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La nuova ossessione delle bambine per i prodotti di bellezza

Commesse disperate, proposte di vietare l’ingresso nei beauty store ai minori di 10 anni e preadolescenti fissate con la skincare: perché su Instagram e TikTok si sta parlando tanto di Sephora Kids.

di Angela Bubba

Fino a qualche tempo fa, io come la maggior parte dei Millennial in circolazione confrontavamo la nostra infanzia con l’infanzia della Generazione Z, non tanto per fare i boomer ma più perché eravamo increduli di fronte ai cambiamenti vissuti da chi veniva dopo di noi. Istintivamente abbiamo rivisto le nostre giornate, fatte di grida e rincorse all’aria aperta, di bambole e altri giocattoli plastificati, di biciclette e cassettine del Nintendo, le abbiamo ricordate e paragonate con le nuove abitudini dei nati nei primi anni 2000, fatte invece di smartphone, social network, visualizzazioni, selfie e via dicendo: un’immagine che potremmo definire superata, se contrapposta con quanto sta accadendo alla Generazione Alpha, in particolare ai cosiddetti “Sephora Kids”.

Parliamo soprattutto di bambine, in genere tra gli 8 e i 13 anni, appassionate, per non dire stregate dal mondo dei prodotti di bellezza, specialmente di skincare. Da qualche mese, in sostanza, le preadolescenti di questo pianeta stanno prendendo d’assalto alcune catene di store, Sephora in testa, che dal canto suo non è per nulla disturbata dal fenomeno ma anzi promuove la sponsorizzazione di marchi palesemente inadatti alle più giovani. Packaging accattivanti, colori fluo, reclame con caratteri naïf e dagli sfondi pastello: sono solo alcune delle caratteristiche di questa bizzarra operazione di marketing. Prendiamo per esempio la linea Drunk Elephant, di cui le Sephora Kids stanno letteralmente facendo incetta, e che è stata progettata per donne adulte, a partire dalla loro crema più celebre. Qui il bugiardino parla chiaro, descrivendola come capace di attenuare le rughe, citando le celebri di linee d’espressione e allegando foto di una signora sulla sessantina. Una faccenda che anche solo così fa ridere. Perché più che avvenimento pare un siparietto da stand-up comedy, uno sketch dove questa teoria delle vendite potrebbe passare per un azzardo, quando invece è un evento reale, meglio, è una contraddizione già traslata in moda, la stessa che dai luoghi fisici d’acquisto sta rimbalzando nella virtualità, in primis su Instagram e TikTok, dove negli ultimi mesi l’hashtag #sephorakids è diventato virale. Decine, centinaia di migliaia di post in cui gente che non ha ancora raggiunto la pubertà spiega come scrubbare il viso, come spalmare questo e quell’acido esfoliante, come stendere un unguento pieno zeppo di retinolo o un siero alla vitamina C.

Le Sephora Kids ci parlano sorridenti di texture, tonicità e rassodamento del derma. Potrebbero raccontarci del loro idolo musicale o di quanto stravedono per il compagno di classe, invece ci illustrano la loro beauty routine, ci mostrano le loro guance luccicanti e la loro fronte non più traslucida, il loro contorno occhi, il loro naso, il loro mento finalmente privo di fantomatici punti neri, e la meticolosità che ci mettono è tale che rischiano di risultare quasi convincenti. Quasi.

Ci sono comunque altre pedine sulla scacchiera, altri personaggi che partecipano a questa specie di gioco a metà tra l’avanguardia e il capriccio, tra la stramberia e il rischio. Parlo cioè della schiera di madri ed estetiste professioniste, nel ruolo di vere e proprio aiutanti di questa moltitudine di bambine: eccole lì, pronte a spacchettare con le loro protette i vari articoli, a spingerle per presentarli ai follower, a farle posare tenendo in mano una o più boccette, così come a porgergli il vero e proprio prodotto da applicare. Un trend niente affatto isolato, e che anzi somiglia più a una escalation, con saloni di bellezza che ora puntano massicciamente su questa clientela, arrivando a proporre trattamenti skincare già a partire dai 4 anni: sembra la sceneggiatura de La morte ti fa bella in pratica, ma alla rovescia. In quel classico degli anni ‘90, le protagoniste Madeline e Helen (interpretate rispettivamente da Meryl Streep e Goldie Hawn) trascorrono le giornate tra lozioni antinvecchiamento, cercano l’elisir di lunga vita e commettono follie pur di apparire fresche e floride come due ventenni. Un film esilarante dalla prima all’ultima scena, che tuttavia parla neanche troppo sotterraneamente di ansia d’apparire come di narcisismo, di vanità e di ossessione: temi che rapportati a donne già avanti con l’età assumono un certo valore, ma addosso a delle bambine che effetto fanno? Quando anche solo un millesimo di quelle disfunzioni tocca creature tanto inconsapevoli, che dovremmo pensare?

È un interrogativo su cui soffermarsi, visto che s’inizia a discutere seriamente di “cosmeticoressia”: non ancora accolto nel vocabolario italiano, questo termine indica una fissazione morbosa nei confronti dei prodotti di bellezza, né più né meno che una dipendenza, che nel caso delle Sephora Kids si sviluppa tramite l’imprinting ricevuto sui social. L’addizione è semplice: da un lato un esercito di ragazzine dall’assetto emotivo in progress, quindi facilmente influenzabile; dall’altro un algoritmo che propone determinati modelli, ossia icone femminili sempre alle prese con skincare e make-up.

Il risultato sarà la creazione di una tendenza ormai mondiale, retta da un passaparola via via più eclatante e in cui il confine fra emulazione e competizione è assai labile, oltreché clinicamente allarmante. Il problema delle Sephora Kids è infatti studiato da dermatologi e tossicologi, per l’impatto nocivo che alcuni composti provocano su soggetti ancora giovanissimi. Senza dimenticare il contesto interiore, del quale si occupano psicologi e psichiatri, ugualmente preoccupati per il potenziale di distruttività insito in queste pratiche, che non si limitano al fatto di acquistare un flacone ripieno di un qualche liquido con cui impiastricciare la faccia. C’è anche altro. Lo denunciano sui propri profili social numerose commesse impiegate presso Sephora, meravigliate non solo da una presenza così ingente di bambine ma anche dal loro comportamento, che rasenta spesso l’isteria. Eccitate, frenetiche, impazienti di arraffare un detergente piuttosto che un tonico, in grado anche di strapparlo dalle mani di altri clienti o di insozzare e rendere impresentabili interi settori dei negozi: in questo modo vengono descritte le Sephora Kids, mini uragani umani che scambiano le profumerie per luoghi da mettere a soqquadro, me le immagino così, paladine dell’intemperanza che non riescono a non portare scompiglio. Nel frattempo, mentre queste Lady Oscar dell’estetica proseguono la propria battaglia, si parla di vietare l’accesso negli store Sephora a persone minori di dieci anni, o di rimuovere a oltranza tutti i tipi di tester, affinché ogni centimetro degli espositori non venga insudiciato inesorabilmente. Misure di un certo livello insomma, anch’esse strarecensite sui social e che forse sono solo boutade, o mere proposte verbali. Una cosa però è certa: nel mezzo di questo processo rimangono non pochi dubbi e domande.