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Dopo il flop di Megalopolis, Francis Ford Coppola è così indebitato che ha dovuto mettere in vendita la sua isola caraibica privata Dopo un orologio da un milione di dollari, Coppola è stato costretto a rinunciare anche all'isola caraibica di Coral Caye, suo ritiro estivo.
Si è scoperto che il Fedora Man, l’elegantissimo uomo fotografato il giorno della rapina al Louvre, è un 15enne che si veste sempre elegantissimo Non un giornalista né un detective né un cosplayer né un buontempone: Elias Garzon Delvaux è solo un ragazzo a cui piace vestire elegante e visitare musei.
Lo scandalo che ha portato alle dimissioni dei capi della Bbc ricorda molto la trama di The Newsroom 2 di Aaron Sorkin Il video manipolato di un discorso di Donald Trump ha portato alle dimissioni del direttore generale Tim Davie e della Head of News Deborah Turness.
Alla COP30 non ci saranno i leader di Stati Uniti, Cina e India, cioè dei tre Paesi che inquinano di più al mondo Alla Conferenza sul clima di Belém, in Brasile non ci saranno né Trump né Xi né Modi: la loro assenza, ovviamente, è un messaggio politico.
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.

1917 è come un videogioco ma è bello proprio per questo

L'opera di Sam Mendes è un oggetto misterioso, un film di guerra senza onanismi sull’atrocità della guerra, con una grossa dose di adrenalina.

18 Febbraio 2020

Dev’essere andata più o meno così. Un bel giorno, Sam Mendes ha convocato il suo staff per comunicare che si cominciava un nuovo film. Su cosa, gli avranno verosimilmente chiesto loro. Lui: non su quello che vorrebbe l’Academy. Quindi niente transizioni sessuali tribolate? No. Niente forme inedite di discriminazione razziale? No. Nessuna denuncia di subdole appropriazioni culturali? Neanche. Ma un po’ di class revenge? Negativo, ci ha già pensato un coreano. Ma insomma Sam, di cosa diavolo parla ‘sto film? Di Fidippide, deve aver risposto Mendes, se sapete chi è. Solo, sulla Somme. E mentre lo staff googlava “Fidippide” (e probabilmente anche “Somme”), Mendes scendeva nel dettaglio. Sarà un film di guerra, ma senza onanismi sull’atrocità della medesima. Senza niente, per la verità, un film e basta – cioè 1917, l’oggetto abbastanza misterioso poi arrivato in sala, e che si appresta a uscirne senza aver lasciato cicatrici troppo visibili su quanto resta dell’immaginario collettivo.

Non era, del resto, l’intenzione profonda di Mendes – che peraltro non si capisce subito quale fosse. In sostanza, il film è un lungo piano sequenza su una corsa campestre in condizioni estreme – nel senso che il protagonista la affronta in divisa, e al di là del filo immaginario, anziché contadini col fazzoletto annodato in testa, ci sono Krauti sparatutto, anche piuttosto pericolosi. Con una certa scaltrezza pubblicitaria Mendes, in fase di lancio, ha molto insistito sul lato virtuosistico del progetto, che in effetti ha strappato vari spettatori alla poltrona di casa. E ha ottenuto due risultati di un certo rilievo. Il primo è stato collocare subito il film nella nobile tradizione che da Rope arriva a Victoria (anche se, dal punto di vista del corredo genetico, 1917 ricorda soprattutto Lola Corre); il secondo, non promettere nulla al di là di quanto era sicuro di poter garantire, cioè una robusta dose di adrenalina.

Robusta o modica dipende dai gusti, ma una certa dose di adrenalina nel film c’è. Secondo la critica con la C maiuscola, che sul film ha infierito, si tratta delle stesse scariche garantite dai videogame, cui il film si ispirerebbe. Fossi Mendes, lo prenderei come un complimento: a rubare qualcosa alla quinta dimensione del digitale il cinema prova dai tempi di Un sogno lungo un giorno, ma finora si era trattato di borseggi piuttosto goffi. A parte questo, l’accostamento ha un senso solo su un piano strutturale: il film si appoggerà anche sulla metrica della consolle, ma in realtà la usa per raggiungere un luogo altrimenti assai impervio. Quale, lo si intuisce abbastanza per tempo, quando cioè i due protagonisti, durante una pausa fra le rovine di una casa colonica, si vedono piombare addosso un Fokker. A memoria, l’ultimo scontro del genere fra un aereo e un essere umano si era visto in Intrigo internazionale: cioè in un film geometrico e freddo almeno quanto questo, e che come questo tentava di raccontare, attraverso un plot ad altissimo grado di improbabilità, i meccanismi del sogno.

Sì, nel bene e nel male Mendes è come se dicesse, ho sognato una guerra, ma non era veramente una guerra: eccetera eccetera. Una premessa minacciosa nella vita quotidiana, ma che al cinema può anche funzionare. E stavolta di fatto funziona, nonostante – o grazie a – alcune azioni di disturbo piuttosto geniali. Facendosi largo fra le centinaia di comparse che impersonano la truppa, in sei o sette circostanze il protagonista si ritrova a dover conferire con ufficiali, che in tutti i sei o sette casi sono invece star conclamate – per cui lo spettatore dà inevitabilmente di gomito al vicino: «Oh guarda, Colin Firth; ma pensa, Mark Strong; accidenti, Cumberbatch». E così via. Poi sul finale, proprio mentre uno comincia a credere che dopotutto quella guerra è veramente una guerra, e forse addirittura la Prima, arriva il colpo di scena, squisitamente visivo. Al termine di una lunga e movimentata notte, infatti, il nostro Fidippide è approdato alla prima linea, quindi tutti crediamo di sapere cosa aspettarci, dal fonte delle Fiandre: pioggia, fango, gelo, tronchi anneriti, cadaveri. Manco per niente: l’ultima tappa della corsa ha per teatro una trincea immacolata, scavata in una magnifica, quanto incongrua, distesa di sabbia bianca: sotto un cielo di smalto. Da qualche parte, in quella scena, c’è quello che Mendes voleva dire, o almeno il posto dove voleva portare, insieme a Fidippide, anche noi. E dove indubbiamente è riuscito a portarci.

Il resto è noto. Avendo nelle edizioni precedenti premiato ogni trattazione esistente di ogni possibile disagio psicofisico, l’Academy si è rivolta all’ultimo disponibile su piazza, quello degli infelici di lingua madre non inglese – peraltro, premiando un film per tre quarti molto bello. La decisione ha suscitato un prevedibile cancan sul tramonto dell’Impero americano, con commenti piuttosto sgangherati già in loco, e apertamente comici nel loro riverbero italiano. Ma intanto, intascato qualche contentino minore, 1917 è rimasto dove il suo autore probabilmente voleva – sotto lo schermo dei radar. È a quella quota che volano i film in cui il cinema riflette su sé stesso: e non è detto che da quella quota, magari molto tempo dopo la loro uscita, non scendano all’improvviso verso di noi.

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