Stili di vita | Dal numero
La Milano delle piante
Dove acquistare e imparare a prendersi cura delle specie più insolite.
Immagine tratta dal profilo Instagram di Paolo Lattuada
Charles Kingsley fu storico, professore universitario, e amico di Charles Darwin. Nel 1859 pubblicò un testo chiamato Glaucus, or, The Wonders of the Shore, una specie di guida naturalistica alle coste inglesi e alla flora e alla fauna che le abitano. Un libro che il tempo ha giudicato trascurabile ma che contiene una divertente e interessante scenetta su una particolare moda dell’epica vittoriana: «Le vostre figlie, probabilmente, sono state catturate dalla diffusa “Pteridomania”, e stanno collezionando e comprando felci, con serrette in cui conservarle (per cui voi state pagando), e dibattendo su impronunciabili nomi di specie diverse». A cavallo del secolo l’Inghilterra vittoriana fu tutta presa da una “moda delle felci” che sfociò nel collezionismo, nella coltivazione, nella botanica, e anche nella riproduzione artistica su ceramiche, tessuti, statue, e così via. Non certo per fare un elogio dei tempi vittoriani, ma all’epoca le tendenze duravano più di oggi: se i fidget spinner hanno vissuto appena pochi giorni in più di una falena, la “fern-fever” durò più o meno dal 1830 al 1890.
Probabilmente le mode che riguardano le piante durano più delle altre: saranno una decina di anni, oramai, che i bar di tutto l’Occidente (e oltre) si sono uniformati a un’estetica fatta di muri bianchi, piastrelle bianche, bulbi luminosi che pendono dai soffitti, tavoli di legno o di formica e, soprattutto, piante. Stanno negli angoli, scendono dall’alto come kokedama, sono fissate a grate sui muri per creare boschi verticali in miniatura. All’inizio era nuovo, piacevole, rinfrescante vedere tutto questo verde: ora è diventato obsoleto. È un fenomeno che The Verge, in un bell’articolo del 2016, aveva chiamato “AirSpace”: un codice estetico che si è rapidamente diffuso in ogni coffee shop, co-working, startup, bar del mondo, che è passato dall’originalità a un’ubiqua obsolescenza con una velocità mai sperimentata prima. Uno dei risultati sul nostro inconscio, che lo vogliamo o meno (è pur sempre inconscio), è che sentiamo il bisogno di riempire di verde ogni angolo di casa, piazzare una pianta su ogni consolle, sistemare un ficus a fianco a ogni divano. Farlo con attenzione e – appunto – coscienziosamente è fondamentale: tanto quanto è ridicolo imitare Chef’s Table con la spesa fatta al Carrefour, non si potrà diventare botanici con le piante dell’Ikea.
Da un po’ di anni – da quando mi sono trasferito dalle parti del quartiere Isola, dove lui aveva aperto il suo negozio – frequento la piccola bottega di Mario Nobile, che si chiama Offfi. Le varietà che si possono trovare da Offfi sono rare e originali, spesso difficili da trovare non solo in più comuni negozi di fiori e piante, ma anche nei vivai più forniti. Il pollice verde, quella cosa che ce l’hai o non ce l’hai, è una scemenza autoindulgente, e negli anni ho trattato male – troppa acqua, poca acqua, ma soprattutto esposizioni sbagliate – moltissime piante. Quelle che vendono da Offfi sono cresciute, si sono propagate, sono in ottima salute e sono ormai più coinquilini che complementi d’arredo: una hoya carnosa, un ficus elastica, una beucarnea recurvata, un echinopsis pachanoi (che conoscerete come San Pedro). I vivai da cui Mario sceglie sono selezionati con attenzione, e mi ha sempre fornito un servizio “di cura” personalizzato: ha operato e amputato il San Pedro non per estrarne mescalina, ma per salvarlo e permettergli di crescere dopo una malattia, e mi ha seguito e consigliato con ogni nuova pianta.
Per chi volesse un tocco diverso, e in un certo senso più artistico, e ancora, più improntato ai fiori che alle piante (ma non del tutto), c’è da decenni a Milano un’istituzione come Paolo Lattuada, quasi avanguardista della decorazione floreale, scultore dei fiori recisi, in via Molino delle Armi. I più esperti, poi, inizieranno ad andare per vivai e orti botanici, con piglio da coineusseur e maniche rimboccate per maneggiare tronchi e vasi: sono buoni anche per una passeggiata, come i Fratelli Ingegnoli, dopo viale Corsica verso Linate, o l’orto di Brera. Senza paura del terriccio sotto le unghie.