SupermanI Fantastici 4, il film dell’estate è Una pallottola spuntata

Molto probabilmente è uno dei film più cretini usciti negli ultimi anni, ma è anche uno dei più riusciti, divertenti, sorprendenti, imbarazzanti e consapevoli.

31 Luglio 2025

Quando negli Stati Uniti le cose vanno bene, gli americani fanno e guardano thriller. Quando vanno male, fanno e guardano commedie. È una ricorrenza, questa, che si ripete nella storia del Paese dalla Grande Depressione e dal New Deal, madre e padre della commedia americana. Questa tendenza alla “rappresentazione della felicità”, come è stata definita, si manifesta a ogni crisi, nazionale o internazionale – essendo gli americani, appunto, americani, soprattutto durante le crisi nazionali – con un’intensità proporzionale alla crisi: tanto più grave è quest’ultima, tanto più cretine saranno le commedie che gli americani fanno e guardano. Su poche cose questi anni terribili ci permettono di essere tutti d’accordo, ma una di queste è certamente che gli Stati Uniti vivono uno dei momenti peggiori della loro storia (al tema noi abbiamo dedicato anche un numero di Rivista Studio).

La commedia americana, però, nel frattempo è morta, come spiegano anni e anni di botteghini disastrosi e ormai un certo qual numero di articoli giornalistici, saggi accademici, libri divulgativi. Nessuno sa più fare comedy e soprattutto nessuno vuole più farla: chi gliela fa fare, ai pagliacci, ai giullari, ai cretini, di correre il rischio di essere cancellati per una battuta che non sarà capita (o capita troppo bene, come successo al povero Stephen Colbert)? E poi gli americani si sono scelti altre forme di escapismo, ormai: supereroi, adattamenti di videogiochi, film su bambole che credono di essere donne vere. E comunque, anche se ci fossero ancora i “commediografi”, anche se esistesse ancora un pubblico con il senso dell’umorismo, fare una commedia americana oggi sarebbe in ogni caso un’impresa impossibile: i tempi sono talmente drammatici che nessuno, nessuno sano di mente, almeno, può pensare di fare un film che sia proporzionalmente cretino. Ancora una volta, però, gli americani ci sorprendono e smentiscono: non veniteci a dire come e quanto e quando e perché possiamo essere cretini. Questo è un tetto di cristallo che manderemo in frantumi ogni volta, c’è più cretinaggine nella testa di un singolo americano che ghiaccio al Polo Nord. Se non ci credete, andate al cinema a vedere Una pallottola spuntata.

Vieni avanti, cretino

Questo quarto capitolo della saga di Una pallottola spuntata è certamente il film più cretino del 2025. Molto probabilmente, è uno dei film più cretini usciti in questo quarto di secolo. Ed è anche uno dei film più riusciti, divertenti, sorprendenti, imbarazzanti e consapevoli usciti negli ultimi anni. Può sembrare strano, trattandosi dell’ennesimo sequel prodotto da un’industria che ormai da un pezzo ha smesso di aver idee nuove, buone o cattive che siano, ma questa Pallottola spuntata è anche un film estremamente contemporaneo, verrebbe quasi da dire internettiano. Se è vero, ed è vero, che il terrore di risultare cringe impedisce il tentativo, persino il desiderio, di essere divertenti (ed è questa una delle ragioni per cui negli Stati Uniti non si fanno più commedie, cringe killed the comedy star), Una pallottola spuntata maneggia la cringeness come nessun film contemporaneo era ancora riuscito a fare: la battuta crassa, l’umorismo basso, il deadpan humor, l’infinito catalogo dei cosiddetti dad joke, la commedia degli equivoci, dei doppi sensi, del surreale e del demenziale. Non ha una storia, Una pallottola spuntata, se ne ha una è semplicemente perché qualcosa deve pur esserci a giustificare le gag e le situazioni e le one liner. Non ha nemmeno una vera e propria sceneggiatura, questo film. Tant’è che tutto quello che c’è da sapere a riguardo sta in un profilo OnlyFans aperto per l’occasione: una serie di frasi sceme appiccicate a immagini buffe. Meme, appunto.

Non dovrebbe funzionare eppure funziona, ed è difficilissimo capire come e perché. Forse è semplicemente passato abbastanza tempo dall’ultima volta (un certo tipo di commedia, nel cinema popolare americano, in tempi recenti ha provato a farla solo Seth Rogen, con risultati alterni) perché tutto questo sembri diverso, una novità. Forse i tempi sono talmente gravi che di nulla si sente il bisogno come della totale assenza di riferimenti alla realtà e all’attualità (e quelli, tra l’altro, chi li vuole se li va a trovare nella stand up, dal vivo o in streaming, non certo al cinema): Una pallottola spuntata fa riferimento solo a se stesso, è davvero escapista, disimpegnato, cazzone, distrazione fuori dal tempo e dal mondo. Se funziona meglio di operazioni simili viste in tempi recenti – il sequel di Beverly Hills Cop, per esempio – è proprio per questo: non è una versione aggiornata di se stesso, è proprio la stessa cosa vista negli anni Ottanta e Novanta. E, quindi, una cosa completamente nuova nel 2025, che non ha nemmeno bisogno della nostalgia per funzionare. Anzi, da questo punto di vista il film è auto dissacrante, consapevole di quanto la saga sia invecchiata e per certi aspetti, tanti, sia invecchiata male (la scena “omaggio” al detective Nordberg di O.J. Simpson spiega tutto, da questo punto di vista). Consapevole, però, anche del fatto che, insomma, che ci vuoi fare, facciamoci una risata, che senso ha arrabbiarsi con le vecchie commedie per il loro vecchio umorismo.

