A Milano per la prima mostra dedicata ai suoi quadri, lo scrittore ci ha parlato di James, il romanzo con il quale ha vinto il Pulitzer, della prosa di Mark Twain e del perché Wittgenstein è uno stronzo.
Americano cinquantenne, Nathan Hill è l’autore di Wellness, uscito l’anno scorso e tradotto da Rizzoli. È il suo secondo libro, a distanza di parecchi anni dal debutto The Nix (2016), entrambi libroni di oltre seicento pagine. Wellness ha avuto successo negli Stati Uniti, è stato selezionato da Oprah nel suo book club, e si è guadagnato una discreta popolarità anche qui da noi. In Italia è uno di quei libri per cui ha funzionato il cosiddetto passaparola. Uscito in sordina, ha avuto una vita molto più lunga della media, se si considera che è stato pubblicato a maggio del 2024 e ha raggiunto il suo picco di popolarità nell’estate del 2025. Wellness è la storia dell’amore fra Elizabeth e Jack, di come questo amore cambi nel tempo e di che cosa significhi diventare genitori mentre si tiene in piedi una relazione ventennale. È un libro delicato, lucido, modernissimo, pieno di riflessioni perspicaci che fanno dire sì con la testa. Abbiamo incontrato Nathan Hill al Circolo dei lettori di Torino, un caldo pomeriggio di fine estate. Era vestito tutto di scuro, con una camicia rimboccata fino ai gomiti, molto amichevole, aveva un aspetto sanissimo, più giovane della sua età.
ⓢ Ciao, come stai? Prima volta in Italia?
Molto bene, grazie. È la prima volta che vengo in Italia per promuovere un libro ma ero già stato in vacanza, avevo fatto il turista.
ⓢ È passato un bel po’ di tempo da The Nix. Quando, come e perché hai iniziato a scrivere Wellness?
Ho iniziato a scriverlo dopo la pubblicazione di The Nix. Sono stato in giro per promuoverlo circa due anni. Quando ho finito il tour, è tornata la quiete e ho iniziato a guardarmi intorno per capire quale sarebbe stata la mia prossima storia. Mi è tornato in mente un racconto che avevo scritto circa quindici anni prima su due ragazzi che si osservano da un lato all’altro della strada, dai rispettivi appartamenti, e si innamorano, quello che adesso è diventato il primo capitolo di Wellness. Ho pensato che sarebbe stato interessante riprendere quella coppia dopo tutto quel tempo. Avevo scritto di loro quando ero un giovane uomo, fast forward e mi sono ritrovato felicemente sposato, spero un po’ più saggio, di sicuro più vecchio, e ho scelto di rivisitare quella coppia, rivivere il sentimento che ho provato all’epoca con la mia esperienza attuale sull’amore e sulle relazioni. Mentre crescevo, il mondo è diventato strano. Sono cambiate moltissime cose dal 2004.
ⓢ È così comune, a Chicago, vivere in un appartamento dove puoi osservare la finestra del tuo vicino nel palazzo confinante da tre metri di distanza?
Non è una soluzione abitativa ottimale, in effetti, ma quando le case sono così costose si tende a buttarci dentro il maggior numero possibile di inquilini.
ⓢ Com’è stato il processo di scrittura? Sapevi fin dall’inizio che volevi scrivere un libro di oltre settecento pagine, poche in più del tuo romanzo di debutto? Il tuo stile è scrivere romanzi fluviali?
Ho iniziato a scrivere Wellness, e diventava sempre più lungo. Giuro, non è mia intenzione scrivere libri prolissi, mi ha sorpreso entrambe le volte che siano diventati così. Il mio stile è accumulare materiale: parto con una storia molto semplice, personaggi schematizzati, un tema basic, e poi inizio a esplorare, mi piace guardare una storia da parecchi angoli, fare ricerche, andare a fondo. Mi ci vuole un po’ per scrivere un libro perché non ho idea di dove sto andando, non so quali saranno i prossimi spunti. Quando stai scrivendo un romanzo, diventa la lente con cui osservi il mondo. Ti fai un giretto, vedi qualcosa e pensi: lo posso usare per il libro? Leggi un articolo su una rivista e ti dici: lo voglio mettere nel libro. È un processo che prevede l’accumulo di materiale nel tempo, prima di iniziare a dargli una forma. È un modo molto confusionario e inefficiente di scrivere ma lo adoro, ed è ciò che lo rende qualcosa per cui valga la pena impegnarsi così tanto. Tutto quello che sapevo era che volevo seguire questa coppia nel tempo, e il resto l’ho scoperto lungo la strada.
