Cose che succedono | Cronaca

La storia della donna a cui Wordle ha salvato la vita

Denyse Holt, un’ottantenne americana, insegnante in pensione residente in Illinois, deve la sua vita a Wordle. Non in senso figurato, Holt non è grata a Wordle per averle tenuto compagnia per un po’ di tempo, tutti i giorni, in questi mesi di pandemia. Holt deve la sua vita a Wordle in senso letterale, come riporta il Guardian: se non fosse stato per Wordle, probabilmente Holt oggi non sarebbe viva.

La storia sembra quella di uno slasher movie di serie B. Nel bel mezzo della notte, Holt viene svegliata da alcuni rumori insoliti: si ritrova davanti un uomo completamente nudo, armato di coltello, che la minaccia e le intima di non urlare. L’uomo, agitato e infreddolito, chiede a Holt di aiutarlo a riscaldarsi. Poi la rinchiude nel seminterrato della casa, senza cibo né medicine.

Raccontando l’accaduto al Washington PostHolt ha detto che è rimasta chiusa nel seminterrato da sola per 20 ore circa. Ed è a questo punto che arriviamo a Wordle: dall’uscita del gioco, Holt aveva preso l’abitudine di inviare tutti i giorni alla figlia maggiore, che vive lontano da lei, sulla West Coast, il risultato della sua partita quotidiana. Quando la figlia ha visto che la madre non le aveva inviato l’ormai solito resoconto fatto di quadratini verdi, gialli e grigi, si è preoccupata e ha cominciato a chiamarla. La linea telefonica della casa della madre, però, risultava staccata. A quel punto la figlia ha chiesto aiuto a uno dei vicini, che è andato a controllare di persona per capire che cosa potesse essere successo di così grave da impedire all’anziana signora di mandare alla figlia i risultati della sfida giornaliera a Wordle. Il vicino si è insospettito quando, bussando alla porta, non ha ricevuto alcuna risposta. La macchina di Holt, però, era parcheggiata al solito posto. A quel punto il vicino ha chiamato la polizia, le forze dell’ordine hanno fatto un sopralluogo e hanno sentito Holt che urlava, che chiedeva aiuto. L’hanno trovata e la liberata. Lieto fine, certo. Per tutti, anche per l’assalitore: i poliziotti lo hanno trovato che riposava in una camera della casa di Holt. Pare che abbia fatto tutto in preda a una «mental health crisis».