Facci ridere, Liam Neeson

Forse è la regia di Akiva Schaffer, ormai quasi un vecchio arnese della commedia americana contemporanea, autore per il Saturday Night Live, collaboratore di lungo corso di Andy Samberg (ho scoperto che è sua la regia di “Jizz in My Pants”, singolo dei Lonely Island sul quale ho riso per buona parte della mia pubertà), uno che trova sinceramente divertente l’umorismo delle puzzette e dei rutti, dei giochi di parole e dei non sequitur, e si vede, si vede tutto, si vede benissimo in questo film. O forse il merito è di Liam Neeson, che da Una pallottola spuntata cava, con la forza miracolosa che viene dall’unione di talento e mestiere e consapevolezza di non avere più niente da dimostrare a nessuno, una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Fa il figlio del Frank Drebin di Leslie Nielsen, Neeson, cioè Frank Drebin Jr., ma in realtà interpreta se stesso, o meglio, interpreta se stesso che interpreta il personaggio che lo ha fatto diventare un meme, cioè Bryan Mills di Taken.

Se il meme “I will find you and I will kill you”, popolarmente conosciuto anche come il “Taken Meme”, fosse un film, sarebbe questo film. È delizioso, è spassoso vedere quanto Neeson si diverta con l’autoparodia, quanto bene, quanto naturale gli riesca la presa in giro dell’action hero di cui è stato un’incarnazione così eccellente e di cui, però, riesce intuitivamente a cogliere la ridicolaggine, come se avesse passato ore e ore a fare doomscrolling, a studiare tutti i meme e tutti i modi in cui un action hero può diventare zimbello, e avesse poi usato tutta questa conoscenza acquisita per superare addirittura il meme e il mematore. Si dice spesso e raramente è vero, ma questo film senza di lui vale meno della metà, perché il contrasto tra il suo contegno, la sua serietà, la sua paterna, boomeristica cringeness e la caciara in cui si trova immerso è il film.

Senza nulla togliere ai comprimari, ovviamente. Soprattutto alla co-protagonista del film, la Beth Davenport di Pamela Anderson, ormai così rivalutata da poter fare lei quello che per una vita hanno fatto gli altri per lei: prendersi per il culo. Ha fatto il film “serio”, The Last Showgirl, adesso ha fatto anche il film scemo, il rinascimento personale è completato, si aspetta un premio per suggellare il tutto. Un premio, in ogni caso, Anderson se lo meriterebbe, assieme a Neeson, ovviamente, in quanto protagonista di una delle più azzeccate campagne promozionali di questi anni. Neeson e Anderson stanno insieme?, si chiedono nelle ultime settimane i gossippari e i cinefili. Forse sì, forse no, sicuramente starebbero benissimo assieme, probabilmente ci stanno prendendo per il culo, magari stanno prendendo in giro tutte le finte coppie ingegnerizzate appositamente per scopi pubblicitari: Glen Powell e Sydney Sweeney per Tutti tranne te, per esempio; oppure Tom Cruise e Ana de Armas per, rispettivamente, l’ultimo Mission: Impossible e Ballerina. Oppure, infine, Timothée Chalamet e Kylie Jenner, per qualsiasi cosa facciano. A prescindere da verità e finzione, il desiderio che la relazione tra Neeson e Anderson sia una cosa vera (è dolcissimo il modo in cui ce lo si augura soprattutto per Neeson, che non ha mai avuto nessuna relazione, almeno nessuna di cui siamo a conoscenza, dalla morte della moglie Natasha Richardson, 16 anni fa) quantomeno indica la scarsezza delle celebrity couple contemporanee, veicoli promozionali ai quali nessuno crede più.

La coppia più bella del mondo

Il discorso sulla supposta, possibile, auspicabile relazione tra Neeson e Anderson serve a capire il patto che bisogna sottoscrivere prima di andare a vedere Una pallottola spuntata, il patto senza accettare il quale il film è solo un film cretino e non, come sottolinea praticamente tutta la critica, il film più importante uscito quest’estate, un piccolo miracolo che va contro ogni tendenza e affronta in mutande (quando vedrete il film, capirete) Superman e i Fantastici 4 assieme, vincendo pure, armato solo di una pallottola spuntata. In una spassosissima intervista che Neeson e Anderson hanno concesso, assieme, al Today Show, a un certo punto il conduttore Craig Melvin chiede, di punto in bianco, se stanno assieme, e Anderson risponde come se fosse il suo personaggio di Una pallottola spuntata («Non ho capito la domanda») e Neeson come se fosse Frank Drebin Jr., con un seriosissimo giro di parole che non significa un accidenti, terminato il quale l’imbarazzo è moltiplicato e il suo volto compito e compiaciuto rende fisicamente impossibile non scoppiare a ridere.

Al che Melvin, imperterrito, chiede ancora. E quindi?, sembra dire, me la date una risposta. E Neeson e Anderson, imperterriti pure loro, se ne stanno lì, evidentemente ancora in character, e nelle smorfie e nelle parole si capisce cosa dice il patto di cui si parlava prima: decidi tu, sembrano dire. Decidi tu se questa è una cosa seria e se vuoi prenderla sul serio. Oppure se, tanto per cambiare di questi tempi, vuoi accettare che certe cose sono delle cretinate e semplicemente farti una risata.

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