Cultura | Tv

I veri spoiler di Succession sono le opere d’arte

I quadri esposti negli appartamenti, nei locali e nei ristoranti dov'è ambientata la serie di Jesse Armstrong sono pieni di indizi sul destino della famiglia Roy.

di Germano D'Acquisto

Per molti è stato il miglior prodotto seriale della televisione degli ultimi anni. Una sorta di Re Lear in salsa contemporanea dove tutto è sempre apparso perfetto: dal plot alle interpretazioni dei protagonisti (scommettiamo che Jeremy Strong diventerà presto uno dei giganti di Hollywood?), dalla sceneggiatura alle location. Succession, giunta alla quarta e ultima stagione, è un capolavoro da far vedere agli alieni se mai dovessero scendere sulla terra e chiedere delucidazioni su cosa sono le serie tv. L’intera saga è sempre stata scandita da colpi di scena tanto spiazzanti quanto sconvolgenti. Eppure, fra le righe, o meglio fra i frame, molti di questi cambi di ritmo e di trama improvvisi sono stati puntualmente anticipati da un elemento che ha contraddistinto tutti e 39 gli episodi della serie: l’arte. Fin da quando, nel giugno di cinque anni fa, per le vie di New York fece capolino il manifesto promozionale della prima stagione. Un ritratto di famiglia su cui incombeva “La caccia alla tigre” di Rubens del 1617. Il quadro, che fa parte della collezione del Musée des Beaux-Arts di Rennes, contrappone l’uomo alla bestia in un confronto feroce. Ispirato a un capolavoro di Leonardo da Vinci andato distrutto, “La battaglia di Anghiari”, Rubens raffigura cacciatori e felini e li mette sullo stesso piano. Non esiste distinzione tra predatore e preda: entrambi sono assetati di sangue. La tela fa parte un ciclo di lavori che i francesi portarono via dal vecchio palazzo Schleissheim in Germania durante le campagne napoleoniche. Un conflitto durato dodici lunghi anni per ottenere il dominio del Vecchio Continente. Un conflitto che tanto assomiglia a quello scoppiato fra gli eredi dell’anziano capostipite per controllarne l’enorme impero mediatico.

Un imponente ghiacciaio sembra vigilare su tutto e tutti nella sala riunioni della Waystar RoyCo in uno dei primissimi episodi della serie. Si tratta del lavoro “Spegazzini #01″ (2012/2013) di Frank Thiel e rivela una gigantesca formazione di ghiaccio glaciale nella Patagonia argentina. La forza della natura è evidentissima, come lo è il pericolo che incombe. La foto appare durante un incontro fra Kendall, che sogna di essere incoronato erede dell’impero, e il padre che non lo incoronerà mai. Come un metronomo i dipinti scandiscono i vari capitoli della storia, delineano le personalità dei protagonisti. Nel quinto episodio della prima stagione, per esempio, un ritratto barocco realizzato da Peter Lely, oggi al Getty Museum, è la chiave d’accesso per comprendere perché Kendall decide di tramare contro il padre e perché Tom, fidanzato di Shiv, arruola il cugino Greg per distruggere alcuni documenti scottanti. In mezzo a questo tourbillon di pugnalate, imbrogli e tradimenti spunta proprio la tela dell’olandese Lely. L’opera raffigura una traditrice: Louise de Keroualle, spia di Luigi XIV di Francia, immortalata prima che diventasse l’amante prediletta di re Carlo II d’Inghilterra e duchessa di Portsmouth.

In Succession l’arte anticipa e amplifica ogni cosa. Il meccanismo, assai sofisticato, si ripete anche in occasione della seconda stagione, tenuta a battesimo da un altro ritratto su cui stavolta incombe come una scure il violentissimo dipinto Dante e Virgilio di William-Adolphe Bouguereau. Kendall, Shiv e tutti gli altri sono seduti attorno a un tavolo e si guardano in cagnesco. Mentre Logan sta in piedi a dominare la scena. La tela del pittore francese sovrasta le figure. Ambientata nell’ottavo girone dell’Inferno, quello riservato a falsari e fraudolenti, mostra Dante e Virgilio che osservano due dannati. Uno di loro, l’eretico Capocchio, è morso al collo da Gianni Schicchi, cavaliere accusato d’aver usurpato l’identità del defunto Buoso Donati il Vecchio falsificandone il testamento per reclamarne l’eredità. Anche qui il riferimento a Logan, la cui morte incombe sui figli per tutta la durata della serie, non è casuale.

I quadri accompagnano la famiglia ovunque, mettendo in luce il lato più oscuro degli attori di questo dramma contemporaneo. Tutto ciò che non si può dire, lo dicono le tele. Negli episodi andati in onda in queste settimane l’arte serve anche a tracciare un solco, a marcare le differenze fra i poli opposti rappresentati dalle due famiglie rivali. Se infatti alle pareti del lussuoso appartamento di Manhattan di Logan Roy campeggiano opere classiche di Honoré Daumier, Paul Gauguin e Pierre-Auguste Renoir, nella residenza californiana di Nan Pierce, matriarca che gestisce una società di media progressista, appaiono lavori più contemporanei come quello astratto del pittore statunitense Ronnie Landfield. Stili e ideologie diametralmente opposti.

L’arte fa da cartina di tornasole anche al leggendario terzo episodio della quarta stagione, Le nozze di Connor, andato in onda su Hbo il 9 aprile (in Italia disponibile su Sky e Now Tv) e accompagnato, o meglio, preceduto, da un grosso problema di spoiler. Gli sceneggiatori stavolta hanno scelto Andy Warhol e il suo ultimo autoritratto del 1986. Un’opera che di fatto anticipa il destino del patriarca. Il dipinto, cupissimo, appare quasi all’improvviso durante una cena di Connor Roy nel famoso ristorante di New York The Grill e resta sospeso sullo schermo per un tempo che pare infinito. Tutto dura circa un minuto, ma sembra un’eternità. Si vede il volto scavato del padre della Pop Art emergere dallo sfondo acrilico nero pece. Warhol aveva firmato l’opera un anno prima di morire a causa di una aritmia cardiaca. Nella serigrafia ha l’espressione malinconica e le labbra leggermente socchiuse, come se stesse per esalare l’ultimo respiro. Il presagio di morte è evidente e con il passare dei minuti assume contorni sempre più drammatrici. Ma l’ultimo atto deve ancora arrivare. E sarà anticipato, ovviamente, dall’ennesimo capolavoro.