ⓢ Pensi che Wellness sia un libro sull’amore, o sulle bugie che ci diciamo per tirare avanti?
Devo per forza sceglierne una?
ⓢ No, puoi anche rispondere nessuna delle due.
In realtà, è un libro su entrambe le cose. Di sicuro, Wellness parla delle storie che ci raccontiamo, in particolare di quelle che ci raccontiamo riguardo a noi stessi. E l’amore è mischiato là in mezzo. L’amore è una storia che ci raccontiamo, e le storie che ci raccontiamo sull’amore hanno un grosso potere nel determinare come ci sentiamo riguardo a una relazione. Pensi che l’amore sia un’esplosione di emozioni, del tipo amore a prima vista? Se sì, avrai un problema quando il sentimento si affievolisce. Ho ascoltato moltissime persone descrivere il loro matrimonio come molto duro, lamentarsi di come abbiano bisogna di lavorarci per farlo funzionare. Se pensi che una relazione sia un lavoro, tenderai a restarci incastrato molto più di quanto dovresti. Forse, i sentimenti non dovrebbero assomigliare a un lavoraccio. Le leggende che ci raccontiamo sull’amore hanno un impatto su come ci comportiamo in una relazione, su dove viviamo, sulle persone che amiamo. Ci mettiamo in mente queste favole, e alla fine queste narrazioni creano il mondo.
ⓢ Ho letto i ringraziamenti a tua moglie. È stato difficile convincerla che, in realtà, Wellness non parla di voi e delle vostre crisi?
Ha letto tutte le versioni del libro mentre scrivevo, è un nostro rituale, ogni volta che finisco un capitolo glielo leggo. È sempre stata molto incoraggiante, a volte le capitava di scuotere la testa e dirmi «le persone penseranno che siamo noi», e io le rispondevo «lo so, mi dispiace, dirò a tutti che non è così». Una delle conseguenze più bizzarre è che mi trovavo in questo spazio emotivo per sei ore, ogni mattina, mentre lavoravo al libro, in questo spazio dove i personaggi non riuscivano a andare d’accordo, e poi dopo aver smesso di scrivere raggiungevo mia moglie in cucina e dovevo ricordarmi che io e lei non stavamo litigando, che eravamo ok. Avevo questa nuvola su di me, non è stato il processo creativo più confortevole al mondo, ma ce l’abbiamo fatta e ora possiamo riderne.
ⓢ Quindi scrivi sei ore ogni mattina, è questa la tua routine?
Scrivo di mattina, e scrivo tutto a mano. Tutte le mie prime bozze sono scritte a mano. Sono troppo veloce a digitare su un computer, e mi sono accorto che sono più creativo quando rallento, mi vengono idee migliori. Inoltre, su un pc sono troppo tentato di modificare il testo in continuazione mentre scrivo, o peggio ancora, aprire le email o scrollare internet, quindi cerco di tenere lontane tutte queste distrazioni. Ho un piccolo quadernetto, e ogni mattina mi dico: devo scrivere fra le cinque e le sette pagine. È la mia regola. Se sto scrivendo male, posso farcela a arrivare a cinque. Se sono ispirato, mi sforzo di fermarmi a sette, così domani so da dove ricominciare. A volte ci metto due ore, a volte ci metto sei ore, e quando ho finito posso andare avanti con la mia giornata.
