Stili di vita | Tendenze

Il bagno nell’acqua gelida è uno stile di vita

Da tradizione secolare di Paesi del nord Europa, il bagno nelle acque gelate sta diventando una moda sempre più apprezzata anche in città come Londra e New York.

di Davide Banis

I primi 10 secondi sono di puro shock. Poi subentra un mezzo minuto di agonia. Infine, 2-3 minuti di beatitudine. Dopodiché è venuto il momento di uscire dall’acqua, e in fretta, altrimenti si rischia l’ipotermia. È l’euforica routine di chi fa regolarmente bagni nell’acqua fredda, o meglio ancora gelata, una moda che negli ultimi anni si è diffusa un po’ in tutto il mondo. «Ci siamo alienati dalla natura. Ma il freddo è in grado di riconnetterci a ciò che abbiamo perso», dice Wim Hof, il guru olandese dei bagni ghiacciati, profeta del freddo come panacea contro il logorio della vita moderna e dei malanni in generale. Dal rafforzamento del sistema immunitario alla diminuzione dell’ansia passando per l’aumento di creatività e concentrazione, tanti e vari sono i benefici che, secondo alcuni studi, sarebbero addotti da frequenti abluzioni in acque gelate. La scienza a riguardo è ancora in fase di consolidamento ma i risultati iniziali sono promettenti.

Il mio primo bagno freddo risale al novembre 2018 quando mi buttai in un fiume delle Ardenne come rimedio contro un hangover micidiale. Da allora, i miei mesi invernali sono contrassegnati da tuffi in acque fredde. Per me è un modo semplice, efficace ed economico per tenere a bada ansia e paranoie assortite. Inoltre, gettarsi in acque fredde dà una sorprendente quanto piacevole dipendenza. Per cominciare ad apprezzare la cultura dei bagni gelati, un buon posto da cui partire è il centro di Copenaghen. Alla vostra destra si erge il palazzo dell’Onu, una sorta di asterisco avveniristico progettato dallo studio d’architettura danese 3XN ed inaugurato nel 2013. Dietro di voi, due silos industriali ospitano vari uffici ed anche l’ambasciata tedesca. Tutt’intorno, palazzi residenziali nuovi di pacca dalle finestre enormi. La tanto famosa quanto deludente Sirenetta è a un paio di chilometri di distanza. Benvenuti a Nordhavn, quartiere portuale della capitale danese, una zona in rapida espansione urbanistica fatta di soluzioni architettoniche audaci e una marcata attenzione alla sostenibilità ambientale.

Nordhavn, ed in particolar modo la banchina di Sandkaj –attrezzata con pedane di legno, docce e corsie da piscina – è anche uno dei migliori posti dove fare il bagno a Copenaghen. D’estate, è presa d’assalto da torme di adolescenti urlanti ma anche d’inverno è normale scorgere manipoli di danesi che si addentrano nelle acque blu ghiaccio dell’Øresund, lo stretto che separa Danimarca e Svezia. Al netto di qualche medusa di troppo specie nei mesi autunnali, l’acqua di Nordhavn è spettacolare, quasi cristallina. In Danimarca, fare il bagno d’inverno è una tradizione secolare. Nel Paese ci sono decine di club dedicati a questo hobby un po’ vichingo. Fare parte di un club garantisce di solito l’accesso a una sauna adiacente ma le liste d’attesa per diventare membri sono spesso pluriennali. Ci sono danesi che d’inverno fanno il bagno tutti i giorni. Finn Stepputat, per esempio, lavora come ricercatore all’Istituto Danese per gli Studi Internazionali, un’organizzazione la cui sede si trova nelle vicinanze della banchina di Sandkaj. In pausa pranzo, non si fa mai mancare un tuffo rigenerante. «Fare il bagno d’inverno mi dà una botta fantastica. Dà quasi dipendenza. E poi dicono sia pure salutare, ma quello per me è un benefit aggiuntivo», mi dice sorridendo, appena riemerso dalle acque, sorta di Sirenetta vichinga.

