Hype ↓
21:27 lunedì 15 dicembre 2025
Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.
Dopo l’attentato a Bondi Beach, in Australia vogliono introdurre leggi durissime sul porto d’armi visto che quelle usate nella strage erano tutte detenute legalmente Intestate tutte a Sajid Akram, l'uomo che insieme al figlio Naveed ha ucciso 15 persone che si erano radunate in spiaggia per festeggiare Hannukkah.
Nonostante diversi media parlino già di omicidio e accusino il figlio Nick, della morte di Rob Reiner e di sua moglie Michelle non si sa ancora quasi nulla La polizia di Los Angeles ha confermato solo il ritrovamento dei cadaveri e l'inizio di un'indagine che contempla anche la «possibilità di omicidio».
Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.

Salvare un brand da se stesso

Volkswagen è solo l'ultimo caso. Come si corre ai ripari quando un brand subisce un danno d'immagine.

29 Settembre 2015

Un problema connesso alla percezione della propria immagine non è mai una buona notizia, ma per un brand può rivelarsi una tragedia tout court, un evento in grado di far calare vendite e fatturati con conseguenze nefaste facilmente immaginabili. La polemica sulle emissioni truccate che ha travolto Volkswagen in questi giorni, sfociata nelle dimissioni dell’ad del gruppo tedesco Martin Winterkorn, ha già ridotto il valore del marchio di 10 miliardi di euro.

Quando, nel settembre del 2013, Guido Barilla, presidente dell’omonima celebre società produttrice di pasta, è apparso in diretta radiofonica a La Zanzara e al quesito di uno dei conduttori, che chiedeva se l’azienda avrebbe mai girato uno spot con una famiglia omosessuale, ha risposto che «per noi il concetto di famiglia sacrale rimane un valore fondamentale dell’azienda», probabilmente non pensava alle conseguenze delle sue azioni. Non contento, l’imprenditore aveva addirittura chiosato: «Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca». Nel giro di poche ore su Internet si era saldato un vasto movimento di boicottaggio del marchio (su Twitter a due anni di distanza è ancora presente l’account @BoycottBarilla), e i commenti di Barilla avevano provocato reazioni istituzionali – culminate in un pellegrinaggio di redenzione del patron della pasta a Roma, negli uffici della presidente della Camera Laura Boldrini – e dal mondo dello spettacolo, e generato diversi interventi e appelli, tutti o quasi marcatamente indignati dall’exploit radiofonico.

malaysiaCome è possibile riprendersi da shock di reputazione così gravi? Sembrerà impossibile, ma Barilla ce l’ha fatta: abbiamo assistito a un profluvio di scuse articolate sotto forma di comunicati stampa, post su Facebook, video dove Guido Barilla, come si dice, ci mette la faccia e fa pubblica ammenda per le sue esternazioni. Ma non soltanto: l’azienda è riuscita nel più arduo compito di  ribaltare la sua immagine da corporation para-intollerante a società gay friendly. Tra gli step seguiti dalla Barilla, riassunti da un articolo dell’Huffington Post, spiccano incontri con i rappresentanti della comunità Lgbt,  l’istituzione di un “Diversity & Inclusion Board” attento ai temi della diversità e di corsi anti-discriminazione interni all’azienda, oltre a continue scuse del suo patron. Per quanto nulla vieti di pensare che il pentimento dei piani alti di Barilla sia sincero, suona più corretto dedurre che dietro a questa strategia di recupero di credibilità ci siano esperti addestrati ad affrontare situazioni disperate su un piano reputazionale, studi e agenzie abituate a confrontarsi con orde di utenti inviperiti e immagini inevitabilmente compromesse.

