Attualità | Stati Uniti
Notte prima dei trumpiani
Il disastro delle elezioni americane viste dalla tv italiana, tra speranze deluse e i soliti Mentana e Vespa a tenere banco.
È stata la notte delle elezioni più pazze del West. Un proiettile che colpisce di striscio l’orecchio di Trump, patatine fritte di McDonald’s, bandieroni confederati, balletti idioti, Hulk Hogan, Eminem, Elon Musk che smascella, scalette di aerei presidenziali, Bruce Springsteen: è la quintessenza dell’americanità. Noi, alla periferia dell’impero, osserviamo con partecipazione. Che cosa possiamo fare? Votare, no. Tanto vale stare svegli, telecomando in mano, e gustarsela in tv. Il fuso orario è sfavorevole, e non ci sarà la certezza di conoscere all’alba il vincitore. L’offerta, sui canali generalisti, è quella prevedibile: fanno after Mentana e Vespa, sempre loro, con il consolidato varietà della maratona elettorale.
Con qualche minuto di ritardo, attesissimo, interrompendo una litigata sterile fra Lucia Annunziata e Alessandro Di Battista nel talk show che lo precede, appare Enrico Mentana, l’inventore del format. Entra in studio poco dopo mezzanotte da una porticina coperta da fili bianchi, come i vecchi macellai e i vampiri: «Eccoci qua, nell’attesa del prossimo presidente degli Stati Uniti d’America». Mentana non vota, si sa, e infatti la cravatta è ecumenica: righine blu e rosse, democratici e repubblicani, e vinca il migliore. Super spot.
L’inviata Alessandra Sardoni è negli Stati Uniti, dietro di lei un’auto della polizia a sirene lampeggianti. «È all’ultimo voto», ammonisce. Strano vederla lontana dai vicoli di Roma. Damiano Ficoneri, anche lui in America, si collega senza cravatta. Loro due sono i più felici. Appare Federico Rampini da casa sua, alle spalle una libreria molto spoglia, c’è un pacchetto di fazzoletti sullo scaffale, solite bretelle. Antonio Padellaro, fondatore del Fatto Quotidiano, è nello studio di La7. Giovanni Diamanti, sondaggista, interviene da Torino. Si parla subito di un sentore di affluenza molto elevata, sempre invitando alla calma e aspettando i dati reali.
Partono i nomi a caso: North Carolina, New Hampshire, Delaware. «Sarebbe una grande sorpresa, ma chi lo sa». Aldo Cazzullo è in Florida, ci sente? Risponde davanti a un Hilton, ci sente. Anche lui è collegato con due macchine della polizia sullo sfondo. È davanti al comitato elettorale di Trump, vede «persone di ricchezza smodata e bikers. Trump si fa votare dai privilegiati e da quelli che non hanno nulla da perdere. Noi dall’Europa facciamo un po’ fatica a capire». Sarà, ma sembrano gli stessi discorsi di quando è stata eletta Meloni. Cazzullo dice che Kamala ride sempre. C’è Paola Peduzzi del Foglio, da Washington. Tutti i corrispondenti dall’estero sono di ottimo umore.
Un quarto d’ora dopo inizia Porta a Porta, con un servizio sull’aborto. Bruno Vespa, sovrano della Terza Camera, ha dieci ospiti in studio. Serata delle grandi occasioni. Sette uomini e tre donne. Andrew Spannus, con l’accento di Don Lurio, ripete «governo federale». Trump inizia già a parlare di brogli, la polizia smentisce, «vediamo come va a finire» chiosa Vespa. Tò, c’è anche Donzelli in studio, onnipresente, ha gli occhi rossissimi.
