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Il nuovo film di Quentin Tarantino è un capolavoro?

Il giorno prima del debutto al Festival di Cannes, Quentin Tarantino ha chiesto, tramite una lettera indirizzata ai giornalisti, che non venissero rivelati dettagli cruciali sul suo nuovo film, Once Upon A Time In… Hollywood, confermando come la paura dello spoiler sia oggi la forma di ansia più diffusa. Il film è stato accolto con sei lunghi minuti di applausi e le recensioni che escono in questi giorni sembrano tutte abbastanza concordi nel considerarlo fra i grandi film di Tarantino. Come si intuisce dal trailer, la storia è ambientata nel 1969 e i due protagonisti sono un attore di western caduto in rovina (Leonardo DiCaprio) e il suo stuntman (Brad Pitt). Sullo sfondo, la fine dell’età dell’oro di Hollywood e i delitti della setta di Charles Manson che irrompono nell’America dell’epoca.

Molti critici hanno notato come Once Upon A Time possa essere accostato, anche perché potenzialmente controverso allo stesso modo, a Pulp Fiction (presentato a Cannes 25 anni fa) e a Inglorious Basterds (uscito sempre a Cannes 10 anni fa). Lo fa, ad esempio, Peter Bradshaw sul Guardian, che nella sua recensione a 5 stelle definisce il film, «Scioccante, avvincente e girato con folle bravura». Manohla Dargis sul New York Times scrive invece che è, «Un film commovente, ma anche una lettera d’amore, e un sogno, della Hollywood che fu» mentre Steve Pond su The Wrap parla di, «Un grande parco giochi che il regista utilizza per feticizzare ancora una volta la vecchia cultura pop, per rompere le cose e ferire le persone, e per portare un po’ di sana gioia e di robusta perversione nel fare cinema». Su Vanity Fair, Richard Lawson si sofferma sia sulle intenzioni del regista – «quello che Tarantino sembra davvero voler fare con il film è solo parlare di vecchie cose che gli piacciono. Il che non è niente di nuovo per lui, ma qui, quegli impulsi sono forse più sfrenati di prima» – che sulla performance dell’attore protagonista: «È emozionante guardare DiCaprio lavorare con questo registro, tutta questa commedia emotiva al servizio di un personaggio egregiamente costruito».

Non tutti, comunque, hanno gridato al capolavoro, pur riconoscendone la grande cinematografia: Eric Kohn su IndieWire scrive che, «Quentin Tarantino ha costruito la sua carriera attraverso la celebrazione dei suoi registi preferiti, ma con Once Upon a Time in… Hollywood, rende onore al processo stesso di realizzazione di un film. Il maestro dei dialoghi veloci e dei pastiche intellettuali consolida queste sue capacità in una visione tentacolare dell’industria cinematografica nel 1969, ma la contagiosa lettera d’amore di Tarantino non ha molta trama. Invece, il film più strano che Tarantino abbia realizzato finora fonde la Hollywood pre-Manson con lo spettro incombente degli hippie. Il risultato è un mix sbilenco di generi diversi visto attraverso l’esuberante filtro cinematografico di Tarantino». Owen Gleiberman su Variety, invece, rileva la differenza tra un buon film di Tarantino e un grande film di Tarantino, uno di quelli «che ha l’X Factor», com’è Pulp Fiction: «Once Upon A Time in Hollywood non è il film da X Factor, anche se per lunghi tratti (oltre la metà), sembra quasi che lo sia. Si avvicina più a Django Unchained e a (oddio) The Hateful Eight». Il film esce nelle sale americane il 26 luglio e il 19 settembre in quelle italiane, trovate altre recensioni qui e qui.