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In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Neanche gli insegnanti sono sulla Salaria

La polemica attorno al caso del liceo romano Righi e i commenti fatti da tanti editorialisti dimostrano ancora una volta che scrivere di scuola è un'operazione complicata quasi quanto insegnare.

22 Febbraio 2022

«Se gli educatori sono terrorizzati da coloro che dovrebbero educare nulla funziona più». Così scrive Concita De Gregorio su Repubblica in merito al caso Righi, il liceo romano dove è stato aperto un provvedimento disciplinare per una docente che ha ripreso una studentessa, impegnata in una coreografia ombelicale da tiktoker, con la brutta uscita: «Non stiamo mica sulla Salaria».

Alle orecchie di chi insegna, la frase della giornalista suona in modo bizzarro, quasi siano gli educatori a dover terrorizzare a loro volta. E basterebbe sfogliare qualsiasi manuale di pedagogia per sapere che educare non è terrorizzare. Anzi. Ma scrivere di scuola, va detto, è operazione complicata, da sempre. Domenico Starnone, dopo anni di servizio e brillanti rubriche sulla vita scolastica, non è mai riuscito a farsene paladino. Non è detto che chi sia addentro al mondo dell’insegnamento sia capace di interpretarlo nel modo giusto. Vedi le recenti dichiarazioni di Ricolfi e Mastrocola, che propongono di sfruttare la Dad per propinare in classe videolezioni dei grandi maestri della letteratura, molto più interessanti di quelle dei docenti. «Gli insegnanti dovrebbero avere l’umiltà di accettare che le grandi lezioni le fanno altri. Forse è questa una delle grandi promesse future della tecnologia». Wtf, scriverebbero i ragazzi.

Oggi ai docenti vengono richieste diverse competenze − emotive, digitali, burocratiche − e lavorare a scuola diventa una sfida sempre più alta, dove è bene lascarsi guidare, oltre che da anni di esperienza e continui corsi di formazione, soprattutto dal buon senso. Dall’ultimo arrivato, appena pescato dalle graduatorie di terza fascia, alla docente prossima alla pensione che ancora rimpiange il registro cartaceo, sono tutti chiamati al lavoro di squadra, alla riflessione, al confronto, membri consapevoli di una comunità educante che coinvolge le famiglie, il territorio, e non si limita alla sola didattica o a un registro affollato di livide note disciplinari.

«La frase “non sei sulla Salaria” rivolta a una ragazza che in classe si fa un videoselfie da postare su TikTok scoprendosi il corpo non è un distico elegiaco, certo. Ma non è neppure un’ingiuria: è un modo di dire colloquiale, altrove si dice “pari uno scorfano” senza che la protezione della fauna ittica insorga. A Roma sulla via Salaria ci sono persone che si offrono al mercato dei corpi, dire “non sei sulla Salaria” significa stai composta, per favore, che sei a scuola». Certo la docente poteva usare parole diverse, si legge in professorese antico. Dunque, se la ragazza si è sentita offesa dalle dichiarazioni poco lusinghiere è una questione accessoria, il problema è la mancanza di decoro, di rispetto, di disciplina: non mi importa chi sei o cosa pensi, ma come obbedisci. Nelle polemiche di questi giorni si invoca a gran voce il ritorno della divisa scolastica, di una disciplina ferrea, si ricorda con nostalgia di quando gli insegnanti erano una categoria rispettata, e ci si dimentica che insegnare è, comunque, un lavoro di vocazione (perifrasi, volendo, per sottopagato) dove chi insegna lo fa al servizio della comunità in cui si trova, adeguandosi e rispettando la storia di ogni studente anche e soprattutto se lontano dalla propria.

E mai come nel ruolo di docente si è tenuti a pesare le parole, le definizioni, a rispettare ogni suscettibilità. Soprattutto ad aggiornarsi. Chi insegna deve essere irreprensibile innanzitutto con sé stesso. Non è pensabile che un insegnante fumi davanti ai suoi studenti – anche fuori dai cancelli della scuola – o che monti su un motorino senza casco, così come non è accettabile che ci si rivolga a una studentessa col solo intento di mortificarla. A scuola si apprende anche per imitazione, e il modello sociale di riferimento non può essere di scarso valore. Ben vengano allora le proteste degli studenti, che intanto manifestano ai cancelli della scuola indossando minigonne e top aderenti, allestendo striscioni con su scritto “Righi zona fucsia”, perché siano loro a chiedere rispetto dagli insegnanti checché ne pensino gli adulti, radunati in interminabili assemblee tutte ancora online a rivangare nostalgici una scuola e una disciplina che per fortuna non esiste più.

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