All’una esatta si chiudono i seggi in Georgia: hanno vinto i democratici, annuncia Vespa, spiando un monitor che trasmette la Cnn. Anzi, no, è il Vermont, ma Vespa non trova il Vermont sulla mappa (è una fettuccina blu in alto a destra, quella con scritto VT). «È la Georgia quella lì?» No, non lo è. Più in alto, Bruno. Mentana invece non si sbilancia, è troppo presto, e allora ovviamente ci sono due Americhe. Intatto si combatte in Georgia, dove le grandi città sono favorevoli ai democratici, e le campagne sorridono ai repubblicani. È stato evacuato un seggio per allerta bomba.
Un salto su SkyTg24. Riappare Giovanni Diamanti: qualcosina inizia a arrivare dall’Indiana e dal Kentucky, bisogna analizzare una contea suburbana vicino a Indianapolis. Su Rete4 conduce Bianca Berlinguer, c’è una maratona anche lì, il clima è caciarone. Anche questi inviati sono di ottimo umore, gli ospiti in studio sono illuminati da luci bianchissime. «Trump è ancora a Mar-a-Lago, nel suo club, con Elon Musk, Robert Kennedy e altri amici».
Dovunque si allunga la minestra. Vespa è già spazientito. Dà la linea al direttore del Sole24Ore, ma prima che le telecamere stacchino si lascia andare a un gesto di frustrazione. «L’Italia non è l’ombelico del mondo», dice qualcuno. All’una e mezza si svuotano le poltroncine, c’è un ricambio, arriva Claudio Borghi. La Cnn insiste nell’assegnare la Georgia a Trump, i primi dati dalla Florida sono favorevoli a Trump. Vespa a Borghi: voi siete trumpiani, perché? Che domande, è una risposta contro il pensiero unico, e speriamo di trovare stasera una fine ai migranti. Arriva anche Maria Elena Boschi. Trump è avanti in Virginia, ma è ancora presto.
Torniamo su La7, Trump è indietro in Virginia, Stato storicamente repubblicano. Rampini sottolinea i tecnicismi nel sistema elettorale del West Virginia. Intanto, c’è un solo dato chiaro: stiamo guardando la traduzione della Cnn. È l’unica fonte delle nostre televisioni. Lo schermo è diviso a metà, e mentre a destra parla un esperto da casa sua a Roma a sinistra, senza volume, c’è la Cnn. Numeri, percentuali, mentre la mappa degli Stati Uniti inizia a colorarsi. Boh, aspettiamo i dati.
Il Post, con i suoi 15 mila spettatori in diretta, parla di padri fondatori e zone rurali con piglio da podcast. Francesco Costa è ovviamente il guru, la cassazione, quando non sa abbozza: «Eh qua mi chiedi troppo». Nel 2020 AP assegnò la vittoria della Virginia a Biden all’1 e 36 di notte ora italiana, quindi siamo in ritardo. «Vedo sulla Cnn che lo scrutinio è ancora in corso». Intanto il West Virginia è stato assegnato ai Repubblicani, 23 a 3 per Trump ma la partita è ancora lunga, vince chi arriva a 270. Zapping su SkyTg24, notizie in sovrimpressione: molti soldati nordcoreani uccisi in Ucraina, il bilancio delle vittime dell’alluvione a Valencia sale a 222.
Su La7 ogni dato che arriva è sempre, invariabilmente, il segno di un’America spaccata. Su Rai1 Vespa promette fra 9 minuti una sventagliata di 17 Stati, fra cui la famigerata Pennsylvania. Friedman c’è, nonostante la sua nuova vita a Ballando con le stelle, e ci spiega che i primi risultati dipendono da dove vengono. «La campagna giudiziaria e mediatica contro Trump di questi anni è fallita», interviene Sallusti.