Priceonomics parla di questi professionisti con riferimento a un altro caso di questi giorni, quello di Martin Shkreli, wonder boy dell’industria farmaceutica americana e recente autore di un innalzamento di prezzo di un medicinale, il Daraprim, utilizzato nella cura di alcune malattie che colpiscono il sistema immunitario (tra le altre, anche l’Aids). Dopo averne acquisito i diritti di vendita – una prassi non nuova per le società appartenenti al cosiddetto Big Pharma, che sono solite ri-infiocchettare vecchi farmaci aumentandone il costo – Shkreli ha stabilito che una singola pillola di Daraprim non sarebbe più costata i 13 dollari di prima, ma 750. Il Ceo di Turing Pharmaceuticals è un istrione dotato di una vena di arroganza, e così ai primi critici ha risposto difendendo la sua scelta con irritanti sorrisetti, e sui suoi profili social ha fatto riferimento a un testo di Eminem per esibire simbolicamente il dito medio ai suoi detrattori. Anche in questo caso, col passare delle ore, l’interesse dei media è stato totalmente assorbito dalle escandescenze del giovane imprenditore, da qualcuno ribattezzato  “l’uomo più cattivo d’America” o “lo stronzo di Big Pharma”.

È in questi momenti che entra in gioco Richard Levick, amministratore delegato della Levick Strategic Communications, una delle agenzie di Pr più famose d’America specializzate nella gestione delle crisi d’immagine dei marchi. Levick e soci hanno comunemente a che fare con compagnie aeree alle prese coi giorni che seguono un disastro, brand alimentari che devono riconquistare i propri consumatori dopo un caso di contaminazione dei loro prodotti e sigle energetiche costrette a fare i conti coi postumi di un disastro ambientale. «L’errore fatale di Shkreli sono state la sua arroganza e il suo atteggiamento derisorio», ha commentato Levick sul caso che ha tenuto banco in questi giorni, spiegando che il segreto per riuscire ad attraversare indenni casi simili è riuscire a limitare i danni nel momento peggiore della polemica, quello dove tutta l’attenzione negativa è concentrata sull’oggetto di sdegno.

Levick traccia un confronto tra quando aveva iniziato col suo lavoro, 20 anni fa, e cosa significa svolgere le sue mansioni oggi

Levick traccia un interessante confronto tra quando aveva iniziato col suo lavoro, vent’anni fa, e cosa significa invece svolgere le sue mansioni oggi. Nel frattempo si è sviluppato e diffuso Internet, che ha fatto saltare gli schemi per cui ai Pr bastava contattare le voci più favorevoli a un brand per garantire una copertura positiva a mezzo stampa. Le informazioni veicolate in tempo reale sulla rete non hanno barriere, com’è noto, e quel che prima seguiva un iter preciso e sequenziale oggi trabocca in tempo reale da ondate di retweet, aggiornamenti di status e critiche esponenzialmente feroci (Levick individua il momento di svolta nello scandalo Monica Lewinsky, che portò all’impeachment di Clinton e venne riportato inizialmente da Matt Drudge: «Un blogger che lavorava in pigiama nel seminterrato di casa sua».

A condannare Shkreli è stato il suo atteggiamento iniziale. E proprio le prime ore sono la chiave per indirizzare l’esito finale della crisi. Quando, nel 1982, il gruppo farmaceutico Johnson & Johnson venne colpito da un caso di contaminazione del suo prodotto di punta, l’analgesico Tylenol, che nella zona di Chicago venne rimpiazzato da capsule rivestite di cianuro, uccidendo sette persone, il presidente della società James Burke apparve in tv per allertare gli americani e chiedere loro di non comprare il suo prodotto. Poi Johnson & Johnson interruppe la produzione di Tylenol e smise di reclamizzarlo. Levick spiega che il responso immediato dev’essere finalizzato a posizionarsi come marchio che tiene al benessere della sua clientela a tal punto da mettere in secondo piano i profitti. Tutte le reazioni migliori, si potrebbe dire virtuose, di un brand a una crisi di immagine che lo riguarda passano per tre perni fondamentali: azione immediata, trasparenza nella comunicazione e capacità di leadership. A chi, come Shkreli, ha invece seguito altre strade, oggi spesso basta aspettare. Ciò che chiamiamo web si arrabbia molto, ma dimentica anche in fretta.

Nell’immagine in evidenza: una Volkswagen Passat e una Golf 7 al complesso Volkswagen Autostadt di Wolfsburg, Germania. 10 marzo 2015 (Alexander Koerner/Getty Images)
Articoli Suggeriti
Social Media Manager

Leggi anche ↓
Social Media Manager

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.