Stili di vita | Società

Schifezze e orrori del dating

Le frequentazioni oggi sono praticamente dei film dell’orrore, popolate da figure una più inquietante dell'altra: dal ghostatore seriale al social stalker fino all'hot offline boyfriend protagonista di Fresh.

di Francesca Faccani

Daisy Edgar-Jones e Sebastian Stan in una scena di Fresh

Di fronte alla domanda «Come vi siete conosciuti?» si possono catalogare due tipi di coppie. Il primo è quello che cerca di eludere la domanda: è molto complicato da raccontare, dicono. Così, mentre qualcuno la enuncia, uno dei due si dilegua improvvisando la chiamata immaginaria di qualche amico dall’altra parte della stanza. Come raccontare una relazione all’apparenza così romantica perché fortuita, quasi predestinata, quando in realtà è frutto delle scelte dell’algoritmo di un’app di dating a pagamento, di un match del quale uno dei due non era nemmeno così convinto fino almeno al primo appuntamento, che non è andato così male considerati gli ultimi? Alla stessa domanda di prima, il secondo tipo di coppia invece sorride, uno cerca lo sguardo dell’altro perché possano raccontare la storia insieme, esibendosi in una narrazione condivisa ripetuta così tante volte che sembra quasi un provino per partecipare a Reazione a catena. Nei loro racconti si notano sempre per caso alla fermata dell’autobus, in fila alle poste, al romanticissimo banco dei surgelati, dove si incontrano anche Noa e Steve nel film horror appena uscito su Disney+, Fresh, che in realtà fa ironia di tutte quelle narrazioni che seguono il secondo tipo di coppia perché non sanno raccontare il primo.

È la verità: non sappiamo raccontare le storie d’amore moderne. Ma forse dobbiamo chiederci se è davvero possibile trovare del potenziale romantico inesplorato nel fare, come un automatismo, swipe right e swipe left, nel pop-up che dice “It’s a match”, in un date che ci fa presente che è il nostro turno di pagare da bere, nella foto di un pene di cui non ricordiamo di aver fatto richiesta? Forse allora bisogna dare ragione alla regista Mimi Cave che con Fresh ci dice che le frequentazioni, oggi, sono praticamente dei film dell’orrore ­– basterebbe pensare alla vicenda di West Elm Caleb, il ragazzo che aveva fatto ghosting a centinaia di ragazze di New York – corredate da un codice linguistico che spaventa perché evocato a seguito di esperienze tragiche: ghosting, gaslighting, gatekeeping, catfish, dick pic. Lo sa Noa, interpretata dalla bravissima Daisy Edgar-Jones, quanto facciano schifo gli appuntamenti che organizza su Tinder. Nella prima scena, davanti a una cena in un ristorante cinese, sopporta un uomo con una sciarpa buffa mentre le dice che sembrava più carina in foto e che magari dovrebbe curare un po’ di più il suo aspetto se vuole che gli uomini la trovino attraente (gaslighting). Sembra quindi tutto perfetto quando, dopo averlo mollato in una scenata in cui lui le risponde che in realtà le stava facendo un favore a uscire con lei (gatekeeping), Noa, con i calzini sopra i jeans e i capelli raccolti in una coda scompigliata, finisce al supermercato dove incontra Steve (Sebastian Stan, che ha appena dismesso i panni di Tommy Lee indossati in Pam & Tommy).

In inglese si chiama “meet cute”, l’incontro fortuito tra i due personaggi principali che capiscono subito di essere innamorati l’uno dell’altro, ed è stato coniato apposta a partire dalla regolarità con cui l’evento si ripresentava in televisione o al cinema. È il topos più comune nelle storie d’amore e forse continuiamo a guardarci attorno e a crederci perché, al contrario delle dediche d’amore al terrazzo e delle lunghe lettere mandate a distanza di migliaia di chilometri, sembra la parte più reale e ottimista di tutta la finzione: all’Esselunga e alle Poste ci andiamo tutti fin troppo spesso, sarebbe carino se per una volta succedesse una cosa bella prima del pagamento alle casse. Nel film Steve chiede a Noa se ha mai provato un tipo specifico di uva, lei gli risponde di no, così lui apre il sacchetto per staccargliene un grappolo, in una di quelle scene sulle quali pontificheranno sempre le coppie che raccontano con orgoglio di essersi conosciute offline.

Un altro mito fondativo degli incontri offline è scambiarsi il numero di telefono, mai il profilo Instagram o Facebook. Se poi i social non li hai, sarebbe l’apoteosi del romanticismo: lo dice anche Dazed & Confused che intitola così la recensione di Fresh: “Perché le persone senza social sono così sexy?”. A Noa, infatti, Steve dice di non avere nessun profilo social: «Twitter? Qualcuno dice mai qualcosa di intelligente su Twitter?», e lei sorride, accondiscendente, come se fosse depositario di una verità che a noi, che controlliamo ossessivamente il numero di like ai post, rimane segreta. Secondo Dazed le persone senza social sono affascinanti perché non hanno bisogno del consenso altrui o di essere sempre al corrente di quello di cui si parla, sono meno vanitose e narcisiste. Magari sono innocui perché non sono stati esposti alla storia di West Elm Caleb oppure non possono farci ghosting ma possono semplicemente sparire, che, forse, è un concetto più facile da afferrare. È una tendenza che va anche su TikTok, dove le ragazze che postano di più spesso si accoppiano con un “hot offline boyfriend” – hashtag che raccoglie migliaia di video – cosa che fanno anche celebrità come Bella Hadid o Ariana Grande, fidanzate con due persone di cui non si sa assolutamente nulla.

«E allora come faccio a fare stalking?», chiede Noa, «Dovrai farlo di persona», risponde lui, dopo averle proposto una fuga in campagna che lei, ingenuamente accecata dalla proposta romantica, accetta. Di colpo, dopo che Steve le porge un drink, la ragazza stramazza a terra e lui la porta in un seminterrato dove la vuole tenere in vita fino a quando non avrà tagliuzzato ogni parte del suo corpo per venderla a una comunità di magnati cannibali a cui lui stesso appartiene. Detta così fa ridere perché sarebbe tragico pensare che si possa nascondere anche un briciolo di verità in questa trama (questo avviene dopotutto nei primi 30 minuti del film). Ho amiche che hanno abbandonato l’idea di una frequentazione perché spaventate dal fatto che il loro date non avesse alcun corrispettivo nei risultati Google, oppure avesse il profilo Instagram fermo al 2012 con solo una foto che ritraeva un animale. Ridevo dei loro discorsi, immaginandomi invece che avrei incontrato la persona ideale tra gli scaffali della biblioteca – «Anche tu nel reparto della poesia polacca?» – uno senza profilo Instagram così non avremmo dovuto affrontare il discorso del ghosting e se fosse o meno una risposta eticamente corretta. La verità, allora, è che swipe Left, gatekeeping e gaslighting a parte, le frequentazioni oggi continuano a essere un film dell’orrore che sembra di avere già visto, e che forse sta proprio qui il bello: che poi lo riguardiamo appassionatamente.