Cose che succedono | Coronavirus

Abbiamo sopravvalutato la pericolosità delle superfici

Nel momento in cui il Coronavirus è esploso, gli esperti si sono immediatamente preoccupati di sottolineare l’importanza di lavarsi le mani, igienizzarle e pulire a fondo le superfici per ridurre il rischio di infezione. Ovunque, sui social come sui giornali, comparivano istruzioni che spiegavano passo per passo come lavare le mani nel modo corretto. Prodotti disinfettanti come l’Amuchina erano diventati introvabili anche online. Ora, con la diffusione della pandemia e una maggiore quantità di dati a disposizione, alcuni scienziati hanno iniziato a chiedersi se l’attenzione all’igiene delle mani non sia stata eccessiva o addirittura nociva.

L’articolo del Guardian che parla della questione si riferisce ovviamente al Regno Unito, ma anche in Italia nel primo periodo del lockdown le indicazioni sembravano concentrarsi particolarmente sul lavaggio delle mani, sull’attenzione a non toccarsi la faccia e sul pericolo delle “superfici contaminate”, come gli interruttori della luce e le maniglie delle porte, sulle quali il virus sarebbe stato in grado di sopravvivere anche per diversi giorni. A un certo punto si diffuse l’avvertimento di lasciare le scarpe all’esterno, per evitare il rischio che attraverso il contatto con la superficie delle strade si potesse introdurre il virus dentro casa.

Il problema è riemerso recentemente dopo che Monica Gandhi, professoressa di medicina presso l’Università della California, a San Francisco, ha detto alla rivista scientifica statunitense Nautilus che il modo più semplice per contrarre il virus era attraverso le goccioline provenienti dalla bocca o dal naso di una persona infetta. «Secondo me», ha scritto, «la possibilità di trasmissione attraverso superfici inanimate è molto piccola, e solo nei casi in cui una persona infetta tossisce o starnutisce su una superficie, e qualcun altro tocca quella superficie subito dopo la tosse o lo starnuto molto presto» e cioè entro una o due ore.

Il dottor Julian Tang, professore associato onorario di scienze respiratorie presso l’Università di Leicester, pensa che il lavaggio delle mani resta importante, ma concorda sul fatto che il rischio è stato sopravvalutato, indicando i documenti dello Scientific Advisory Group for Emergencies (Sage) del governo britannico secondo cui il lavaggio delle mani può ridurre le infezioni respiratorie acute solo del 16 per cento. Nel frattempo, aggiunge, l’Organizzazione mondiale della sanità ha avvertito che le superfici sono una probabile via di trasmissione, pur ammettendo che non ci sono rapporti che dimostrino l’infezione in questo modo. Tang ritiene che la preoccupazione per le superfici contaminate abbia distratto i Paesi dal prendere sul serio la trasmissione per via aerea e minimizzato la necessità di indossare le mascherine. «Sono stati spesi molti soldi e tempo per pulire a fondo le superfici, quando il rischio principale sono le persone che parlano tra loro», ha detto, «se avessimo messo tutta l’insistenza sul lavaggio delle mani e sulla pulizia profonda per indossare le mascherine fin dall’inizio, quasi certamente non avremmo un’epidemia così massiccia in Europa e Nord America».