ⓢ Uno dei segreti per mantenere in salute un matrimonio, come ci riveli in Wellness, è nascondere fastidiosi traumi del passato per condividerli con il partner soltanto nei momenti più difficili. Esistono ricette infallibili per la felicità coniugale?
Non ci sono segreti, solo piccoli accorgimenti, che però sono semplicissimi da trascurare. È il potere dei piccoli momenti, tipo quando vi incrociate in corridoio e c’è un leggero tocco fisico, un abbraccio. Chiedere al tuo partner com’è andata la giornata, e ascoltare davvero la risposta, è molto importante ma è anche scioccante quanto sia difficile ricordarselo, a volte, persi come siamo nel nostro mondo. Avere dei rituali che piacciono a tutti e due, tipo vestirsi bene e andare a cena nel vostro ristorante preferito, o fare le parole crociate insieme. Io e mia moglie giochiamo a Wordle tutti i giorni.

ⓢ Ho letto che quando eri bambino, proprio come Elizabeth, la protagonista di Wellness, tu e la tua famiglia traslocavate in continuazione nel Midwest. Com’è stato crescere così?
Ho belle memorie, ma anche ricordi meno piacevoli. Non è sbagliato dire che i miei libri parlano di solitudine, perché mi sono sentito spesso solo. Da bambino, non è facile vivere in un posto per un paio d’anni e poi lasciarlo per sempre. Anche se me ne andavo io, era come essere abbandonato da tutti i miei amici. Quando vai in una città che non conosci, essere il bambino nuovo in una scuola all’inizio è piuttosto brutale. Poi ti fai degli amici, tutto va a posto, e devi andartene di nuovo. Il lato positivo della faccenda è che quei continui traslochi mi hanno trasformato in un lettore. I primi mesi in una scuola, quando non conoscevo nessuno, i libri mi facevano compagnia. È anche un allenamento stranamente efficace per diventare uno scrittore. Quando sei il nuovo compagno di classe fai un passo indietro e osservi, cerchi di capire chi è amico di chi, quali sono le dinamiche sociali, chi è popolare, chi non lo è, cerchi di comprendere lo scenario. È un’ottima palestra per diventare uno scrittore, impari a investigare. Ho qualche memoria triste della mia infanzia, meno però di Elizabeth.
ⓢ Su Wikipedia c’è scritto che ti sei trasferito a New York a vent’anni, e dopo una lunga successione di rifiuti ricevuti dalle case editrici ti sei messo a giocare ai videogames. È vero?
Qualcuno me l’ha riferito. Non ho scritto la mia pagina Wikipedia, ma non è del tutto inaccurata. Mi sono trasferito a New York City dopo aver finito l’università, avevo studiato scrittura creativa, scritto un sacco di racconti, stavo lavorando a un romanzo. Durante il mio primo mese a New York, un bel giorno avrei dovuto trasferirmi nell’appartamento che avevo appena trovato. Ho messo tutti miei averi in macchina, sono andato a lavorare, e quando sono tornato alla macchina per andare nella casa nuova ho trovato la macchina vuota, tutte le mie cose erano state derubate. Ho perso tutto quello che avevo scritto, i miei progetti del master, era tutto sparito. Ero triste e depresso. Un mio amico voleva in un certo senso controllare che stessi bene dopo questo trauma e quindi mi ha fatto conoscere questo gioco, World of Warcraft. Ho iniziato a smanettare con lui. Mi sono infossato, giocavo tutto il tempo. Le mie cose erano state rubate, mi sentivo uno scrittore fallito, non riuscivo a guadagnare un dollaro a New York, ma in quel videogame mi sentivo una persona di successo, mi ha dato una mano a risollevarmi. Ne ho parlato nel mio primo romanzo, il protagonista faceva lo stesso, sono riuscito a trasformare questo dolore in un libro. Quindi sì, Wikipedia è abbastanza precisa in questo caso.
ⓢ Wellness ha una delle bibliografie più lunghe che abbia mai visto in un romanzo, ti sei documentato a fondo su centomila argomenti. Una delle cose che ho amato di più nel tuo libro sono le continue digressioni, hai inserito saggi brevi sulle materie più disparate. Ti piace farlo naturalmente, o è una tua convinzione che la letteratura oggi debba avere questa forma?
