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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Come sta diventando grande la Generazione Z

I nati tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Dieci sono stati scalzati dagli Alpha, perdendo il primato e i privilegi della giovinezza: osservandoli ci avviciniamo a capire cosa significa diventare adulti nel 2024 e come stanno cambiando le dinamiche lavorative e quelle relazionali.

26 Marzo 2024

Mentre i Millennial su TikTok si dilettano a riprendersi e pronunciare le parole del vampiro Edward in Twilight quando gli chiedono quanti anni ha e lui risponde diciassette – «Da quanto tempo hai diciassette anni?», «Da un po’» – nella vita vera la Generazione Z si laurea, firma i primi contratti di lavoro, va a vivere da sola inizia la convivenza, magari sceglie di adottare un gattino. Nel 2024 il primo film di Twilight compirà 16 anni, e la Gen Z tra gli undici e i ventisette. Iniziamo a vederli infiltrarsi piano piano negli uffici, dove verranno liquidati da qualche capo cinquantenne come una generazione che non ha voglia di fare nulla, oppure leggiamo di loro su qualche rivista in cui scrivono che non sono più interessati alle relazioni, né tantomeno al sesso, o a quella che i vecchi chiamano movida, perché vogliono solo dormire. Così, mentre si inizia a parlare della neonata generazione Alpha, la Z è arrivata a quel momento della vita in cui le viene chiesto, microfono alla mano, che cosa voglia dire per lei diventare grande, se cambierà o se rimarrà eternamente la generazione che scrolla passivamente TikTok nel tentativo di provare qualcosa.

Da bambini ci hanno insegnato a sognare un lavoro da fare nel futuro. Ci siamo immaginati astronauti, cantanti, commesse del supermercato sui pattini finché negli anni a venire non abbiamo aggiustato il tiro. Il resto della vita è stato un calibrare la distanza che ci ha separato dai nostri sogni d’adolescenza, un calcolo delle circostanze che sono andate storte. Sembra che nessuno invece abbia mai insegnato alla Generazione Z a sognare il lavoro. C’è un trend su TikTok che lo racconta perfettamente. Inizia con la voce di un educatissimo signore inglese che dice: «Qual è il mio lavoro dei sogni? Tesoro, te l’ho detto varie volte, non ho un lavoro dei sogni: non sogno il lavoro», una citazione attribuita, erroneamente, allo scrittore James Baldwin, usata per accompagnare video in cui i ragazzi bevono bicchieri di champagne, oppure prendono un caffè al bar con gli occhiali da sole e tengono in mano buste con il logo di Hermès e Cartier, restituendo l’idea di una generazione che non ha intenzione di scendere a compromessi per aspettare che il lavoro dei sogni bussi alla sua porta. Registrato nel lontano 2020 dall’utente @mrhamilton, è uno dei trend TikTok più longevi ad abitare sulla piattaforma. Inserendosi in questa onda, Federica, studentessa di 22 anni di Ferrara fresca del suo primo tirocinio, in una nota vocale mi racconta di non aver mai sognato di lavorare: «Fino a qualche tempo fa mi immaginavo un lavoro solo perché sapevo di dover sopravvivere in qualche modo, ne ho passati in rassegna un po’ finché non ne ho trovato qualcuno che non mi sembrava così male».

Sempre su TikTok un trend racconta un’altra tendenza lavorativa della Generazione Z. La voce appartiene a Paris Hilton e dice: «Vi amo tutti, siete bellissimi, e non dimenticatevi che siete tutti delle principesse», mentre nel video vengono ripresi i colleghi della Gen Z che alle 17 spaccate chiudono il computer e salutano, prima di dileguarsi in direzione casa. Mentre una collega Millennial mi racconta che è grazie alla Gen Z se ha imparato a staccare dal lavoro senza tirare avanti imperterrita fino a tarda notte, una collega di 25 anni mi dice che secondo lei la sua generazione ha iniziato a ridimensionare l’importanza data al lavoro perché ha capito che non può pretendere che sia questo a soddisfarli. Intanto in questi anni Adobe ha condotto uno studio molto esteso sulle abitudini lavorative della Gen Z, si chiama “The Future of Time” e viene studiato dalle risorse umane delle aziende di tutto il mondo. Dalla ricerca si scopre che circa tre giovani dipendenti su quattro sarebbero disposti a cambiare lavoro se qualcuno potesse garantire un equilibrio lavorativo più sano.

