Stili di vita | Dal numero

NoLo esiste?

Per alcuni è un'invenzione, per altri un simbolo della nuova Milano.

di Clara Mazzoleni

Questo è il settore che appare se si digita NoLo su Google Maps

Narra la leggenda (o meglio, un articolo di luglio 2018 del Sole 24 Ore) che il termine NoLo sia nato in un bar di Brooklyn. Francesco Cavalli, fondatore e direttore creativo di LeftLoft, studio di design e marketing con sede a Milano e New York, parlava con Luisa Milani e Walter Molteni, grafici dello studio La Tigre. Pensavano a un brand di quartiere, un contenitore che si adattasse alla trasformazione in corso. Ma anche, semplicemente, un modo per definirlo e racchiuderlo, o forse, penso io, un espediente per poter smettere di dire “in viale Monza” o “tra Loreto e la Stazione Centrale”, riferendosi a un locale, a uno studio o magari alla propria abitazione, e vedere la maggior parte degli interlocutori auto-censurarsi in un enigmatico: «Mh».

Prima che NoLo diventasse NoLo, vivere in quella zona era un po’ da sfigati. Il pacchetto NoLo ha fornito una giustificazione ai creativi in cerca di affitti moderati, un’arma di difesa per difendere il proprio status: dire «vivo a NoLo» suona meglio di dire «vivo in via Padova». Ma dove sono, esattamente, i confini di quest’area in fermento, questo simbolo della città che cambia, brillante esempio di mix culturale, il cui acronimo dovrebbe un po’ farci sentire come a Soho, o a Tribeca? In realtà ci siamo tutti passati, magari senza accorgerci della sua effervescenza: per NoLo
 si intende North of Loreto, 
e quindi la zona iniziale di
viale Monza e via Padova,
 che si estende a ovest fino a viale Brianza, oltrepassa
i binari ferroviari e, con un 
po’ di generosità, raggiunge via Melchiorre Gioia. In alto si ferma appena dopo Rovereto e il parco Trotter. 
A est arriva fino alla fine di
 via Casoretto. In ogni caso, basta scrivere NoLo su Google Maps per capire.

Quest’articolo è apparso su “Milano 50”, una sezione speciale del n° 37 di Studio: un elenco di cinquanta cose, idee, personaggi, progetti, luoghi che rappresentano, secondo noi, la Milano di oggi

In realtà, i motivi per cui i “giovani creativi con pochi soldi” hanno adottato con gioia la riqualificazione di NoLo sono molteplici. Come si diceva, il prezzo delle case è molto basso (2.776 euro al metro quadrato, secondo Immobiliare.it). Ma non è l’unico: considerando che la vita notturna del settore citato si svolge prevalentemente intorno all’area di Porta Venezia e Isola, spingendosi verso sud soltanto in occasione di rarissime sessioni esplorative, stabilizzarsi in zona NoLo permette di raggiungere a piedi o in bicicletta i luoghi della notte. Un altro punto di forza della zona è il naviglio della Martesana, il pigro corso d’acqua che oltrepassa i confini di Milano, popolato da pantegane grosse come gatti e costeggiato da piccoli giardini, orti, condomini in clinker azzurro e una fitta vegetazione spontanea, che d’estate comprende l’esplosione di ortensie rosa, rosse e viola grosse come palloni. La curatissima pista ciclabile che costeggia il naviglio della Martesana consente ai creativi ossessionati da uno stile di vita sano di scatenarsi in lunghe corsette serali.

Dopotutto, quella di NoLo potrebbe essere una bella storia di profezia che si autoavvera, un processo di riqualificazione partito dal basso: il brand dà una spinta a una trasformazione allo stato embrionale, la accelera e le fornisce struttura. Ho parlato con Daniele Dodaro, uno dei fondatori del NoLo Social District, un gruppo di aggregazione sociale nato nel 2016 dalla fusione di tre social street (Via Padova, gli Amici di Pasteur e NoLo Social street) che oggi conta su Facebook più di 6mila utenti registrati. Dodaro ha sfruttato un termine in circolazione già da un po’ per creare un centro che mettesse in contatto gli abitanti del quartiere. «Per ora la social street non è multiculturale tanto quanto NoLo e questo secondo me dipende da alcuni limiti, Facebook in primis. Non tutti accedono al social, i cinesi ad esempio non lo usano (e dai dati del Comune i cinesi sono la terza nazionalità a NoLo, dopo filippini ed egiziani). Ci sono però segnali di cambiamento. Ad esempio alle feste organizzate dal gruppo di genitori #NoLo4kids partecipano tantissimi bambini e genitori stranieri, e la scuola Trotter è un esempio di scuola multiculturale per tutta Milano».

Gli chiedo se non ha paura che NoLo diventi uguale a tutti gli altri quartieri gentrificati del pianeta. «Credo sia un fenomeno collettivo difficile da fermare. Personalmente non amo quella sensazione per cui quando sei a Williamsburgh, a Shoreditch, a Kreuzberg o anche a Lione a La Croix Rousse vedi sempre le stesse cose in termini di estetica, cibo, artigianato ecc. Però credo che a NoLo ci siano anche segnali opposti che rendono questo caso un po’ diverso, se solo ci fosse la voglia di analizzarlo fuori dallo stereotipo, cosa che, mi duole dirlo, la stampa non fa quasi mai».