Già che siete da quelle parti potete attraversare il ponte sull’Øresund, che collega Danimarca e Svezia. Attraversato il ponte, reso famoso dalla serie tv crime The Bridge, si arriva a Malmö, cittadina svedese dove si trovano, tra le altre cose, il secondo edificio più alto della Scandinavia (il neo-futurista Turning Torso di Santiago Calatrava, immortalato anche nella sigla d’apertura di The Bridge), il Museo del Cibo Disgustoso (tra le delicatessen esibite: squalo islandese fermentato, vino di riso infuso in topini ciechi e il nostrano casu marzu) e, a mio insindacabile giudizio, la sauna più bella del mondo: la Ribersborgs Kallbadhus. Fondata nel 1898, la Ribersborgs Kallbadhus sembra tirata fuori da un film di Wes Anderson. Una lunga pedana conduce ad un edificio in legno verde pastello che si staglia sull’ Øresund. All’interno si trova un bar molto “mysig”, la parola svedese che, come il più celebre termine danese “hygge”, denota un contesto comodo e accogliente, improntato ad una confortante socialità. Superato il bar si arriva all’area saune vera e propria, divisa in una zona maschile e una femminile, connesse da una sauna aromatizzata unisex. Qui, come quasi ovunque nei Paesi nord-europei, si fa la sauna rigorosamente nudi, seduti sulla propria salvietta.

Dopo essersi arrostiti per bene, è venuto il momento di tuffarsi in mare. L’accoppiata caldo-freddo sprigiona una vampata di euforia. Usciti dall’acqua, ci si sente al contempo galvanizzati e rilassati, una sensazione di benessere stupefacente, nel senso che sembra di essersi fatti di qualcosa. Il tuo cervello è immerso in un bagno di adrenalina ed endorfine e proprio non puoi capacitarti di quanto sia bello starsene nudi su una banchina sferzata dal gelido vento svedese di gennaio. L’atmosfera della Ribersborgs Kallbadhus è conviviale, i prezzi popolari. Gli avventori sono soprattutto svedesi (in particolari over 65 che, presumibilmente grazie ai continui bagni freddi e saune, sembrano under 50) ma non mancano expat e qualche turista occasionale. Ma i bagni gelati non sono popolari solo nei Paesi di tradizione vichinga. Pian piano, la moda di tuffarsi in acque fredde sta emergendo anche in metropoli come Londra e New York.

Nella capitale inglese, per esempio, vicino al piccolo aeroporto di London City (LCY) si trovano i Royal Docks, zona un tempo portuale, adesso quartiere di uffici e appartamenti sempre più costosi che si affacciano su un bacino interno del Tamigi. Una spettacolare cabinovia collega i Royal Docks alla penisola di Greenwich. Sullo sfondo, si staglia l’enorme cupola dell’O2 Arena, uno degli edifici più grandi al mondo, sede di concerti ed eventi sportivi. In questo contesto urbanisticamente molto scenografico ha sede anche una sezione di Love Open Water, un club inglese di nuoto all’aperto. Fatta l’iscrizione e ottenuto un braccialetto che monitora il battito cardiaco, si può provare l’ebbrezza di fare il bagno nel centro di Londra, accompagnati dal rombo degli aerei che atterrano poco più in là. La prima volta che feci il bagno ai Royal Docks era inizio novembre ed ero un po’ titubante. Il tipico clima dell’autunno londinese, caratterizzato da simpatiche folate di pioggia orizzontali, non invogliava certo a immergersi in un’acqua grigio acciaio di cui non si intravedeva il fondo. Mentre ponderavo sul da farsi, un’aitante signora sui settantanni mi superò entrando allegramente in acqua, manco si trattasse di una jacuzzi. Non potendo essere da meno, la seguii a ruota.

A proposito di jacuzzi, le buone vecchie vasche idromassaggio non sono più di moda. I ricchi, e coloro che tali si spacciano su Instagram, preferiscono adesso vasche adibite ad immersioni gelate. Ce ne sono di tutti i tipi, con modelli che arrivano a costare anche più di diecimila euro. Ma come sottolinea Wim Hof nel suo libro Il metodo del ghiaccio, una delle caratteristiche dell’esposizione al freddo come metodo per il miglioramento personale è che è sostanzialmente gratuito. Non c’è bisogno di vasche ipertecnologiche e nemmeno di uno specchio d’acqua sufficientemente freddo in cui immergersi. Per cominciare, basta semplicemente finire una doccia calda con un paio di minuti (d’orologio) di acqua gelida. Dopo un paio di settimane, quella che è inizialmente una sensazione di shock e fastidio diventa un’adrenalinica routine di cui è difficile fare a meno.