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La scena trap è molto attiva anche in Giappone

L’ha raccontato Huck, grazie alla testimonianza di un ragazzo americano che ha passato un po’ di tempo a Kobe, lavorando come insegnante: anche in Giappone esiste una scena trap molto attiva. L’etichetta di riferimento è la Kitchen House, fondata dal rapper Kitchen K nel lontano 2008. Ma è in questi ultimi anni che Kitchen K si sta impegnando davvero per creare un brand di successo che possa finalmente esportare la trap giapponese a un pubblico globale: a questo scopo a marzo ha aperto uno store di abbigliamento chiamato Galaxies.

La diffusione della trap in Asia è avvenuta negli ultimi due anni, a partire dal fenomeno del rapper indonesiano Rich Brian, il cui singolo “Dat $tick” è stato nel 2016 disco d’oro degli Usa. Una caratteristica che differenzia la trap giapponese da quella europea e americana è il linguaggio pulito: «Le imprecazioni non sono per niente cool in Giappone», dicono i trapper, che per i loro testi attingono da alcune delle tematiche tradizionali dell’hip-hop – soldi e donne – facendo però attenzione a non diventare mai troppo espliciti. Un ottimo punto di partenza per cominciare ad esplorare la scena è “Ice” di Kitchen K (2017). Tra dolciumi, soldi e pupazzi, il video sembra una versione per bambini di “Caramelle” della Dark Polo Gang.