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La strana storia dell’etichetta discografica di Starbucks

Fondata nel 1971, Starbucks è diventata famosa per i suoi gustosi beveroni a base di latte e caffé. Sul n° 30 di Studio, in occasione dell’annuncio dell’apertura del primo Starbucks in Italia, a Milano, avevamo parlato con il fondatore Howard Schultz, l’uomo che ha reso il colosso americano del caffè una potenza globale. Ormai tutti sanno cos’è Starbucks, insomma, ma in pochissimi conoscono le sperimentazioni della catena di caffetterie in campo musicale. L’ha raccontato Dazed. Già negli anni Novanta alcuni negozi vendevano dischi jazz, tra i quali quelli del sassofonista Kenny G, che investì nella compagnia e, pare, ispirò il famoso Frappuccino. Nel 1999 la catena comprò il rivenditore di musica Hear Music per meno di 10 milioni di dollari, e iniziò a impegnarsi in campo musicale.

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In alcuni negozi i clienti potevano crearsi da soli i propri cd, pescando da una lista di canzoni. Altri esperimenti inclusero produzioni esclusive: Alanis Morissette firmò un contratto che diede il diritto a Starbucks di vendere una versione acustica del suo Jagged Little Pill per sei settimane. Incoraggiata dai primi successi, il più notevole dei quali è stato un album di Ray Charles, nel 2007 la società annunciò la creazione di una vera e propria etichetta discografica, la Hear Music, seguita dalla notizia che Paul McCartney era uno dei musicisti pronti a collaborare. Joni Mitchell pubblicò con la Hear Music l’album Shine, allo stesso tempo un ritorno sulle scene e il canto del cigno. L’etichetta produsse anche Some People Have Real Problems, il primo album di Sia a entrare in classica. E poi la compilation dei Sonic Youth: un gruppo di star, tra cui Chloë Sevigny, Beck, i Radiohead e Gus Van Sant furono invitati a scegliere la loro canzone preferita del gruppo. Nonostante queste iniziative, però, il progetto andò così male, a livello economico, che già nel 2008 l’etichetta musicale fu costretta a chiudere i battenti.