Stili di vita | Estate
La canottiera bianca non muore mai
Virile, sovversiva, tamarra, sexy, ha attraversato epoche, classi sociali e generi per arrivare a essere ancora oggi un capo fondamentale.
Scorrendo TikTok è facile imbattersi in ragazze che si inventano “look” perlopiù improbabili al cui centro, però, c’è un sempre un caposaldo: la canottiera bianca. Nello specifico il modello a costine, la stessa canottiera bianca che accomuna sia la #cleangirl che l’anno scorso si struggeva di fronte ai boccoli biondi di Matilda Djerf sia la raver creativa che nel 2023 dalla canottiera parte fino ad arrivare agli ensemble da mal di testa di @subwaysessions, che da qualche settimana trolla gli indignati di agosto con look «da amare o giudicare, lol», come recita la sua profetica biografia.
La canottiera bianca che ha indossato Jane Birkin in Je t’aime moi non plus (il film del 1976), Kate Moss nelle pubblicità di Calvin Klein degli anni Novanta, tutti i machi che hanno fatto la storia del cinema e della tv ma anche le lesbiche butch che se ne appropriarono per ribaltarne l’estetica. La canottiera bianca che ha aperto la sfilata di debutto nel febbraio 2022 di Matthieu Blazy da Bottega Veneta e chiuso l’Autunno Inverno 2022 di Prada, indossata da Kaia Gerber; la canottiera bianca che è “white tank top” per i giornali che recensiscono le paparazzate di Kendall Jenner e Bella Hadid, due tra le più ferventi ambasciatrici del ritorno di questo particolare capo, “wife beater” per tutti gli altri e “Marcel” per i francesi. La canottiera bianca che è working class per eccellenza, insomma, il simbolo di tutti i mafiosi hollywoodiani e quindi di tutti gli italiani, che in realtà dall’altra parte del mondo, nell’Italia vera, cercavano di emanciparsene perché faceva antico, lavoratore, poco raffinato.
La canottiera allora come gli zoccoli di legno, da anni ormai rebrandizzati must-have, oppure come le “messicane”, oggi diventate cool alla faccia di mia zia che passava le estati a impedire che il marito si mostrasse in pubblico con ai piedi quelle ciabatte plasticose. Eppure nella canottiera c’è sempre stato qualcosa di più: intanto la sua longeva capacità immaginifica, che ha attraversato i decenni e i significati, da simbolo della più tradizionale mascolinità a baluardo queer, tamarra e androgina, popolare e sofisticata, intersezionale suo malgrado. Quindi l’essersi ritagliata un ruolo tra gli essenziali del guardaroba facendo onore alla sua funzione originale, e cioè quella di liberare le braccia per non intralciare i movimenti. Si è quindi trasformata nel capo imprescindibile di stili – e persone – diversissime tra loro ma tutte unite dalla canottiera che lascia collo e braccia allo sguardo altrui, un capo che è sexy, viscerale, a suo modo anche elitario (scoppiata la bolla della body positivity, chi si sente di esporre le braccia se non perfettamente toniche o muscolose?) ma anche alla fine altro non è che una canottiera, e potrebbe andar bene anche solo come pigiama, purché la si trovi di un cotone decente per accompagnare le lunghe notti tropicali di questa estate in piena crisi climatica.
Canottiere sotto le camicie di lino perfette per look ariosi da postare utilizzando l’hashtag #eurosummer, canottiere dei venditori del mercato nelle città del Sud Italia (in qualsiasi Sud del mondo, a dirla tutta) investite dagli occhi sognanti dei turisti ottusi che vivono ogni luogo come una photo opportunity, canottiere che espongono le clavicole di quelli che si son tenuti pronti per lo scontato ritorno della magrezza nell’era dell’Ozempic, canottiere che si portano con ascelle depilate e non, perché almeno su quello abbiamo smesso di litigare, ognuno faccia un po’ come vuole. Canottiere la cui vera marcia in più, a guardare bene, è che fanno sesso, fanno estate, non importano le sponde: una cosa rara, di questi tempi.