Quello che sta succedendo tra il ministero della Cultura e il Santarcangelo Festival dovrebbe preoccuparci molto

Le decisioni del governo mettono a rischio il più antico festival italiano dedicato a teatro, danza e arti performative. Decisioni che confermano, ancora una volta, il rapporto conflittuale tra questo governo e il settore della cultura.

08 Luglio 2025

Il ministero della Cultura ha pubblicato i nuovi punteggi di qualità artistica per i soggetti finanziati attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo, meccanismo finanziario per regolare l’intervento pubblico nei settori delle arti performative, come la danza e il teatro. I risultati hanno scatenato una dura reazione da parte dei lavoratori delle arti performative e di diverse amministrazioni locali, che denunciano scelte arbitrarie, ma soprattutto politiche.

Non solo Santarcangelo

La frattura si è aperta mesi fa, con il declassamento del Teatro Nazionale della Pergola di Firenze, visto come la volontà politica del ministero di ridimensionare uno dei più antichi teatri nazionali d’Italia. La Commissione consultiva per il teatro del MIC ha infatti revocato lo status di “Teatro Nazionale” alla Fondazione Teatro della Toscana, tagliando il 20 per cento dei finanziamenti pubblici. Da allora la mobilitazione non si è fermata: una conferenza stampa affollata in piazza della Signoria, appelli firmati da centinaia di artisti e operatori del settore, articoli, lettere aperte. Ma nulla ha impedito al sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, di nominare una nuova commissione di esperti, guidata dall’avvocato Giorgio Assumma, con il compito di riscrivere i criteri di assegnazione dei fondi pubblici allo spettacolo dal vivo. 

«Quello che sta accadendo oggi in Italia ricorda da vicino i periodi più bui della politica culturale del governo Diritto e Giustizia in Polonia», scrive Tomasz Kirenczuk, direttore artistico del Santarcangelo Festival, in un comunicato stampa in cui commenta i nuovi punteggi assegnati ai teatri. Il Festival di Santarcangelo è la più longeva manifestazione italiana dedicata alla sperimentazione delle arti performative e ha visto dimezzarsi il punteggio di qualità artistica, parametro cruciale per accedere ai finanziamenti statali. A Santarcangelo si fa teatro da oltre cinquant’anni e ogni estate la cittadina della Romagna si trasforma in un laboratorio culturale aperto, radicale, libero, ma quest’anno si respira un’aria pesante. Il numero assegnato da una commissione ministeriale rischia di compromettere un’intera stagione, ma ancora di più l’indipendenza delle scelte artistiche. 

Gioco a punti

Ma a cosa serve questo punteggio a un teatro pubblico? È un indicatore tecnico qualitativo, usato dal ministero della Cultura per valutare i progetti dei teatri e festival candidati al Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), con l’istituzione di commissioni per la danza, la musica, il teatro e il circo. «Ci sono tre elementi rilevanti: la qualità indicizzata e quantitativa, che si basano sui numeri (il numero di artisti e di compagnie, quello di artisti under 35 e delle repliche) e poi la qualità artistica, l’unica su cui c’è discrezionalità», spiega il direttore artistico. Questo parametro valuta la direzione, la qualità degli artisti, la rilevanza internazionale, le azioni di ricerca, la fidelizzazione e «non è una questione solo soggettiva». Santarcangelo si è visto quasi dimezzato il suo punteggio, pur avendo presentato lo stesso programma dell’anno precedente. 

L’accesso al finanziamento viene meno quando la qualità artistica scende sotto il punteggio di 10 e quest’anno molti sono scesi sotto questa soglia o rischiano di essere esclusi dal fondo per lo spettacolo. Tra questi c’è il Teatro delle Moire di Milano, che per il Danae Festival ha visto un abbassamento di punteggio relativamente alla qualità artistica da 32 a 11 punti, a un passo dall’esclusione del contributo triennale. «Come prima reazione emotiva c’è stato un sentimento di umiliazione», ha scritto Attilio Nicoli Cristiani in un comunicato stampa, «come se tutto ciò che s’è fatto finora non importi, non abbia valore. Ma poi abbiamo pensato che sappiamo bene chi siamo e cosa e come abbiamo operato finora e, visto da dove viene la scudisciata, possiamo anche farcene un vanto». Secondo l’opinione condivisa di molti direttori, si può mettere in discussione la qualità artistica, ma servono delle ragioni valide. Il problema non è il sistema, ma come viene strumentalizzato. I criteri e il processo di valutazione devono essere trasparenti ed estranei dalle pressioni politiche, altrimenti sono inspiegabili questi punteggi. 

Questa tendenza alla censura economica è presente anche in altri paesi, in Polonia, Ungheria, in Slovacchia, e in modo ancora più violento in Brasile. In Polonia la resistenza degli artisti è stata fortissima, in grado di polarizzare l’opinione pubblica e alcune realtà hanno ricevuto il sostegno della politica locale. L’Ungheria è il caso più estremo, con le misure intraprese da Orban per privatizzare tutta l’industria culturale. Tutto questo, racconta il direttore artistico di Santarcangelo, è la realizzazione del pensiero delle destre europee in ambito culturale, di uno stato monogamo, conservatore, tradizionale, del pensiero violento perché escludente. «Ma lo stato dovrebbe invece occuparsi di proteggere la diversità nella cultura per stare insieme e pensare insieme. Noi, come istituzioni culturali, abbiamo un potere limitato, non abbiamo le forze economiche per contrastare questa volontà politica, noi facciamo un servizio pubblico»

Il governo e la cultura

Secondo Kirenczuk, le destre interpretano erroneamente il ruolo di mecenate dello Stato. I fondi pubblici sono denaro dei cittadini, non del governo o del ministero, e non devono essere utilizzati per una sola visione della cultura. «Ci sono voluti secoli per costruire insieme il concetto di stato come mecenate, che finanzia e supporta la cultura e la sua funzione sociale, ma in questo momento si va sempre più verso la visione di governo».

E poi, la Commissione Cultura del Senato ha approvato un taglio complessivo di circa 1,8 milioni di euro ai contributi per le principali istituzioni culturali nazionali, come la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano, mentre ha stanziato mezzo milione per i fondi al Festival delle Città Identitarie, vicino a posizioni di destra, confermando le perplessità di chi accusa il governo di una gestione ideologica delle risorse pubbliche destinate alla cultura. Oggi la battaglia di un piccolo festival, e delle realtà come Santarcangelo, diventano il simbolo di una questione ben più grande: la libertà culturale nel Paese.

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