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Elon Musk si è dimezzato il valore di Twitter da solo

A poco meno di sei mesi dall’acquisizione di Twitter, Elon Musk può fare un primo bilancio della sua nuova vita da Chief Twit, come aveva scritto nella sua bio qualche tempo fa. Nel frattempo la bio su Twitter è cambiata un’altra volta, la dicitura Chief Twit è scomparsa e forse adesso abbiamo capito perché: perché dall’ottobre del 2022, mese in cui Musk è diventato ufficialmente proprietario e Ceo di Twitter, a oggi, il social ha perso più di metà del suo valore di mercato. A dirlo è stato lo stesso Musk in una comunicazione interna ai dipendenti, come racconta il New York Times: l’azienda che sei mesi fa l’uomo più ricco del mondo aveva valutato e pagato 44 miliardi di dollari – cifra che all’epoca era sembrata eccessiva a diversi esperti del settore tech – oggi ne vale circa venti. Quando la notizia è arrivata nelle redazioni dei giornali americani, tutti hanno ovviamente cercato di contattare l’ufficio stampa di Twitter per approfondire: i giornalisti di Afp hanno raccontato che tutte le mail che hanno scritto hanno ricevuto in risposta una mail generata da un bot il cui unico contenuto era l’emoji della cacca.

Nella comunicazione interna, Musk cerca di spiegare le ragioni di una così forte diminuzione dal valore dell’azienda. Il Ceo spiega che Twitter attraversava una grave crisi finanziaria da prima (molto prima, pare) che lui ne diventasse il proprietario, una crisi così profonda da far temere la bancarotta. «Twitter perdeva tre miliardi l’anno», ha detto: perdite di valore per un miliardo e mezzo l’anno alle quali si aggiungevano debiti per lo stesso ammontare. Secondo i calcoli di Musk, al momento della sua acquisizione della piattaforma, nelle casse di Twitter c’erano soldi a sufficienza per pagare le spese «per altri quattro mesi». Una situazione definita «estremamente complicata», che però lascia ancora spazio per un briciolo di ottimismo: Musk ha dichiarato che gli investitori, da quando al comando c’è lui, sono sempre più interessati a fare pubblicità sulla piattaforma e che se se nel futuro le cose dovessero andare come stanno andando nel secondo trimestre di questo anno «alla fine chiuderemo il bilancio in pareggio».

Al dimezzamento del valore dell’azienda si aggiunge anche il ridimensionamento della forza lavoro della stessa. Da quando è arrivato, infatti, in nome del taglio dei costi superflui e dell’efficientamento delle risorse, Musk ha licenziato quasi due terzi dei dipendenti di Twitter, passati da 7500 a meno di 2000. Va detto che in questo brutale taglio dei costi non ha fatto distinzioni: ha licenziato chiunque, pure la donna che aveva detto di dormire in un sacco a pelo in ufficio pur di venire incontro alle necessità dell’azienda. Spesso i suoi modi sono stati anche piuttosto spicci: all’inizio di marzo si era parlato molto di Halli Thorleifsson, un dipendente che non riusciva a farsi dire dalle Risorse umane di Twitter se fosse stato licenziato o meno e quindi, disperato, aveva chiesto direttamente a Musk, su Twitter. Dopo un breve scambio («Di cosa ti sei occupato», aveva chiesto il Ceo), Thorleifsson aveva ricevuto la conferma del suo licenziamento. Con tanto di spiegazione di Musk: «La verità è che questo tizio (piuttosto ricco di suo) non faceva nulla, come scusa portava una disabilità che gli impediva di usare la tastiera [Thorleifsson è affetto da distrofia muscolare, ndr] eppure allo stesso tempo trovava il modo di fare casino su Twitter. Non posso certo dire di rispettarlo». Tutto questo, secondo Musk, è necessario: Twitter, dice, può arrivare a valere 250 milardi di dollari, se azienda e dipendenti lo seguiranno. Almeno, quel che rimane, dell’una e degli altri.