C’è una ragione personale, e ce n’è una più letteraria. La ragione personale è che sono molto curioso. Se hai amici con un figlio, e vai a trovarli, il bambino vuole mostrarti tutti i giocattoli che possiede. A volte, quando scrivo, mi sento come quel bambino che dice “questo è figo”, “questo è interessante”. L’effetto placebo è molto interessante, l’arte del Midwest mi affascina molto, gli ipertesti online degli anni Novanta e gli algoritmi sono degni d’attenzione, e se riesco a trovare una coerenza tematica mi piace inserirli in un libro. La ragione letteraria, o forse, più semplicemente, il modo in cui mi giustifico, è che viviamo in un mondo dove siamo bombardati da informazioni che ci spuntano continuamente in tasca, abbiamo relazioni parasociali con le informazioni, con le notizie, con le celebrità. Mi interessa raccontare questa esperienza contemporanea nei miei libri, descrivere cosa vuol dire essere vivi oggi, e il sentimento preminente è il bombardamento di informazioni. Per questo i miei libri hanno un sacco di digressioni, di parentesi. È una specie di rappresentazione di come mi sento a vivere in questo mondo.
ⓢ Hai dovuto battagliare con il tuo editor per mantenerle tutte?
No, per niente. Ero sicuro che avrei dovuto lottare per la bibliografia, ma non l’hanno mai nemmeno menzionata dalla mia casa editrice. Forse non hanno finito il libro…
ⓢ In Wellness tutti sono confusi dal processo di atomizzazione delle informazioni, e dalla perdita di rilevanza dei media più tradizionali. Pensi che si possa tornare indietro, o continuerà a peggiorare? È un processo reversibile?
Credo, o meglio spero, che sia un processo reversibile. Penso che queste dinamiche oscillino come un pendolo, e ora siamo andati piuttosto in là in una direzione. Quando la musica è diventata completamente eterea, digitale, si è avvertito un rinnovato bisogno di dischi in vinile. C’è stato un periodo dove gli ebook erano di moda, e la gente temeva che i libri di carta sarebbero scomparsi. Ma alla fine sono sopravvissuti, abbiamo compreso il valore di tenere in mano un libro, si legge un certo tipo di libro su carta mentre altri si possono leggere su un lettore digitale. A un certo punto, digerisci la tecnologia e capisci come usarla al meglio. Stiamo tentando un gigantesco esperimento sociale: cosa succede se metti tutta l’umanità su un social media, e la fai competere algoritmicamente per l’attenzione? Non penso che nessuno, in realtà, sia veramente contento di come stiamo vivendo oggi. Penso che le cose cambieranno ma non so come, non so in che modo il pendolo tornerà indietro, però mi sembra che ci sia un desiderio di verità, di oggettività, di una realtà condivisa. Non so come ci arriveremo, so che le persone lo vogliono, e qualcuno risolverà la faccenda.
ⓢ A proposito, viviamo in tempi ingarbugliati. C’è una tendenza nella letteratura contemporanea al pessimismo cosmico, a descrivere un mondo decadente rovinato dalla tecnologia. C’è ancora spazio per una letteratura che abbia una visione ottimista del futuro? Si può consolare il lettore, o un libro ambientato oggi deve essere pieno di negatività e scenari apocalittici?
Da un lato, non possiamo essere ciechi di fronte alle sofferenze, a tutto quello che c’è di sbagliato. Allo stesso tempo, spero che la letteratura trovi il modo di descrivere un futuro dove le persone vogliano vivere, di infondere un po’ di speranza. Il mondo può fare piuttosto schifo, le news possono essere devastanti, eppure puoi ancora trovare l’amore, costruire una famiglia, essere felice. Queste due situazioni possono convivere. Quello che cerco di fare in Wellness è riconoscere questa contraddizione. Sì, ci sono un sacco di situazioni di merda intorno alla maternità, ma alla fine due persone possono trovarsi, in un modo onesto, e c’è speranza. Sento la responsabilità di offrire fiducia e positività al lettore, anche solo come ricompensa per essere arrivato alla fine di un librone così.
