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Il Brasiliano, meglio virali che virili

Parole, pensieri, opere e missioni di Massimiliano Minnocci, noto al pubblico e alle autorità come il Brasiliano, mostro venuto dai social.

di Francesco Gerardi

Massimiliano Minnocci detto il Brasiliano sa che oggi la fama è alla portata di chiunque sia disposto ad autodistruggersi, sa che chi non può mettere in scena lo spettacolo del proprio talento può sempre offrire quello della propria umiliazione. Il Brasiliano lo sa che oggi non c’è nessuna differenza tra chi ride con te e chi ride di te: il contatore delle visualizzazioni non misura le emozioni di chi visualizza, la monetizzazione non tiene conto delle intenzioni del visualizzato, l’algoritmo premia i bisogni degli uni e degli altri senza troppo badare alle conseguenze di quella soddisfazione.

Questo il Brasiliano lo sa e lo sa meglio di tutti: la sua fama è cominciata con una foto in cui alcuni poliziotti lo aiutavano a superare un mezzo episodio psicotico – potenziato da sostanze varie ed eventuali, sia liquidi che polveri – con l’ausilio di manovre di contenimento e manette in acciaio. Durante una manifestazione organizzata da Casapound a Pietralata nel 2018 («questa è zona mia», come ripete sempre), anno in cui inizia questa storia, il Brasiliano aveva cominciato con un agente della Polizia di Stato un battibecco che per lui sarebbe poi terminato sul pavimento del vicino commissariato di Sant’Ippolito. Ammanettato, braccia dietro la schiena, disteso per terra con la testa poggiata su due risme di fogli A4 e la faccia coperta di sangue: nel rapporto della Polizia si legge che il Brasiliano ha provato a tenere fede all’intenzione espressa durante la manifestazione di Casapound a Pietralata – «me te mozzico», aveva detto a un agente, dando così il via alla reazione a catena che lo avrebbe portato alla fama – e che nell’atto aveva distrutto un computer procurandosi la sanguinolenta ferita alla testa che si vede nella fotografia. Viene accusato di resistenza a pubblico ufficiale, condannato a cinque mesi con pena sospesa ma soprattutto chiamato a spiegare l’accaduto da Giuseppe Cruciani alla Zanzara: il mostro è fatto, il Brasiliano passa da bandito a bandito-influencer, guadagna follower che gli chiedono come si chiama il suo taglio di capelli abituale e che modello di Air Jordan indossa nella foto dell’arresto, diventa il testimonial di rispettabilissime attività commerciali e promotore di demenziali routine d’allenamento. Quella foto, però, resterà l’unico rimpianto della sua vita: non l’ha scattata né diffusa lui, non ha potuto monetizzare.

Quasi sei anni dopo siamo all’ennesima replica dello show dell’umiliazione. L’algoritmo funziona sempre meglio e proprio per questo il Brasiliano è ormai uscito dai baracconi in cui si è inizialmente affermato come fenomeno – Instagram, TikTok, La Zanzara, i talk show di Rete 4 – per diventare fatto di cronaca, notizia di costume. Nelle ultime settimane si è parlato di lui per un “contenuto” girato con la “content creator” di OnlyFans Michelle Comi in cui lei fa sesso orale a lui e nel farlo scopre le dimensioni assai contenute del Brasiliano. Il video diventa ovviamente virale, sui social si coniano hashtag appositi per minimizzare lo sforzo della ricerca (#cazzetto), naturalmente Cruciani ci costruisce attorno un ennesimo segmento della Zanzara in cui il Brasiliano si dimostra ancora una volta perfettamente a suo agio con lo show dell’umiliazione. Accetta entusiasticamente l’hashtag che riassume le sue dimensioni e si dimostra disposto benissimo a scambiare la virilità con la viralità. «Sono un personaggio pubblico», spiega a un estasiato Cruciani e a un divertitissimo David Parenzo, dimostrando di intendere ormai la sua vita come un reality show multipiattaforma.

Alla beffa aggiunge pure il danno, il Brasiliano, come se la seconda fosse uno spin off della prima, comunque un altro contenuto buono per successive visualizzazioni e ulteriore monetizzazione: non solo le sue dimensioni sono quelle contenute nell’hashtag di cui sopra, ma nella misurazione bisogna considerare anche i centimetri tolti dalla cocaina assunta per superare la paura del palcoscenico, dal Cialis preso per non far perdere tempo a nessuno e da un videomaker travolto da irrefrenabili impulsi masturbatori nel mezzo delle riprese. Si diverte un mondo a rendere tanto più salace la barzelletta che è diventata la sua esistenza, si fa serio soltanto quando si parla di cachet: per il contributo all’attività di creazione contenuti di Michelle Comi ha preteso un corrispettivo di «trenta kappa», trentamila euro. Sarà vero? Anche se lo fosse, sarà difficilissimo trovare una fattura che lo dimostri.

