. Genovese, parlando nel documentario, afferma: «Per me è normale che alcune ragazze non si muovessero [durante le sevizie], perché anche loro erano nel loro keyhole». Questi gruppi non sono propriamente “sette”, anche se a volte tornano alcune simbologie (nei tatuaggi, ad esempio) ma sono sicuramente “gruppi abusanti”. Negli Stati Uniti, viene usato il termine “sex ring cult” o “sex trafficking ring” a seconda della complessità dell’organizzazione, di quanto siano presenti o meno elementi simbolici e spirituali. L’anello sta a indicare proprio la chiusura del gruppo dove all’interno vengono trafficati sessualmente gli esseri umani, perlopiù ragazze ma anche ragazzi molto giovani, ingannati e manipolati. Qui sta la differenza con i partecipanti dei più antichi baccanali: la consapevolezza. In questi contesti moderni, le vittime spesso non hanno piena consapevolezza di ciò a cui stanno partecipando.

Questo è in parte alimentato dal mondo dello spettacolo, che vive di finzione, escapismo, romanticizzazione e storytelling, rendendo più difficile distinguere la realtà dal mito. L’immaginario alla Eyes Wide Shut fa senz’altro effetto, è la versione letteraria, cinematografica, simbolica di tutto questo. Ma la realtà, con buona probabilità, è molto meno elegante e molto più sciatta, più simile alla docuserie di Netflix, purtroppo, che a un ballo in maschera di Kubrick.

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