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Altro che musica per nonne. I testi di Aznavour analizzati dal Guardian

Charles Aznavour, il cantautore francese di origine armena, è scomparso ieri all’età di 94 anni: ha iniziato la sua lunga carriera negli anni Quaranta (tra l’altro, apriva gli spettacoli di Édith Piaf al Moulin Rouge), e molti dei suoi brani più celebri sono usciti tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. Per ovvie ragioni generazionali, i fan di Aznavour tendono ad essere anziani e anche per questo alcuni giovani tendono a pensare alla sua musica come a una “musica per nonne”. Nulla di più sbagliato! A meno che per “musica per nonne” non s’intendano canzoni che parlano di drag queen e delle gioie del post-coito.

Sul Guardian Alexis Petridis ha scritto un articolo che parla proprio di questo, di come Aznavour fosse tutt’altro che un autore facile e composto, analizzando alcuni suoi testi. «Contrariamente a un certo immaginario popolare, il suo non era il mondo dell’intrattenimento leggero. Nel Pantheon dei grandi chansonniers, Aznavour era quello che ha rotto più regole. “Prima di lui, cantare la disperazione non era affatto popolare”, ha detto una volta Jean Cocteau». Petridis comincia citando “Apres L’Amour”, il brano degli anni Cinquanta dedicato, come suggerisce il titolo, al senso di pace e rilassatezza che si prova dopo il sesso (al tempo fu censurato).

Ma, prosegue il giornalista, è sul lato oscuro della vita che Aznavour ha dato il meglio: infatti scriveva di «dolore e rimorso, di relazioni in crisi», come in “Tu T’laisses Aller”, dove un marito rinfaccia alla moglie di essersi lasciata andare e che, al di là del tema che forse oggi sarebbe considerato maschilista, rappresenta «una canzone scomodamente vera su un matrimonio che sta passando dalla stasi all’ostilità». Il cantautore, prosegue l’articolo del Guardian, ha inoltre affrontato temi per nulla leggeri come la depressione, la violenza sessuale e l’alcolismo.

Nel 1972, cioè «in un periodo in cui la musica francese evitava di parlare di omosessualità», Aznavour se ne uscì con un «ritratto simpatetico di una drag queen»: “Comme ils disent” racconta la storia, molto commuovente, di una ballerina che si esibisce en travesti.