«Faccio fatica a immaginarmi di dedicare più tempo del dovuto all’ufficio. Per me ha molto più valore il tempo che dedico alla mia vita finito il lavoro, quando mi circondo delle persone a cui voglio bene e faccio cose che scelgo io di fare»

«Non mi aspetterei di sentirmi realizzata attraverso il lavoro», spiega Ludovica, studentessa di 23 anni di Venezia alle prese col suo primo tirocinio. «Per questo faccio fatica a immaginarmi di dedicare più tempo del dovuto all’ufficio. Per me ha molto più valore il tempo che dedico alla mia vita finito il lavoro, quando mi circondo delle persone a cui voglio bene e faccio cose che scelgo io di fare». È a partire dal video virale che @brielleybelly123 ha condiviso su TikTok a ottobre 2023 che si è iniziato a parlare di Great Gloom, ovvero il senso di insoddisfazione e tristezza legato alla vita professionale. Nel TikTok Brielle si registra in lacrime mentre racconta la sua vita da pendolare con un turno di lavoro dalle 9 alle 17: «Esco dall’ufficio che è buio, come faccio ad avere amici? E appuntamenti? Non ho tempo da dedicare ad altro che non sia il lavoro e il riposo».

Non è arroganza il loro desiderio di non romanticizzare il lavoro relegandolo unicamente alle ore che occupa da contratto oppure pretendendo un compenso equo e puntuale. È, da un lato, sicuramente disillusione: il lavoro ha deluso le generazioni più giovani, tra stage non pagati, contratti sempre più precari e compensi semplicemente bassi, quindi a che cosa dovrebbero aggrapparsi? È, soprattutto, indice del fatto che la Gen Z non crede più che nel lavoro si nasconda il segreto per la realizzazione personale, che ora va a cercare nel mondo là fuori. Non pensa di trovarla nemmeno in una relazione: gli studi indicano che gli adolescenti non sono interessati al matrimonio o alla monogamia. Mentre un articolo del New Yorker intitolato “Come mai la poligamia è diventata così popolare?” spiega che la maggior parte dei giovani sotto i trent’anni se proprio dovesse scegliere di sposarsi, preferirebbe un matrimonio aperto, nella mia chat di Whatsapp i messaggi di Federica, Benedetta, Filippo ed Ester (tutti tra i 21 e i 24 anni) confermano che tra i loro piani futuri non rientra di certo il matrimonio, ma che nemmeno riescono a immaginarsi di stare con una persona. Prima di tutto vengono loro, realizzati nell’equilibrio tra vita vera e vita lavorativa, poi magari si può pensare di stare insieme. Temono di compromettersi, se si affidano al lavoro o a una relazione per sentirsi soddisfatti.

«La Gen Z non crede più che nel lavoro si nasconda il segreto per la realizzazione personale, che ora va a cercare nel mondo là fuori. Non pensa di trovarla nemmeno in una relazione»

Le relazioni, anche solo di una notte, nella loro visione sono qualcosa da cui rifuggire, comprensibile per una generazione cresciuta con le parole toxic, gaslighting, lovebombing e con un social che si alimenta di storytime di appuntamenti finiti male. Il mensile The Atlantic, per esempio, ci mette in guardia anche su una recessione sessuale, scrive che i giovani non sono più interessati al sesso, che il futuro delle relazioni sarà uno scambio puramente digitale, tra incontri promessi sulle dating app che non sfociano mai nella dimensione reale, e continuo sexting. L’autoerotismo, comunque, la Gen Z continua a praticarlo, confermando che il desiderio è sempre presente, quello però di concentrarsi su sé stessi. Temono di perdersi a mescolarsi con un’altra persona, di farsi travolgere dai suoi problemi e uscirne meno integri.

È sempre per seguire il desiderio di essere autentici se la Z è la generazione che la sera va a dormire prima di tutte le altre. “L’orario più cool in cui andare a letto per i ventenni sono le nove di sera” si intitola l’inchiesta del Wall Street Journal sulle abitudini del sonno dei più giovani. Con mia sorella di ventidue anni scherziamo sempre quando usciamo la sera, lei che vuole tornare a casa presto e io, mentre mi avvicino ai trenta, che vorrei stare fuori fino a tardi: diciamo che ci siamo scambiate. Il motivo per cui la Gen Z va a dormire prima è per poi svegliarsi presto la mattina, andare in palestra, fare yoga, dedicare una mezz’oretta a passarsi le pietre di gua sha sulla faccia e cospargersi di oli e sieri. Diventare grandi, allora, per come lo intende la Gen Z significa prendere alla lettera quei manuali di self-help new age con cui sono cresciute le generazioni precedenti, quelli che insegnavano a concentrarsi su sé stessi e a ritagliarsi una propria identità al di là del lavoro e degli altri. Se tutto attorno sembra sgretolarsi in fretta, se l’equilibrio è così precario, tanto vale allora affidarsi all’unica persona che resterà sicuramente: me.

Questo articolo è tratto dal nuovo numero di Rivista Studio, una guida alle 10 tendenze che caratterizzano il presente e ci dicono “Dove stiamo andando” nell’immediato futuro: lo trovate nel nostro store online, qui, e in edicola.

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