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07:28 lunedì 27 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

È morto a 94 anni Gianni Berengo Gardin, uno dei più grandi fotografi italiani

Con i suoi scatti in bianco e nero ha raccontato l’Italia nel pieno dei suoi cambiamenti: dal boom industriale alle grandi navi a Venezia.

08 Agosto 2025

Nato a Santa Margherita Ligure il 10 ottobre 1930, figlio di Alberto, veneziano, e di Carmen, svizzera, Gianni Berengo Gardin è stato uno dei più importanti fotografi e fotoreporter italiani del Novecento, noto soprattutto per il suo lavoro di documentazione sociale. Con i suoi scatti ha raccontato l’Italia nel pieno dei suoi cambiamenti: dalle fabbriche del boom industriale alle comunità rom, dai manicomi fino alle grandi navi a Venezia.

La sua carriera decollò negli anni Cinquanta grazie alla collaborazione con Il Mondo di Mario Pannunzio, ma tra i suoi progetti più noti c’è Morire di classe (Einaudi, 1969), un libro “simbolo” ripubblicato proprio l’anno scorso da Il Saggiatore in una nuova edizione (lo trovate qui): realizzato con Carla Cerati e con testi scelti da Franco Basaglia, mostrava le condizioni nei manicomi italiani e contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’urgenza della riforma psichiatrica, di fatto portando all’approvazione della legge 180. Negli anni successivi Gianni Berengo Gardin pubblicò anche Dentro le case (1977) e Dentro il lavoro (1978), con Luciano D’Alessandro, dedicati rispettivamente alla vita quotidiana nelle abitazioni urbane e all’ambiente operaio.

Nel corso della sua vita Berengo Gardin ha pubblicato oltre duecentocinquanta libri fotografici, alcuni dedicati ad artisti e architetti come Giorgio Morandi, Carlo Scarpa e Renzo Piano. Nel 1973 ha collaborato con Cesare Zavattini al volume Un paese vent’anni dopo, che raccontava i cambiamenti sociali del paese di Luzzara, seguendo le tracce del celebre Un paese firmato da Zavattini e Paul Strand nel 1955.

Ha sempre fotografato in bianco e nero, su pellicola, con fotocamere Leica. A chi gli chiedeva perché, rispondeva che quando aveva iniziato a scattare la televisione e il cinema erano in bianco e nero e il 99% dei suoi maestri lavoravano in bianco e nero. Tra le sue pubblicazioni più recenti l’autobiografia con immagini In parole povere raccolta da sua figlia Susanna e pubblicata da Contrasto nel 2021, in cui, tra tante altre cose, diceva: «Se si è veramente fotografi si scatta sempre, anche senza rullino, anche senza macchina». Gianni Berengo Gardin è morto a Genova il 6 agosto, a 94 anni.

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