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Per la prima volta nella storia, due romanzi hanno vinto il Pulitzer ex aequo

Per la prima volta in 105 anni di storia, il premio Pulitzer per la fiction è stato vinto da due romanzi: Trust di Hernan Diaz, che in Italia è uscito per Feltrinelli, e Demon Copperhead di Barbara Kingsolver, ancora inedito nel nostro Paese. Entrambi i libri trattano il tema della classe sociale, anche se, come ha spiegato lo stesso Diaz in un’intervista telefonica concessa ad Associated Press, da «prospettive molto diverse». Kingsolver ha detto più volte di aver scritto Demon Copperhead per raccontare un pezzo degli Stati Uniti spesso ignorato e frainteso. La scrittrice vive da tempo in una fattoria nel sud ovest della Virginia, nella zona dell’Appalachia, la stessa in cui ha deciso di ambientare il romanzo. Come si legge sul sito del premio Pulitzer, con Demon Copperhead Kingsolver riscrive la storia di un classico della letteratura, il David Copperfield di Charles Dickens, attraverso la voce di un ragazzino nato e cresciuto nell’Appalachia: con lui il lettore osserva un mondo fatto di povertà, dipendenze, assenza delle istituzioni e decadimento morale, e assieme a lui vive il tentativo di superare tutto questo.

L’altro vincitore del Pulitzer è Trust di Hernan Diaz, «un romanzo affascinante, ambientato in un America ormai lontana che racconta la famiglia, la ricchezza e l’ambizione attraverso racconti che si intersecano gli uni con gli altri, storie scritte con stili letterari diversi, a comporre un’analisi profonda di quel che possono realizzare amore e potere in un Paese in cui a regnare è il capitalismo», si legge sempre sul sito del Pulitzer. Diaz ha spiegato che con Trust voleva parlare «del processo di accumulo delle ricchezza. Volevo parlare di classe e di soldi, e di come si fanno davvero i soldi». La differenza tra Demon Copperhead Trust sta nel fatto che il primo racconta la vita dei più poveri, di chi sta alla base della piramide della ricchezza, mentre il secondo racconta le persone che sono riuscite ad arrivare, o hanno avuto la fortuna di nascere, in cima a quella stessa piramide.

Sin dalla sua pubblicazione, Trust è stato acclamato dalla critica: tra i tanti riconoscimenti ricevuti, c’è stata la vittoria del Kirkus Prize per la fiction, la candidatura al Booker Prize, l’inserimento nella lista dei libri dell’anno sia del New York Times che del Washington Post. Anche Barack Obama, sempre prodigo di consigli sui consumi culturali, lo ha inserito tra le sue letture indispensabili del 2023. Ulteriore prova del successo del romanzo c’è anche il fatto che è già in corso un adattamento: sarà una serie tv e verrà trasmessa da Hbo (nel cast è già sicura la presenza di Kate Winslet). Di sicuro, non sarà un lavoro semplice, data la complessità narrativa del romanzo di Diaz. Trust, infatti, può essere diviso in quattro parti. La prima è una sorta di romanzo nel romanzo, un racconto intitolato Bonds scritto da Harold Vanner, storia della scalata alla montagna della finanza newyorchese intrapresa dal leggendario finanziere Benjamin Rask assieme a sua moglie Helen. La seconda parte è un un’autobiografia del miliardario Andrew Bevel, la persona che ha ispirato il personaggio di Rask, offeso da un racconto della sua vita che ritiene falso e denigratorio. È per questo che Bevel, con l’aiuto della “ghost writer” Ida Partenza, figlia di un anarchico italiano, decide di raccontare la sua verità in un libro intitolato La mia vita che, però, non riuscirà mai a completare. La terza parte di Trust sono i ricordi di Partenza e il resoconto del suo tentativo di scoprire e raccontare la verità su Bevel e, soprattutto, sulla sua defunta moglie Mildred. L’ultima parte del romanzo di Diaz sono i frammenti del diario di Mildred, ritrovati da Partenza trent’anni dopo l’inizio del suo lavoro su La mia vita, negli archivi della Fondazione Bevel.

In un’intervista a El País, Diaz ha raccontato di aver deciso di scrivere Trust dopo aver scoperto che «nonostante i soldi ricoprano negli Stati Uniti un ruolo quasi mistico, non ci sono romanzi che parlino davvero di loro. Mi viene difficile farmi venire in mente degli esempi. I romanzi che di solito inseriamo in questa categoria in realtà sono romanzi che parlano delle differenze di classe». Nato a Buenos Aires, Diaz – da alcuni definito il fondatore e principale interprete del “realismo capitalista” – vive a New York da venticinque anni e ha scelto l’inglese come lingua dei suoi romanzi. «Prima di arrivare a New York, ho vissuto a Londra per due anni. Ho iniziato a leggere letteratura in lingua inglese quando da ragazzino, e questa tradizione letteraria, per qualche ragione, ha sempre esercitato su di me un grandissimo fascino. Mi sono innamorato di questa lingua. Sembra una cosa stucchevole, ma non ho un’altra spiegazione».