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L’implacabile gentrification di Londra
Un estratto di The Passenger che racconta alcuni sviluppi della gentrification feroce che attraversa anche le zone più periferiche della capitale britannica.
A novembre, The Passenger la collana di libri-guide pubblicata da Iperborea, è uscita con un numero molto interessante su Londra, città oggi più che mai al centro di spinte e contraddizioni molteplici. Lo dimostra questo estratto, gentilmente concesso dalla casa editrice, e scritto da Vicky Spratt, giornalista e documentarista inglese, che racconta alcuni sviluppi della gentrification feroce che attraversa anche i quartieri più periferici, un problema che sentiamo vicino, per quanto con modalità diverse, anche a Milano.
Il termine «gentrificazione» è stato coniato nel 1964 dalla sociologa Ruth Glass mentre assisteva al cambiamento che avveniva intorno a lei a Londra. Glass viveva a Islington, dopo aver lasciato la Germania nazista nel 1932. Il termine che ha coniato identifica in tutto il mondo l’iniquità innescata dal «rinnovamento» immobiliare o dalla «rigenerazione» urbana. Londra era, allora come oggi, un laboratorio per gli studi sui mercati immobiliari disfunzionali. Glass ne ha scritto nell’introduzione al suo London: aspects of change, un libro fondamentale sull’argomento: «Uno dopo l’altro, molti quartieri della working class di Londra sono sta-
ti invasi dalla classe media, alta e bassa… Una volta iniziato in un quartiere, questo processo di “gentrificazione” avanza rapidamente finché tutti o la maggior parte degli occupanti originari della working class non vengono spostati e il carattere sociale del quartiere cambia».
Consideriamo la gentrificazione dal punto di vista di Stacey-Anne McDonald, che è diventata senzatetto. Ciò che le sta accadendo è crudele, destabilizzante e spaventoso. A cacciarla di casa non sono state bande di teppisti di estrema destra, né uno spietato fondo di investimento internazionale. L’incubo che sta vivendo è colpa del municipio locale, delle stesse persone che dovrebbero proteggerla. Stacey-Anne, un’operatrice assistenziale di 42 anni, è stata sfrattata dalla sua casa di Lewisham, a Londra Sud. Perché? Perché il suo padrone di casa voleva au-
mentare l’affitto.
Un tempo Lewisham era uno dei quartieri meno desiderabili di Londra (lo so bene, sono di Londra Sud). Costava meno dei vicini quartieri di Dulwich o Greenwich. Oggi gli affitti e i prezzi delle case stanno salendo perché i giovani che non possono permettersi di vivere in quelle zone se ne vanno e si accaparrano proprietà nelle aree circostanti, come Lewisham. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica della Gran Bretagna (Ons), a giugno 2024 il prezzo medio di una casa bifamiliare a Lewisham è aumentato del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente. Tale aumento è andato a sommarsi ad anni di inflazione dei prezzi delle case. Un affitto medio è di 2183 sterline (2612 euro) al mese: un aumento del 15,1 per cento rispetto al 2023.
Stacey-Anne svolge un lavoro fondamentale prendendosi cura delle persone in cambio di una paga bassa con un contratto a zero ore. Non poteva permettersi il nuovo affitto, quindi il padrone di casa l’ha cacciata appellandosi allo «sfratto senza colpa», o Articolo 21. Anche questo meccanismo, che consente ai proprietari di sfrattare un inquilino con breve preavviso senza dover fornire una motivazione, è stato introdotto dal governo di Thatcher nel suo Housing act del 1988. L’esplicito intento di questa legislazione era ridurre i diritti degli affittuari e rafforzare il potere dei proprietari.
Il nuovo governo laburista ha promesso di vietare questo tipo di sfratto, ma finché non lo farà la vita di persone come Stacey-Anne può essere stravolta in qualsiasi momento. La donna è una madre single, ha tre figli; due di loro hanno meno di cinque anni. Quando l’ho incontrata, il comune di Lewisham l’aveva trasferita fuori Londra perché in zona, vicino alla sua rete di supporto o al suo lavoro, non c’era posto. Le avevano detto che lei e i suoi figli sarebbero stati trasferiti a Hemel Hempstead (un’altra città nuova costruita negli anni Cinquanta).
Hemel Hempstead dista cento chilometri o due ore di macchina da Lewisham. Trasferire Stacey-Anne lì significava che non avrebbe più potuto lavorare, perché spostarsi e organizzare la cura dei bambini in una zona in cui non conosceva nessuno era impossibile. Significava anche che la figlia maggiore non avrebbe più potuto frequentare la sua scuola. «In pratica ti sbattono da qualche parte e si dimenticano di te» mi ha detto. «Non sento l’assistente sociale da quando mi ha dato l’indirizzo di questa casa a Hemel Hempstead. Ti buttano via come un sacco della spazzatura». Lo stipendio medio di un operatore socio-assistenziale in Gran Bretagna è di 23.510 sterline lorde all’anno. Questo ammesso che lavori abbastanza per guadagnare una cifra simile. Sono 1959,17 sterline (2345 euro) lorde al mese. Se i costi dell’alloggio di Stacey-Anne erano superiori al suo reddito, come avrebbe potuto servire la sua comunità attraverso il lavoro di assistenza, e mantenere contemporaneamente un tetto sopra la testa dei suoi figli, assicurandosi che avessero da mangiare e di che vestirsi? Per non parlare di prendersi cura di se stessa.
Il comune di Lewisham ha messo Stacey-Anne in una sistemazione di emergenza a Hemel Hempstead. Non hanno saputo dirle per quanto tempo sarebbe rimasta lì. Con una semplice firma, lei e i suoi figli sono stati abbandonati, le
loro vite sono cambiate per sempre. Londra si trova al centro di questo disastro – che dalla capitale si estende a
ogni angolo del paese in una reazione a catena – proprio come si trova al centro dell’economia del Regno Unito. Ma
sono sempre meno quelli che possono permettersi di vivere o anche solo lavorare qui. Molti di loro sono persone, come Stacey-Anne, senza le quali la capitale non può funzionare. Eppure, dalla pandemia di coronavirus, l’idea di vivere a Londra, ormai troppo costosa e affollata, è sempre meno allettante. Sembra essere arrivato il momento di immaginare un’architettura per un nuovo stile di vita.
Vorrei poter scrivere che la storia di Stacey-Anne è unica nel suo orrore. Non lo è. Stacey-Anne è solo una delle migliaia di persone che sono state «buttate via». I comuni di Londra esportano i loro residenti senza casa, scaricandoli in altri posti e rendendoli un problema di qualcun altro. Le conseguenze a lungo termine per la salute mentale e fisica di queste persone, e per lo sviluppo dei bambini, sono gravissime. Gli studi dimostrano
che lo sfratto e lo spostamento forzato causano ansia, depressione, manie suicide e, persino, la produzione di proteina C reattiva (Pcr). La Pcr è un marcatore di infiammazione e malattia. È un indicatore di cattiva salute, e gli studi dimostrano che gli affittuari privati e le persone che sono state sfrattate possono presentare livelli più alti di questa proteina nel sangue.
Foto @José Sarmento Matos per The Passenger
Traduzione Sara Reggiani