ⓢ Cosa ne pensi degli scrittori sui social media? Ho spiato il tuo profilo Instagram, non è esattamente curatissimo.
Penso che gli scrittori dovrebbero interagire sui social media nel modo che ciascuno trova più adatto e comodo. Qualcuno dei miei colleghi è molto bravo, e sembra davvero che si diverta. Non sono contro i social media, sono solo molto scarso a usarli. Scrivo libri lunghissimi, sono negato a scrivere tweet, onestamente mi sembra di non avere tutte queste belle idee, e quando me ne viene una non la voglio mettere su Instagram, preferisco risparmiarla per i miei libri. Ho una pagina Instagram, ho un post per Wellness e uno per The Nix, e se le persone vogliono trovarmi possono scrivere un commento in uno di questi due post, io lo vedo, e spesso rispondo. Mi piace tenerlo così, un piccolo portale dove posso interagire con i lettori in modo semplice. Dieci anni fa le case editrici spingevano gli scrittori a crearsi un profilo online e questo non mi piaceva, mi sembrava falso. Finché è uno scambio spontaneo, per me non ci sono problemi.
ⓢ Ci sono un sacco di riflessioni sulla monogamia in Wellness. Tu che cosa ne pensi?
Non penso che sia un modello antico, polveroso o borghese. Penso che sia invecchiato se lo si applica in default, definendolo l’unico sistema giusto. Qualcuno dei miei amici pratica il poliamore, e quello che ammiro e apprezzo di più è che hanno costruito qualcosa che è appropriato per loro, hanno lottato per averlo, e continuano a controllare regolarmente che il modello stia funzionando per tutti. Io e mia moglie abbiamo preso ispirazione da qualche coppia poliamorosa che conosciamo. Una volta al mese fanno un check per controllare che tutti siano ok, e adesso una volta al mese io e mia moglie ci chiediamo: come stanno andando le cose? Posso migliorare qualcosa? È meraviglioso. C’è qualcosa da imparare. Non penso che la monogamia sia un modello superato, ma ammiro il fatto che le persone stiano provando nuove cose.
ⓢ Oggi vivi a Naples, in Florida. È meglio di Napoli, in Campania? Qualcosa in comune con l’originale?
Solo il nome, temo condividano soltanto il nome. A Naples, in Florida, diciamo che Napoli è la nostra città sorella, ma credo che in realtà non abbiano niente in comune.
ⓢ Sorella è una definizione un filino azzardata, al massimo cugine lontane…
Vero. È una tranquilla città di mare sul Golfo del Messico, viviamo là perché mia moglie è una musicista classica e suona nell’orchesta di Naples, che è un’ottima orchestra. È divertente, non avrei mai pensato che mi sarei trasferito in Florida, non era nei miei progetti di vita, ma a volte vai dove ti porta il lavoro.
ⓢ Sembri in gran forma, vivere sull’Oceano ti fa bene.
In effetti sono molto abbronzato, e sto giocando un sacco a tennis ultimamente. È un posto interessante, credo di essere l’unico scrittore che vive là. A differenza dei miei amici che vivono a New York City o a Los Angeles non sono in nessuna bolla letteraria, mi confronto con un tipo di popolazione diversa dalle persone che stanno nelle grandi città. A volte mi sento come se mi stessi perdendo qualcosa, a volte invece sono sollevato di non dover partecipare a qualche reading in una libreria underground. Naples è adatta a me, è un posto perfetto per scrivere.
ⓢ A cosa stai lavorando adesso?
Di sicuro, voglio tornare in vacanza con mia moglie a Mantova e nella campagna lì intorno. Ho sentito un sacco di amore qua in Italia. E poi, sto lavorando a un nuovo libro. Posso dirti che, per ora, non sono ancora arrivato a seicento pagine.

A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.