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L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.
C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.
I massoni hanno fatto causa alla polizia inglese per una regola che impone ai poliziotti di rivelare se sono massoni Il nuovo regolamento impone agli agenti di rivelare legami con organizzazioni gerarchiche, in nome della trasparenza e dell’imparzialità.
Il primo grande tour annunciato per il 2026 è quello di Peppa Pig, al quale parteciperà pure Baby Shark La maialina animata sarà in tour in Nord America con uno show musicale che celebra anche i dieci anni di Baby Shark.

Il cyber-teologo

Etica cristiana e web: intervista a Antonio Spadaro, direttore di "Civiltà Cattolica" e primo cyber-teologo italiano (di successo, peraltro).

15 Ottobre 2012

Accanto ad una pila dei fascicoli giallini della Civiltà Cattolica, la rivista che dirige, la più antica d’Italia, padre Antonio Spadaro tiene sempre a portata di mano la sua scrittrice preferita, Flannery O’Connor, e una pallina da tennis gialla. A soli 45 anni – ma lui non ci sta e definisce «inquietante» che in Italia alla sua età si venga considerati giovani – questo gesuita di Messina non è soltanto direttore della rivista culturale più antica d’Italia e che di anni ne ha 162, ma anche consultore del Pontificio Consiglio della Cultura e di quello delle Comunicazioni sociali. Eppure, viene definito “cyberteologo”, con un neologismo che indica una riflessione che muove da Internet per arrivare alla fede, e ritorno.

Ma cos’è esattamente questa “cyberteologia” di cui parla il suo ultimo libro?

La mia riflessione parte dal fatto che oggi la rete ha un impatto sul nostro modo di pensare, di conoscere il mondo e di creare le relazioni con le persone. Mi sono chiesto: se la rete cambia il modo di pensare delle persone, non cambierà anche il modo di pensare la fede? E come cambia la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca? Non si tratta, insomma, di usare la rete come uno strumento di evangelizzazione, piuttosto di aiutare l’uomo a comprendere il significato della rete, la sua vocazione. In questo senso, la cyberteologia è un invito a porsi la questione di come la Chiesa possa aiutare Internet ad essere meglio se stessa.

Fino a proporre un’etica della rete?

Il primo approccio non può essere di tipo etico, dobbiamo prima capire di cosa stiamo parlando. Sarebbe errato parlare di un’etica della rete, come se fosse un oggetto. Diciamo, meglio, che viviamo nel tempo della rete che oggi costituisce una parte rilevante dell’ambiente in cui l’uomo si trova a vivere.

Una dimensione fatta solo di opportunità o anche di rischi?

È innegabile che l’uomo sia più sfidato di prima. Ad esempio sul principio di autorità si rischia di fare confusione, di debellare addirittura la dimensione paterna stessa. Oggi tendiamo, piuttosto, a fidarci del link più popolare o condiviso o della ricerca su Google che ti restituisce la voce più cliccata. Un altro rischio che corriamo in rete riguarda la dimensione del dono. Su Internet sembra tutto o quasi gratuito, condiviso, ma è un tipo di donazione che somiglia a quella del sangue. Una generosità importante, che tuttavia può portare, se male intesa, allo scardinamento del dono dalla relazione che lo definisce; a un suo depotenziamento.

Quanto è connesso quotidianamente un cyberteologo?

24 ore su 24. Lavoro in ambiente Apple, iMac, un MacBook Air da 11 pollici, iPad…

Telefono?

Un Galaxy Note. Confesso, mi è stato regalato. Non avevo mai usato Android, mi incuriosiva. Uso però anche un iPhone.

Con il suo arrivo alla direzione, cambierà anche la presenza della Civiltà Cattolica in rete?

Ci stiamo pensando. Già esistono un account Twitter e una pagina Facebook, ma vogliamo rivedere un po’ il sito. Stiamo studiando anche un’edizione per il tablet. Una volta la rivista era il suo supporto, coincideva con la carta: ora è il concetto stesso di rivista ad evolvere. Anni fa era un oggetto, oggi è un sistema.

La sua formazione è anche letteraria…

Mi sono laureato in filosofia, con una tesi su S. Ignazio. Specializzato poi sui temi della comunicazione, lavorando su Breve film sull’amore del regista polacco Krzysztof Kieslowski, infine ho preso un dottorato in teologia sulle attese di salvezza nel “postmoderno italiano” di Pier Vittorio Tondelli. Un percorso misto che mi ha portato nella redazione di Civiltà Cattolica proprio a partire dalla letteratura, a lungo il baricentro dei miei interessi. A metà degli anni ’90 nascevano le prime riviste online, ne fondai una nel ’98, bombacarta.com, anche oggi molto attiva. Devo dire che proprio la letteratura mi ha fornito le categorie per la comprensione della rete.

I quotidiani del mattino li legge ancora su carta?

Alcuni su carta, altri su tablet. L’Osservatore romano e Avvenire, ad esempio, li leggo su iPad. Seguo costantemente alcuni blog. Anch’io ne ho uno, cyberteologia.it, che ho appena messo su Google Current. Uso spesso anche il Kindle, quello americano con la tastiera. Mi piace molto che le sottolineature che si fanno possono essere condivise.

Non c’è il pericolo…

…che si prenda la rete per un insieme di gadget? Sì, c’è bisogno di una maturazione. Il web 2.0 è una rete sì, ma di relazioni; un ambiente in cui ognuno di noi è se stesso.

Ma come? E i fake, gli avatar ingannevoli?

Una volta si utilizzava molto di più l’anonimato, ora si tende di più a presentarsi per ciò che si è. Il punto semmai è la fiducia, l’affidabilità. Stiamo imparando a crearci dei sistemi per capire di chi possiamo fidarci in rete. Come faccio a sapere se quel tweet da piazza Tahrir è affidabile o meno? Ho la possibilità di accedere ad altre fonti che mi danno la misura della autenticità di chi ha inviato quel tweet. Si sta sviluppando il concetto di “content curation”…

E questo inciderà sulla creatività in rete?

Certo, una volta essere creativi significava produrre materiale originale. Oggi è creativo anche chi pubblica. In un certo senso tutti possono essere direttori, anzi ognuno di noi è una testata che deve garantire la affidabilità dei materiali che mette in rete. Ed è un gesto autorale, sei tu a dare autorevolezza a ciò che trovi e rilanci.

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