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Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.
È uscito il trailer di Blossoms, la prima serie tv di Wong Kar-Wai che arriva dopo dodici anni di silenzio del regista Negli Usa la serie uscirà il 24 novembre su Criterion Channel, in Italia sappiamo che verrà distribuita su Mubi ma una data ufficiale ancora non c'è.
È morta Diane Ladd, attrice da Oscar, mamma di Laura Dern e unica, vera protagonista femminile di Martin Scorsese Candidata tre volte all'Oscar, una volta per Alice non abita più qui, le altre due volte per film in cui recitava accanto alla figlia.
L’attore e regista Jesse Eisenberg ha detto che donerà un rene a un estraneo perché gli va e perché è giusto farlo Non c'è neanche da pensarci, ha detto, spiegando che a dicembre si sottoporrà all'intervento.
A Parigi c’è una mensa per aiutare gli studenti che hanno pochi soldi e pochi amici Si chiama La Cop1ne e propone esclusivamente cucina vegetariana, un menù costa 3 euro.
Il Premier australiano è stato accusato di antisemitismo per aver indossato una maglietta dei Joy Division Una deputata conservatrice l’ha attaccato sostenendo che l’iconica t-shirt con la copertina di Unknown Pleasures sia un simbolo antisemita.
Lo scorso ottobre è stato uno dei mesi con più flop al botteghino nella storia recente del cinema In particolare negli Stati Uniti: era dal 1997 che non si registrava un simile disastro.
La neo premio Nobel per la pace Maria Corina Machado ha detto che l’intervento militare è l’unico modo per mandare via Maduro La leader dell’opposizione venezuelana sembra così approvare l'iniziativa militare presa dall'amministrazione Trump.

Nel porto di Napoli

Uno spartiacque urbanistico e sociale tra due città che vivono fianco a fianco.

13 Febbraio 2019

Il porto di Napoli guarda al futuro. E il futuro è a Oriente. Un Oriente lontano, quello dell’aumento del traffico merci provenienti dall’Asia. Un Oriente vicino, quello dell’estensione dell’area portuale verso la zona Est della città. Un rebus, il porto di Napoli. Primissima area d’insediamento sin dal VII Secolo a.C., postazione militare strategica e luogo di scambi febbrili per oltre duemilacinquecento anni, poi spazio di sperimentazioni architettoniche e oggi asse portante di un triplice sistema integrato che include il porto di Castellammare di Stabia e quello di Salerno. Un cluster formalizzato nel 2016 il cui nome tace più di quanto dice: Sistema Portuale del Mediterraneo Centrale.

Diverse anime convivono nel porto. La prima è mercantile e non potrebbe essere altrimenti data la conformazione geografica della baia che guarda il Sud dritto negli occhi, e volge le spalle al settentrione e ai suoi venti freddi ostacolati dalla costa che si solleva a protezione dei naviganti. L’anima mercantile del porto di Napoli dialoga con tutto il mondo ed è destinata a tessere trame commerciali sempre più fitte dacché l’ampiezza del Canale di Suez è stata raddoppiata nel 2015, aprendo ulteriormente agli scambi tra il cuore del Mediterraneo e ciò che transita dall’Oceano Indiano. Oggi il porto attrae sempre più container la cui gestione logistica aumenta l’impatto ecologico delle attività portuali sul già provato territorio delle ex-raffinerie petrolifere e modifica radicalmente il paesaggio. Dalle banchine fino alle aree periurbane dove il mare scompare dalla vista e giunge solo in forma di salsedine, migliaia di container colorati si accalcano impilati l’uno sull’altro, come i regoli di uno schema a geometria variabile, sollevati e poi adagiati da gigantesche gru. Tanto che dall’interno del porto il Vesuvio non è più protagonista bensì sfondo di uno scenario industriale spaesante rispetto alla classica e spesso consunta iconografia della città.

Il porto ha un’anima industriale fiera. Il porto brulica. Non soltanto di auto, visto che il tragitto stradale che corre al suo interno funge da tacita arteria di decongestionamento per parte del traffico proveniente dalle zone a ridosso del Vesuvio. Il porto brulica di persone per via della commistione di due industrie: navale e turistica. Resistono, all’interno del porto, le attività di cantieristica che si polarizzano tra la classica manutenzione di cui nel Dopoguerra era l’avanguardia, e la realizzazione di scafi di ultima generazione. Ma laddove aumentano le merci, diminuiscono i lavoratori del settore siderurgico navale. Le diverse ondate di deindustrializzazione che si sono succedute sin dagli anni ’70 del ‘900 hanno fortemente ridimensionato il numero di stabilimenti attivi, con ricadute occupazionali gravose per centinaia di famiglie di portuali. Chi ripopola il porto, invece, sono viaggiatori e crocieristi. Napoli vive un boom del turismo senza precedenti. Non più di dieci anni fa, chi arrivava in città si guardava bene dal fermarvisi: ripartiva subito per Capri, Ischia e Procida, oppure si metteva in viaggio verso la penisola Sorrentina o la Costiera Amalfitana. Oggi Napoli è tornata a essere una meta appetibile, a causa di vari fattori concomitanti. Il principale? La riconfigurazione dei flussi turistici causata dall’innalzamento dei livelli di pericolosità del Vicino Oriente in seguito ai recenti attacchi terroristici di matrice islamica. Eppure Napoli ci ha messo del suo: ha cambiato faccia, si è dedicata al maquillage e si è fatta più bella per i turisti. Dal Centro Storico al Lungomare è migliorata; tutto intorno, però, è peggiorata.

È l’anima architettonica del porto a raffigurare lo spartiacque urbanistico e sociale tra queste due città che vivono fianco a fianco ma parlano linguaggi troppo diversi per comprendersi a vicenda. Da una parte, la Stazione Marittima realizzata come estensione di Piazza del Municipio. Dall’altra la Casa del Portuale, ideata e voluta da Aldo Loris Rossi, che si affaccia su Via Amerigo Vespucci. La Stazione Marittima incarna un composto spazio metafisico animato dai nuovi flussi turistici e guarda a due simboli del potere cittadino: Castel Nuovo e Palazzo San Giacomo. La Casa del Portuale, invece, che si affaccia sul versante opposto dalla parte di Via Amerigo Vespucci, semi-abbandonata e cadente di ruggine siderurgica, incarna il caos generativo di una città che non è interamente leggibile se non a partire dalla sue rovine, dal suo incompiuto, dal non-detto. Un porto di mare, Napoli, dove più che altrove va definendosi il confine tra passato e futuro, tra la città in grado di spiegare le vele per competere nel mondo e la città che non ha altra scelta che annaspare aggrappata a ciò che si ritrova. Il confine, naturale ancorché storico, tra chi ce la fa e chi non ce la fa.

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