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In quali Paesi è vietato diffondere i sondaggi sotto elezioni?

Si vota domenica e, come in molti sanno, in questi giorni non è possibile diffondere sondaggi politici. In Italia il blackout elettorale scatta a due settimane dalla data del voto: è così dal 2000, da quando fu introdotta la legge che vietava la diffusione di sondaggi a ridosso delle elezioni (la legge n. 28/2000, appunto). La novità è che quest’anno girano meno i sondaggi “travestiti” (come le “Voci dal Conclave” o le “Corse clandestine”) perché l’Agcom ha diffuso una nota dove avvertiva di riservarsi il diritto di agire contro chi aggirava le norme «facendo riferimento a gare o altre competizioni di fantasia». Alcuni criticano questa legge perché la considerano una violazione della libertà d’espressione: per esempio il giornalista Fabrizio Rondolino, che ha pubblicato su Facebook un sondaggio «a difesa della libertà di informazione degli elettori». Altri, come Claudio Velardi, vedono il blackout come una misura necessaria per evitare la diffusione di sondaggi strumentali: «Partiti e media hanno da vendervi un prodotto e cercano di convincervi dicendo (con la forza dei numeri dei sondaggi di cui sopra) che c’è tanta altra gente che si sta orientando a comprare quello giusto» ha scritto.

Ma quanto è comune proibire i sondaggi a ridosso delle elezioni? Non esistono dati certi e definitivi sul numero di Paesi al mondo che hanno un blackout dei sondaggi. Tuttavia esiste uno studio pubblicato nel 2012 dall’università di Hong Kong e condotto su 85 nazioni: i ricercatori cinesi hanno trovato che 38 (ovvero il 46 per cento del campione) imponevano qualche forma di censura sui sondaggi a ridosso del voto.

italia elezioni

Tuttavia, sempre secondo lo stesso studio, sono relativamente pochi i Paesi dove la legge impone un blackout dei sondaggi lungo come quello italiano: in Argentina, Grecia, Ucraina, e Corea del Sud, oltre appunto all’Italia, dura due settimane, mentre in Honduras è ancora più lungo. Altrove il blackout tende a essere molto più breve: in alcuni Paesi, come Romania e Cirpo, di una settimana; in altri, come Brasile e Messico, di due o tre giorni; e in altri ancora di un giorno appena. Al mondo, ovviamente, ci sono molti più di 85 Paesi (le Nazioni Unite ne riconoscono 193, senza contare entità dallo status conteso, come Taiwan o l’Autorità palestinese). Però, dato che si tratta di un campione vasto, è probabile che lo studio di Hong Kong abbia un valore rappresentativo.