Cosa abbiamo letto ad aprile in redazione.
Il giornalista della Bbc che segue i media russi guarda pure Giletti
Nella bio Twitter del giornalista della Bbc Francis Scarr si legge che il suo mestiere consiste in «guardare la tv di Stato russa, così voi potete evitarvelo». Scarr è la persona grazie alla quale, per esempio, sappiamo che i telespettatori russi assistono ogni giorno a simulazioni di attacchi nucleari ai danni del Regno Unito e a “reportage” da Mariupol in cui giornalisti russi raccontano le eroiche gesta dell’esercito della Federazione, impegnato in furiose battaglie contro misteriose organizzazioni di gay e lesbiche finanziate (ovviamente) dagli Stati Uniti d’America per fare non si capisce bene cosa. In questi giorni, però, abbiamo scoperto che Scarr segue anche la tv italiana. In particolare La7. Ancora più in particolare, Non è l’Arena, il talk show politico condotto da Massimo Giletti, in onda tutte le domeniche in prima serata.
È da quando è iniziata la guerra che si discute della calorosa accoglienza che i propagandisti russi hanno ricevuto in moltissime trasmissioni televisive italiane. Qualche settimana fa, proprio a Non è l’Arena, Massimo Giletti chiese a uno dei russi putiniani suoi ospiti se gli fossero mai arrivati inviti da altre tv europee. «Inglesi, spagnole», disse il conduttore a titolo di esempio. «No, mi chiamano solo dall’Italia» fu la risposta. Nell’ultima puntata della sua trasmissione, però, Giletti ha voluto dimostrare che non sono solo gli italiani a essere accoglienti con i russi: pure i russi sanno esserlo con gli italiani. «Una città molto occidentale, in cui si percepisce il rispetto per l’Occidente», questa la frase con cui Giletti ha aperto l’episodio di domenica di Non è l’Arena, collegato da un terrazza con vista sul Cremlino, uno spettacolo che non poteva non attirare l’attenzione di un osservatore dei media russi come Scarr. Ospiti di Giletti: Massimo Cacciari, Myrta Merlino, Alessandro Sallusti, Emanuele Fiano, Maria Zacharova (portavoce del Ministero degli Esteri russo) e Vladimir Solov’ëv (conduttore, pure lui, di un popolare talk show domenicale su Rossija 1).
La cosa che più ha attratto l’attenzione di Scarr è stata, ovviamente, la teatrale uscita di scena di Sallusti. «Immaginavo che tu facessi qualcosa, intervistando Putin o un ministro, un qualcosa per cui noi dovevamo andare fieri della nostra libertà di informazione, e invece mi ritrovo qui, in un asservimento totale alla peggiore propaganda che possa esserci», ha detto il direttore di Libero, prima di definire il Cremlino un «palazzo di merda» e Solov’ëv «un coglione», per poi abbandonare il collegamento, indignato anche dal modo in cui Giletti aveva condotto l’intervista a Zacharova (in più occasioni la portavoce di Lavrov aveva risposto a Giletti definendolo, lui e tutto l’Occidente, infantile e disinformato). Una reazione che Scarr ha riassunto con una frase piuttosto efficace: «Fellow Italian journalist Alessandro Sallusti wasn’t impressed».

La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.