Attualità | Cronaca

Perché non stiamo parlando tutti del femminicidio di Aosta?

La morte di Auriane Nathalie Laisne, il modo in cui è stata raccontata e trascurata, ci ricorda che ormai trattiamo anche la cronaca nera come una forma di intrattenimento. Alla quale decidiamo, ogni volta, se appassionarci o meno.

di Laura Fontana

Verso sera, su TikTok, ci sono delle dirette di content creator che camminano per ore nei boschi al buio. Non hanno destinazione, camminano e basta, circondati dall’oscurità, dotati solo di una torcia che illumina una piccola porzione del loro percorso; a volte hanno un sussulto, qualcuno dice di aver visto o sentito qualcosa. Poi ci sono altri video – non è tanto un trend, quanto un filone tematico che va avanti da qualche anno, che TikTok ha categorizzato sotto il tag “turismo” – ambientati sugli Appalachian Mountains che raccontano di ciò che avviene su quelle montagne; leggende su strane creature, comunità di streghe e fantasmi ma anche sparizioni misteriose e omicidi, così frequenti che in altri video si elencano delle “regole da seguire” per chi si voglia avventurare per gli Appalachi: mai andare nella foresta dal tramonto all’alba, non uscire dai sentieri, non sussurrare o cantare nel bosco, non correre, non guardare “troppo” gli alberi e se “senti una voce che chiama il tuo nome, no, non l’hai sentita”. La gente che vive lì, da un lato tende ad avallare queste storie, dall’altro inizia a pensare se è il caso di preoccuparsi: l’influenza di TikTok potrebbe tener lontano persone dedite al normale hiking e attirare invece quel tipo di turismo definito dark.

Ci sono vari livelli di dark tourism: visitare luoghi dove sono avvenuti disastri o omicidi efferati, le case dove hanno vissuto i serial killer, i posti dove si sono consumate stragi o crimini di guerra. Una sottocategoria del dark tourism è l’urbex, crasi di urbanexploration: si visitano ruderi ed edifici abbandonati, ex manicomi e chiese sconsacrate sono il non plus ultra. Le incursioni di questi turisti, affascinati da un mondo in disfacimento, vengono filmate e messe online: sono una sorta di documentari alla Discovery Channel ma amatoriali. A volte, scivolano nel paranormale, o sul satanismo. L’erede spirituale di The Blair Witch Project (di cui faranno un reboot a breve tra l’altro) potrebbe benissimo essere un Urbex TikTok Account, che prende sotto gli occhi della community una piega inquietante.

Una di queste storie crepuscolari è diventata improvvisamente reale, sottoforma di cronaca nera la scorsa settimana, quando è stato trovato il corpo di una ragazza dentro una chiesa sconsacrata, l’unico edificio rimasto in piedi del villaggio abbandonato di Equilivaz a La Salle in Val d’Aosta. È quel tipo di storia che sembra uscita da un gothic dark romance, con dettagli elargiti in abbondanza dai testimoni (bravissimi) che hanno subito contattato la polizia una volta saputo del ritrovamento; hanno raccontato di aver visto in paese due ragazzi non del posto, giovanissimi, pallidi e magri, che «cercavano cibo in abiti dark, lei era bella ma sofferente», «silenziosa». «Sembravano due vampiri». Sulla soglia della chiesa sconsacrata, dove è avvenuto il ritrovamento, che una volta era stata rifugio degli abitanti del villaggio salvandoli durante un alluvione, è stato inciso l’acronimo “UTE”che dovrebbe significare Urbex Team Extreme (ma esiste su Facebook un solo gruppo che si chiama così ed è polacco).

I due ragazzi, poi, si sono rivelati essere Sohaib Teima e Auriane Nathalie Laisne, che avevano già una relazione, lui ventiduenne egiziano vissuto per lungo tempo in Italia, lei francese. Su di lui pesava già una denuncia di lei, fatta a gennaio, ma in Val d’Aosta lei era tranquilla vicino a lui: non sembrava spaventata, non aveva l’intenzione di fuggire, non ha chiesto aiuto. Sono arrivati dalla Francia fino in Valle d’Aosta usando BlaBlaCar e FlixBus, hanno chiesto in paese di posti lì vicino dove poter fare Urbex e gli è stata indicata la chiesetta. Per il procuratore capo di Aosta è stato «un classico femminicidio, determinato da un movente di possesso e di annullamento della volontà della vittima». Ma ci sono altre ipotesi: la Cnn, ha parlato di una caccia ai fantasmi finita male o di una “TikTok challenge”. Essendo stata chiamata in causa, qualcuno della community Urbex di TikTok ha iniziato a discutere del caso buttando lì “rituale consensuale finito male”. La madre di lui intervistata a Quarto Grado non crede sia stato il figlio, e dice che lei «era quella strana», che anzi lui voleva lasciarla e aveva molto sofferto per lei. Un criminologo fa notare che i colpi inferti alla ragazza non sono così numerosi e profondi come nei «tipici casi di femminicidio con l’arma bianca», tant’è che la ragazza è morta per dissanguamento. Vicino al cadavere sono stati trovati dei «marshmallows rosa».

Anche le storie di cronaca nera hanno bisogno della giusta combinazione di ingredienti per diventare virali online e sui media tradizionali. Il caso di Giulia Cecchettin ne era l’esempio perfetto: abbondanza di foto pubblicate online, persone in cui ci si poteva facilmente riconoscere, una “morale della storia” che ha trovato voce nella sorella di Giulia, Elena Cecchettin, fornendo una chiave di lettura a quella immensa platea di persone che voleva subito una spiegazione a un omicidio tanto feroce, quanto assurdo. D’altronde, è la stessa cosa che fanno certe teorie della cospirazione su eventi apparentemente “inspiegabili”: c’è un piano dietro, è il governo ombra, è il demonio, è il patriarcato. Elena Cecchettin ha aderito anche lei a questa interpretazione, per cercare conforto e un senso nella tragedia, e perché è anche lei una ventenne cresciuta coi social, abituale frequentatrice di profili e account con aesthetic precise. Ha lei stessa un profilo Instagram particolare: un mix tra goth, dark e nordicwitchaesthetic (in totale antitesi con la sorella tra l’altro, il cui profilo Instagram era: colorato, solare, pieno di arcobaleni e fiori). La sua felpa, con un Bafometto dentro una stella a cinque punte, aveva quasi sollevato una piccola ondata di satanic panic, come la chiamano negli Stati Uniti, ma in effetti è il suo aderire a quel tipo di aesthetic, e ai relativi valori a cui si aggancia quella sottocultura, che ha contribuito a dare quel taglio al caso di cronaca nera, rendendolo “virale”.

Il caso della ragazza trovata dissanguata in una chiesa sconsacrata in Valle d’Aosta, invece, vive ancora in quella zona crepuscolare in cui i contenuti di nicchia sono lì lì per diventare mainstream. In queste storie in cui bisogna fare i conti con le parti oscure dell’essere umano, o si fa come nei culti e si costruiscono delle dottrine che aiutino a darne un senso (è il motivo per cui nel film Midsommar è sempre tutto senza ombre e con una luce accecante: nei culti tutti è illuminato), o si lascia che la cosa scivoli di nuovo nell’oscurità, come la nebbia all’imbrunire cala dalle montagne fino a valle. Qualcuno ogni tanto andrà per boschi di notte a visitare l’ascoso lascito con lo scopo di mantenerne viva la memoria.