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C’è un problema di privacy che riguarda i dati raccolti da Netflix con Bandersnatch

Si è parlato spesso di come la serie Black Mirror sappia cogliere e portare alle estreme conseguenze questioni di grande interesse pubblico. Secondo Quartz, con l’uscita di “Bandersnatch” (una sorta di spin-off del titolo, di cui ci siamo occupati qui), il rischio è invece quello di controllare il presente, anziché “limitarsi” a prevedere il futuro. L’episodio prevede infatti l’interazione dello spettatore, chiamato a guidare il protagonista attraverso scelte più o meno complicate, dal tipo di musica da ascoltare a decisioni che toccano temi quali la malattia mentale o l’omicidio. Com’è noto, Netflix raccoglie milioni di dati dal suo pubblico, per varie ragioni. Le informazioni ottenute grazie al titolo in questione, tuttavia, rivelano implicazioni morali o etiche, dunque decisamente più delicate rispetto ai gusti cinematografici. Contattato nel merito, un portavoce dell’azienda ha sottolineato come «l’utilizzo dei dati sia conforme all’informativa sulla privacy»; leggendola, non è però chiaro se tali dati potranno essere utilizzati al di fuori della piattaforma. Sebbene queste politiche siano spesso vaghe perché regolano una materia in costante aggiornamento, nel caso in cui le informazioni fossero ascrivibili al settore del gioco virtuale, Netflix avrebbe l’obbligo di informarne gli utenti europei, tutelati dal regolamento GPDR.

Per Quartz, le scelte effettuate in “Bandersnatch” sono importanti per vari motivi: il primo consiste nel fatto che Netflix ha pochi rivali quando si tratta di campionare dati sensibili: dall’alto dei suoi 137 milioni di abbonati, assistiti nella visione dagli algoritmi, utilizza le informazioni per migliorare la personalizzazione e il coinvolgimento della propria offerta; ampliando il catalogo interattivo, potrà ottenere un’enorme mole di dati sugli argomenti più disparati. In secondo luogo, non è improbabile che l’azienda statunitense decida di condividere le informazioni con piattaforme come Facebook o YouTube, già finite nell’occhio del ciclone per gli scandali sulla violazione della privacy. Il terzo punto è quello maggiormente preoccupante: alcuni governi potrebbero in futuro esaminare le scelte compiute nei video interattivi, per poi sorvegliare quegli utenti che ad esempio preferiscono le scene violente. Uno scenario certamente distopico, ma in fondo non così distante dal “sistema di credito sociale” cinese, dove i cittadini vengono premiati o puniti sulla base del loro comportamento pubblico.