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Infinite Zan

Il dibattito sulla legge in discussione al Senato è stato sfiancante e oggi siamo soprattutto stanchi.

di Jacopo Bedussi

Parata del Pride a Roma, 26 giugno 2021. Foto di TIZIANA FABI/AFP via Getty Images

Potrebbe sembrare secondario o forse semplicemente fisiologico ma il più grande problema riguardo all’approvazione del Ddl Zan è la stanchezza. La stanchezza di tutti. Siamo tutti esausti. O meglio non tutti, solo noi dalla parte giusta che sappiamo di essere “i buoni”. E il più esausto di tutti non può che essere Alessandro Zan in persona che ormai da non si sa più da quanto tempo è ovunque, sempre e comunque. E a giugno che era il mese del Pride ovviamente era ancora più ubiquo del solito. Ai dibattiti, ai Pride, alle presentazioni dei libri, in tv, in diretta su Instagram, sui giornali. Presente in tutti i cartelloni che abbiano anche solo vagamente a che fare con la questione Lgbtq+ come lo erano i Tre Allegri Ragazzi Morti nei programmi delle feste dell’Unità negli anni 2000. Quando questa storia sarà finita lui davvero si meriterebbe una raccolta fondi per una vacanza spietata e sibaritica, piena di eccessi e disimpegno, dove riposarsi e ubriacarsi e dire solo cose orribili e sconvenienti lontano dai social e dalla tv. E se vorrà comprarsi anche un’utilitaria Mercedes usata e un costosissimo cane da compagnia non farà altro che bene, se li merita tutti.

Siamo stanchi noi che mentre ascoltavamo la diretta della discussione in Senato twittavamo a getto continuo battutacce fiacche sugli interventi parodistici di una destra fuori dal nostro mondo e dalla storia e che però poi nei sondaggi sta al 20, al 40, all’80 percento. E allora quando quello con il papillon ha pontificato solenne che vinti gli Europei Federico Chiesa ha chiesto a Siri di chiamare la mamma e non il genitore 1 è venuto da chiedersi se a questo punto avere due mamme da chiamare non sia addirittura meglio, un po’ come in quel famoso spot del Maxibon degli anni ’90 con Stefano Accorsi. Stanchi immagino siano anche i critici della legge in buona fede che avendo studiato giurisprudenza sostengono che è una legge scritta male, e magari c’hanno pure ragione ma vengono guardati di traverso, come cassandre menagrame, dalla maggior parte di noi che abbiamo fatto il linguistico e poi una facoltà umanistica e non abbiamo proprio gli strumenti per capire se una legge è scritta bene o male e semplicemente ci fidiamo perché Zan ci sembra una brava persona e perché siamo convinti che scritta male sarà comunque meglio che niente, no? Chissà se è stanco anche Elio Vito, berlusconiano di ferro della prima ora che si è scoperto pasionario sostenitore della legge e che ormai twitta solo arcobaleni e che una volta è salito addirittura sul palco di una manifestazione dei Sentinelli per dare manforte.

Stanco sarà anche Fedez che poraccio si impegna e dice cose sensate in cui sembra credere per davvero ma tanto comunque c’è chi letteralmente guarda il dito, il suo, perché si è messo lo smalto. Stanche e pure incazzate di sicuro lo sono anche le lesbiche ogni volta che si trovano a dover spiegare che no, Arcilesbica non è come l’Arcigay, ma un microscopico gruppo pressoché irrilevante che in pratica ha occupato quel nome come uno squat e su quel nome ci campa. Stanche le persone trans che pur essendo – dati alla mano – le persone più a rischio di discriminazione vengono trattate nel dibattito come una questione accessoria. È stanco chi si sente dire che se due persone dello stesso sesso si possono sposare è grazie all’impegno di qualcuno, come se in Italia avessimo davvero il matrimonio ugualitario, come se le coppie non etero potessero adottare un bambino, come se su quel versante fosse tutto a posto. Come se anche con tutta la buona volontà del mondo e con intenti più che nobili quello non sia stato comunque il risultato di un compromesso, il meno peggio, il meglio che niente.

Stanco è chi vorrebbe affrontare la questione senza lirismo e senza retorica appiccicosa ma si trova invischiato nella solita trasformazione della sostanza in metafora, nella tifoseria che non parla mai della cosa in sé ma sempre e solo di ciò che la cosa rappresenta. E anche stavolta come sempre finirà che non vinceremo perché abbiamo ragione, ma avremo ragione solo se avremo vinto. E se non sarà oggi comunque sarà domani e sono sarà domani sarà dopodomani, ma la porteremo a casa in qualche modo. E allora finalmente potremo riposarci un po’.