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Permetteresti al tuo terapista di leggere tutti i tuoi messaggi?

Su The Outline Erene Stergiopoulous ha raccontato la storia di Spencer Roux, un ingegnere di 29 anni a cui è stata diagnosticata una forma di schizofrenia. Da quando si sveglia a quando va dormire, Roux tiene con sé un piccolo dispositivo: ogni volta che percepisce allucinazioni uditive schiaccia un bottone, aggiornando così un conteggio che può essere controllato online ogni momento su un’apposita pagina. Questo lo aiuta a capire quante volte al giorno si verifica il fenomeno e in che momenti.

Insieme al suo psichiatra, Roux utilizza il grafico per valutare il suo stato di salute: senza terapia farmacologica, arrivava ad avere fino a 200 episodi allucinatori al giorno. Da quando assume un farmaco antipsicotico, ne ha soltanto 50. La storia di Roux è un esempio di un nuovo tipo di trattamento psichiatrico che utilizza il monitoraggio dei dati per controllare i sintomi e gli effetti degli psicofarmaci sul paziente.

Il futuro di questo metodo è nelle app, spiega Stergiopoulous, che non solo permetteranno ai pazienti di raccogliere dati sul loro stato di salute (riuscendo così a prevedere eventuali crisi), ma saranno in grado di monitorare la loro presenza digitale “passiva”, registrando le loro attività quotidiane attraverso la geolocalizzazione, il calcolo delle ore di sonno, e soprattutto metadati raccolti a partire dalle loro attività digitali e comunicazioni sui social.

Un approccio che permetterebbe al terapeuta di intervenire (per esempio chiamando o anticipando l’appuntamento) nel caso in cui ritenesse il paziente in pericolo, ma che cambierà completamente il rapporto tra il terapista e il malato, rendendo più sottili i confini che separano le loro vite e, soprattutto, registrando dati sensibili delle attività del soggetto in cura, resi quindi utilizzabili anche per altri fini, ad esempio in caso di investigazioni.