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Essere femministe nella Cina di Xi Jinping

In Tradire il Grande Fratello la scrittrice Leta Hong Fincher racconta l'arresto di cinque attiviste per mostrare la difficilissima situazione in cui versano ancora le donne nella Repubblica popolare.

di Lucrezia Tiberio

A metà aprile 2015 la femminista venticinquenne Li Maizi fece circolare Una canzone per tutte le donne su WeChat, l’app di messaggistica più diffusa in Cina; era appena tornata libera dopo oltre un mese di detenzione insieme ad altre quattro attiviste, colpevoli di aver organizzato per l’8 marzo la distribuzione di adesivi contro le molestie sessuali su metropolitane e autobus. Wu Rongrong, Zheng Churan, Wei Tingting e Wang Man e Li Maizi, da quel momento Le Cinque femministe,  diventano il simbolo della lotta per l’eguaglianza di genere in uno dei paesi più influenti e popolati al mondo. 

Tradire il Grande Fratello, Il risveglio femminista in Cina, edito da Add e in uscita oggi, di Leta Hong Fincher, scrittrice femminista affermatissima nel mondo accademico statunitense, racconta la lotta delle donne cinesi costrette a farsi spazio in un mondo al limite della clandestinità, tra attiviste, avvocate, lavoratrici che si battono quotidianamente per i diritti. Non si contano le recensioni che lo definiscono una lettura urgente, necessaria, ma considerato che nel mondo quasi una donna su cinque – in totale, oltre 650 milioni – vive in Cina, Tradire il Grande Fratello è una lettura quantomeno utilissima. 

Il racconto si apre spiegando il soffocamento dei diritti messo in atto dal governo cinese; da quando Xi Jinping è segretario del Partito si assiste a una durissima repressione della libertà di pensiero, soprattutto femminista. Nel suo primo discorso d’insediamento Xi si paragona al “vero uomo”, con le donne immobilizzate in ruoli subalterni e marginali. Il femminismo, in Cina, va inserito in un contesto più complesso, in cui ogni forma di associazionismo o potenziale associazionismo viene repressa in maniera più forte rispetto all’epoca del suo predecessore. Per l’attuale Partito, il problema vero è ogni forma di aggregazione che può diventare una minaccia per la legittimità del Partito. Secondo l’autrice, comunque, i tempi stanno cambiando e al di là della propaganda machista, il controllo del potere di Xi Jinping è molto più fragile di quanto sembri.

Fincher ritrae una realtà politica e sociale – collettiva e privata – in cui le donne non sono solo invisibili, ma sono colpevoli, quando non stanno in silenzio. Le Cinque Femministe, durante la detenzione, hanno subìto ogni tipo di violenza: quella fisica e psicologica della polizia durante gli interrogatori e quella virtuale in rete degli uomini. Un episodio in particolare racconta quanto sia potente la repressione del pensiero femminista: una delle attiviste viene liberata, ma solo dopo aver firmato una dichiarazione: «Amo ardentemente il mio Paese. Amo ardentemente il Partito comunista. Sostengo il lavoro del Partito comunista. Prometto di tenermi alla larga dalle Ong».

La tenacia e il coraggio delle protagoniste, tuttavia, sono andati oltre le violenze e hanno dato vita a una resistenza femminista, che secondo l’autrice «ha il potenziale per diventare nel lungo termine il movimento più trasformativo del Paese». Già oggi, soprattutto nei contesti urbanizzati, molte donne hanno assunto ruoli importanti all’interno della società, sono manager, imprenditrici, avvocate, sfidano la cultura tradizionalista e patriarcale, che le vuole figlie, mogli e madri da millenni. Racconta Giada Messetti, sinologa e autrice del saggio La Cina è già qui e del programma di approfondimento CinAmerica – La sfida che lo stereotipo maschile, e maschilista, ha radici profondissime nel confucianesimo. «Il carattere cinese che indica “donna” è una stilizzazione di una donna inginocchiata, con le braccia raccolte nelle maniche (女). I caratteri cinesi hanno millenni di storia e questo ci dice che nella società arcaica cinese la donna occupava una posizione sociale subalterna. Il confucianesimo ha posto le basi, in parte valide ancora oggi, di una visione della società con una struttura molto gerarchica, in cui la donna è soprattutto figlia, moglie e madre. Il confucianesimo codifica la donna come inferiore rispetto agli uomini nella società, ma con una posizione più importante all’interno del focolare domestico». 

Gli arresti delle Cinque Femministe hanno avuto una forza catalizzatrice enorme che ha travolto tutto il Paese; nonostante la censura capillare del Grande Firewall, internet era diventato lo spazio per esplorare e conoscere le idee femministe più liberamente di quanto avvenisse nella maggior parte dei posti di lavoro e degli ambienti domestici. E non solo. Sui social oscurati nel Paese, Twitter, Facebook e Instagram, l’indignazione globale divampava attraverso l’hashtag #FreeTheFive. Secondo l’autrice, oggi Weibo e Wechat sono i luoghi virtuali in cui le donne cinesi esprimono tutta la loro indignazione contro un Partito che ha messo in atto politiche discriminatorie e di controllo sui corpi e le coscienze delle donne. È scioccante il racconto di Fincher sulle conseguenze disastrose delle politiche del figlio unico, un piano di ingegneria demografica a causa del quale oggi le donne “mancanti”, perché mai nate, sono state quasi 12 milioni. «Trattenendo le donne per più di un mese, lo Stato non aveva solo soppresso il dissenso. Aveva rivendicato il controllo del loro corpo», ancora una volta. Mai come nel racconto delle Cinque Femministe il corpo diventa un campo di battaglia.