Del bandito che fu resta soltanto un conflittuale rapporto con le scadenze fiscali, dell’ultras romanista solo un tentativo di scazzo con Zlatan Ibrahimovic nella tribuna d’onore di San Siro (d’altronde, la narrativa del carcere prevede che, per farti rispettare, il primo giorno di detenzione devi fare a botte con il detenuto più grosso e cattivo che c’è) e il soprannome, Brasiliano, residuo di una vita che stando a lui avrebbe potuto essere da calciatore se solo la testa avesse seguito i piedi. Tutti i tatuaggi che erano parte fondamentale della sua estetica da fuorilegge moderno alla fine li ha coperti: la faccia di Hitler e quella di Mussolini, la scritta “Guardie infami” e la bandiera del Terzo Reich (sostituita da una della Norvegia). Gli hanno spiegato che l’algoritmo tende a limitare la diffusione di certi contenuti – swastika, croce celtica, razzismo, genocidio, pulizia etnica – e lui è corso subito ai ripari: sulle braccia le immagini potenzialmente compromettenti erano tali e tante che alla fine ha scelto un blackout tattoo per seppellire il passato da estremista politico. «Mi sono tatuato il peggio solo perché volevo che tutti mi attaccassero per poi picchiarli», ha detto. Adesso tutti i follower gli chiedono dove possono fare quei tatuaggi blackout, e quanto costano. Lui, il Brasiliano, ovviamente è lieto di fornire indicazioni verso gli studi di tatuatori che un simile testimonial possono permetterselo.

Da personaggi come Massimiliano Minnocci detto il Brasiliano viene sempre voglia di trarre una spiegazione che a loro non serve a niente ma che può aiutare noialtri, di estrarre dalla loro esistenza una morale che certamente non impareranno loro ma che forse torna utile a noi. Sarebbe facile dire che anche questa è una prova dell’avvento della società dello spettacolo prevista da Guy Debord nel 1967. Ma forse, visto il personaggio in questione, vale la pena prendersi meno sul serio è fermarsi alla zanzarizzazione della società: non è certo un caso che la frase prediletta – oltre che artificio retorico di rifugio – di Cruciani sia «ma che me ne frega a me», e non è certo un caso nemmeno che sia stata presa in prestito, adottata, introiettata anche dal Brasiliano. «Rinnego tutto, rinnego pure mio padre e mia madre», aveva detto una volta, in evidente stato di alterazione, spiegando cosa sarebbe stato disposto a fare pur di rimanere quello che è adesso. Quelle mani che un tempo gli servivano per picchiare tutti quelli che lo attaccavano perché lui si era tatuato il peggio, adesso le usa per disporre a raggiera le banconote da cinquanta euro in un video pubblicato a corredo di quello pornografico con Michelle Comi: i due vanno insieme a fare shopping e il Brasiliano mostra alla ragazza la carta da parati che ha scelto per la cabina armadio del suo appartamento romano in corso di ristrutturazione. È marrone, con il logo di Louis Vuitton dorato.

E che ne è del bandito, del fuorilegge, della street credibility? «Rinnego tutto» ma anche niente, perché tanto nella società zanzarizzata che ce ne frega a noi di qualsiasi cosa, ogni finale è interessante solo se è premessa di un altro inizio, ogni parola si diffonde nel vuoto pneumatico dell’assenza di conseguenze (e quindi di senso). E quindi sì, il Brasiliano rinnega tutto ma anche niente, inneggia a Hitler e Mussolini, fa apologia di razzismo, invita al genocidio e alla pulizia etnica, difende la mafia come qualifica professionale, fa le recensioni delle carceri in cui è stato assegnando voti più alti in base alla facilità con la quale si riusciva a far entrare nella struttura oggetti che non ci potrebbero entrare («Ma già sto carcerato, ma mi vuoi fa’ gioca’ alla Playstation o no?!», sbotta mentre spiega la superiorità del carcere di Rieti rispetto a quello di Cassino). Il Brasiliano chiede la pena di morte per lo youtuber dei Borderline che ha investito e ucciso un bambino nel mezzo di una challenge a tema automobilistico ma poi si fa fermare dalla Polizia per guida in stato di ebrezza. Il Brasiliano racconta di aver preso cocaina per fare un video da mettere su OnlyFans ma poi va a Cracovia per convincere Andrea Diprè a disintossicarsi, non ci riesce, torna a Roma, gli telefona solo per dargli del «drogato». Durante una puntata di Dritto e rovescio su Rete 4 dice a Vauro Senesi che «puzza di vecchio», poi i due fanno pace, diventano amici, Vauro fa da mentore al Brasiliano che rende tutte le attività di beneficenza che fanno assieme disponibili sui suoi canali social. Se la prende con la femminilizzazione della società – lui non usa questa parola – ma è ossessionato dalla chirurgia plastica, dalla ricostruzione del setto nasale e dai filler alle labbra.

Su Amazon si trova l’autobiografia del Brasiliano che sembra pure la sua parodia: “Io sono Massimiliano Minnocci”. Su Spotify ci sono tutti i pezzi trap che gli sono valsi un contratto con Warner, inizio di una carriera musicale che però per il momento sembra impalata al successo di “Volevo te”, in cui è stato presentato anche il re oscuro del regno del Brasiliano, Sandrino il colombiano («Apri ‘ste cazzo de orecchie, Sandri’»), stylist, manager, consulente, accompagnatore. Proprio Sandrino sarà l’uomo al quale il Brasiliano affiderà la rivelazione del successo finalmente conquistato, del riscatto finalmente raggiunto. È per l’ennesima volta ospite della Zanzara, a cazzeggiare con lui in studio c’è Andrea Ruggieri, ex parlamentare di Forza Italia, ex vicedirettore del Riformista, ma soprattutto nipote di Bruno Vespa. Il Brasiliano ovviamente non ha idea del lignaggio dell’uomo che ha davanti, poi glielo dicono, il suo volto si illumina: «Pensa il Brasiliano ‘ndo cazzo è arrivato. Prima stavo a sede’ cor Bruschetta, mo’ col nipote di Bruno Vespa. Ma tu te rendi conto. […] Come cambia la vita, amico mi’. A’ Colombia’, ciamo capito tutto, fratelli’».