Due di notte, pioggia di risultati parziali: Florida, Tennessee, Missouri, Alabama, Oklahoma a Trump. Massachusetts, Maryland, DC a Kamala. La fonte è, ovviamente, sempre la Cnn. Arrivano brutte notizie dalla Georgia per Harris, dice Diamanti. C’è un trend di zone rurali sempre più repubblicane, e non si vede un trend dei sobborghi democratici che possa compensarlo. Sei d’accordo Maurizio Molinari, chiede Mentana? La notte è ancora giovane, risponde l’ex direttore. Da Vespa c’è un continuo turnover di ospiti, esperti sempre nuovi: arriva Stefano Feltri, oggi direttore di Appunti. Sono in tanti a voler dire la loro. Vespa ogni tanto interrompe la discussione, dà le spalle alla telecamera e indica gli Stati americani sulla grande mappa interattiva alle sue spalle. Cambiano colore, diventando rossi o blu, mentre arrivano i dati dello spoglio. Gli esperti non finiscono mai: alle due e mezza di notte viene presentato e prende la parola brevemente lo storico Massimo Nava.
Collegamento con il salotto di Antonio Monda da New York: sono molto ottimista, e vi autorizzo a prendermi in giro domani. Cita prime proiezioni da Pennsylvania, Ohio e North Carolina a favore di Harris, Stati dove la candidata democratica sta andando meglio di Biden quattro anni fa. «Quindi ce la fa la ragazza?», lo incalza Vespa. «Non voglio turbare i sogni di Monda», interrompe Borghi, «ma i dati indicano una crescita di Trump».
Verso le tre, le prime avvisaglie del disastro. Mentana dice «si avvicina, lo diciamo sottovoce, la vittoria di Trump», e gli ospiti, vista anche l’ora, partono con il pilota automatico a parlare di immigrazione e a discutere su come il modello Trump possa essere d’impulso a Salvini per mettere alla frusta la maggioranza. Da Mentana sono in tre. Vespa continua a sfoggiare servizi dall’America. Ma quanti soldi ha la Rai? Renato, quarantun anni, dal 2008 negli Stati Uniti, viene intervistato in giubbotto arancione con lo skyline di New York sullo sfondo come esperto di faccende americane.
La7, tre e mezza di notte: brutte notizie dalla Virginia, c’è Trump in testa. Orsini, dalla Berlinguer, si scusa ma va a letto: devo riposare, domattina ho lezione in aula. Rampini si scaglia contro il pensiero woke. Su Rai1, Vespa commenta con gli ospiti rimasti svegli le prime pagine dei quotidiani, mentre Polito gli spiega come funzionano gli abbonamenti digitali. Monda rimane l’ultimo ottimista: vinceremo. Bonelli e Donzelli hanno la forza di litigare sugli accordi di Abramo. Alle 3 e 36. C’è sempre più invidia per i corrispondenti dall’estero.
Quattro di notte, 178 a 97 per Trump. Chi votano le stelle di Hollywood?, si chiede Rete 4. È già chiaro, dando un’occhiata ai siti americani e ai social: Trump sta vincendo. Di nuovo. Com’è stato possibile? Su La7 già si rimpiange Michelle Obama. È colpa di Biden. La strada per Harris è strettissima: deve vincere in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin. Forse c’è un muro blu, Harris è in testa in Iowa, ma è molto difficile.
Quattro e mezza, la mazzata. La maggioranza degli elettori americani, probabilmente, ha votato Donald Trump. Il famoso voto popolare. Un dato clamoroso, analizzato da Sallusti, ancora sveglio su Rete4. Nel nuovo millennio l’unico repubblicano che ce l’ha fatta è stato Bush nel 2004, ma erano altri tempi. Si diceva: se mai Trump vincerà, sarà solo per le storture del collegio elettorale. E invece. 198 a 112 per Trump. Beati gli imbucati alla festa di Elon Musk, che alle quattro e trentadue twitta: game, set, match.
Cinque e qualcosa del mattino, alla fine è successo. Secondo il New York Times, Trump è in testa nel Michigan, in Pennsylvania e nel Wisconsin e ha l’89% di possibilità di diventare presidente, di nuovo. Mentana e Vespa sono ancora in diretta, chi li ammazza. Che cosa ne sarà di Kiev, di Gerusalemme, di Barberino del Mugello? Chi lo sa. Ora sbigottiamoci. Gli sceneggiatori sono impazziti, è in sala il remake: Trump 2 la vendetta.