La Milano dei bambini

Milano ce la mette tutta per farci credere che, coi figli, si possa fare la stessa vita di prima. Dal nuovo numero di Studio, in edicola.

26 Novembre 2018

Milano ce la mette tutta per farci credere che, coi figli, uno possa fare esattamente la vita che faceva prima. Non è vero, naturalmente, ma la nottata di Halloween in ludoteca, il menù-bimbi ai ristoranti stellati, o i cinema aperti alle mamme che allattano ci illudono abbastanza bene del fatto che siamo ancora vivi. Nel mio ultimo libro per ragazzi, invento campeggi per mancini, corsi di ombre cinesi in lingua originale e di acquarello acrobatico su lenzuola. Ovviamente, prendo in giro Milano. Eppure, sebbene mi diverta a ironizzare sull’esagerata offerta milanese per l’infanzia, sono convinta che in nessun’altra città italiana, crescere un umano sia un’esperienza così fattibile.

Prendiamo i tediosi mesi della maternità: se mappo solo il mio quartiere, trovo almeno tre posti dove essere «accompagnata nel percorso della genitorialità» e altre espressioni amene, e tra questi, alcuni offrono sedute sullo svezzamento dove anche i grandi possono degustare pappe gourmet, e addirittura talk su temi tipo “scegliere la tata giusta”, “il mondo del babywearing” o “la figura del nonno oggi”. Io ci scherzo su, ma in un mondo sempre più liquido, dove tutti sono sempre più soli, come insegna Franzen, c’è chi 20 euro per un consiglio li investe volentieri. E poi, vendono anche della roba a cui non resisto, come i corsi di remise en forme post-partum – si chiama così! – dove mentre fai gli addominali dolci, puoi adagiare il neonato su cuscinoni ripieni di pula di farro: qualunque cosa sia, ti fa sentire un cittadino e un genitore migliore.

Le due copertine di Studio 37 dedicate a Giorgio Armani e Barnaba Fornasetti, in edicola dal 23 novembre

Stabilire se tra i mille corsi e controcorsi per intrattenere i minorenni di tutte le età ci sia qualcosa di utile, è un altro paio di maniche. Ma, sicuramente, l’inventiva vulcanica di questa città rende più semplice la vita dei genitori, e molto spesso il fumo negli occhi dei volantini si trasforma in ottimo succedaneo del welfare nordico. Si può andare a mangiare sushi in un festival giapponese e lasciare i bambini a preparare il proprio bento con gli chef per due ore; si può dichiarare senza mentire di andare a vedere dell’arte contemporanea, e in realtà l’opera consiste in dei funghi dei puffi giganti che pendono dal soffitto, o in una Stonehenge gonfiabile dove ci si ritrova a saltare coi figli come se fosse la riviera adriatica. Se d’estate, presi da raptus, si decide di spogliare i bambini e liberarli tra i getti di piazza Gae Aulenti, non si verrà guardati come ultrà dentro la fontana di Trevi, ma come dei tipi easy-going che non hanno paura dei capelli bagnati, anzi, se li asciugheranno direttamente su una piccola Bike Mi a noleggio, attraversando la nuova Biblioteca degli Alberi.

Due pagine di Milano 50: una dedicata alla Milano dei bambini e l’altra a Buongiorno dottoressa, il primo poliambulatorio medico a Milano composto soltanto di medici donna.

Lo scorso giugno, sono andata in una periferia per niente gentrificata a vedere il concerto gratuito di Liberato con due bambini di nove e otto anni: lo staff andava a cercare le donne incinte e le famiglie con figli piccoli e le portava in appositi spazi transennati, sotto il palco e vicino a Calcutta (quando i tuoi figli hanno il privilegio di sapere prima di tutti che Liberato non è Calcutta, anche questa è Milano). Superata l’allergia ai suffissi eco- e bio-, alle piscine che hanno per nome un calembour, e a discipline immaginarie quali acro-yoga, acro-circo, circo-yoga, gioco-ballando, judo-giocando, si può accedere rilassati allo sterminato parco giochi dei genitori milanesi. Anche i più refrattari, si troveranno a dare la festa di compleanno in una grande palestra di parkour con giochi anti-gravitazionali, o a gioire la domenica al grido di Cascine Aperte.

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