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18:03 mercoledì 31 dicembre 2026
Martin Scorsese ha scritto un editoriale sul New York Times in cui spiega perché Misery è il miglior film di Rob Reiner In un commosso editoriale, Scorsese ha individuato nel thriller del 1990 l’apice della filmografia del collega, ricordando la loro amicizia.
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Martin Scorsese ha scritto un editoriale sul New York Times in cui spiega perché Misery è il miglior film di Rob Reiner

Nell'articolo, Scorsese analizza nel dettaglio il film ma racconta anche la sua lunghissima amicizia con Reiner.

31 Dicembre 2025

In un editoriale pubblicato dal New York Times, Martin Scorsese ha spiegato perché Misery non deve morire è, a suo giudizio, il miglior film diretto dal collega e amico Rob Reiner. Tra i numerosi film memorabili di Reiner, Scorsese indica proprio il thriller del 1990 come il suo preferito perché è una prova inconfutabile del talento del regista, capace anche e soprattutto di portare Kathy Bates e James Caan a interpretazioni tra le migliori delle rispettive carriere. Tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, il film viene lodato per l’intensità narrativa e l’interpretazione di Bates nel ruolo di Annie Wilkes, performance che le fruttò l’Oscar come Miglior attrice protagonista. Scorsese descrive il lungometraggio come «molto speciale» e ne sottolinea l’abilità nel combinare tensione psicologica e interpretazione degli attori, distinguendolo nella filmografia di Reiner, solitamente ricordato per le sue commedie brillanti o le avventure nazionalpopolari.

Scorsese, che ha conosciuto Reiner negli anni Settanta, menziona anche altri lavori come This Is Spinal Tap definendolo «in una categoria a sé», ma è Misery che incarna l’essenza del cinema e del carattere dell’amico Rob: la capacità di coniugare intrattenimento e profondità emotiva. Nel commosso editoriale, infatti, Scorsese parla prima di tutto di un amico, non di un collega. Racconta un rapporto fatto di frequentazioni, conversazioni, affinità immediate, iniziato negli anni Settanta e rimasto intatto nel tempo. Dice che con Reiner «stava bene senza nemmeno provarci», che condivideva con lui lo stesso modo di guardare ai film come a qualcosa di serio ma mai solenne, e lo descrive come una presenza generosa, curiosa, capace di ascoltare.

Non è un ritratto nostalgico, piuttosto un riconoscimento di un carattere: Reiner viene ricordato come qualcuno che sapeva creare spazi, sul set e fuori, in cui le persone potevano dare il meglio. Scorsese ha ricordato anche quando l’ha voluto come attore nel cast di The Wolf of Wall Street: Rob Reiner interpretò “Mad” Max Belfort, padre del protagonista Leonardo DiCaprio, proprio per portare sul set quell’energia umana e ironica che l’amico gli riconosceva da sempre. Per Scorsese, Reiner non era solo un regista di intelligenza narrativa, ma un attore naturale delle relazioni, qualcuno che sapeva stare nella scena anche quando non c’era una macchina da presa.

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