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Le possibili implicazioni dell’inaspettato calo degli utili di Apple

Con una nota diffusa ieri, Apple ha rivisto al ribasso le previsioni dei ricavi per il primo trimestre del 2019, passate da 91,5 miliardi di dollari a 84 miliardi. L’annuncio ha scosso il settore (e non solo), tanto che Tim Cook ha cercato di rassicurare con una lettera gli investitori; proprio partendo dalle frasi del Ceo di Apple, The Atlantic ha stilato un elenco di cinque punti particolarmente importanti per la vicenda nel suo insieme.

Innanzitutto, Cook ha ammesso di non aver previsto il rallentamento dell’economia cinese: rispetto al 2017, «il peggioramento in termini di fatturato globale si è verificato al 100% nella Grande Cina». Del resto, l’economia a stella e strisce e quella cinese sono legate ormai indissolubilmente, tanto da far parlare di “Chimerica”, termine usato dagli economisti per indicare questa simbiosi finanziaria. Un altro elemento chiave sta nell’identificazione, non solo simbolica, tra la multinazionale di Cupertino e l’iPhone: la vendita degli smartphone rappresenta il core business dell’azienda, al punto che un eventuale rallentamento inciderebbe fino al 20% sul tasso di crescita delle altre categorie merceologiche; a trascinare al ribasso gli utili cinesi della Apple è stato, in effetti, il calo delle vendite di iPhone.

La terza questione interessa il modello di business della società americana, storicamente centrato su fidelizzazione dei clienti e incentivi all’acquisto di nuovi iPhone; un modello che inizia a mostrare le prime criticità, tra una concorrenza sempre più agguerrita e l’aumento di consumatori che, anziché comprare l’ultimo modello, preferiscono cambiare la batteria del proprio smartphone. Il passaggio successivo riguarda in generale la quasi totalità delle multinazionali tech, che operano su scala globale e devono confrontarsi con tutti i mercati: questo vale a maggior ragione per prodotti come gli smartphone, che vista la saturazione raggiunta nei mercati storici puntano a sbarcare in Paesi emergenti del livello di India, Brasile o, appunto, Cina. Infine, i guai di casa Apple rappresentano un brutto segnale per l’economia nel suo complesso: tutti gli analisti concordano da tempo sulla probabilità di un rallentamento della crescita economica della superpotenza asiatica, finora mantenutasi su un tasso medio annuale del +10%; gli indicatori dell’inizio dell’anno rafforzano le previsioni negative, e non si può dunque escludere che, dopo Apple, l’onda lunga del rallentamento finanziario cinese investa altre aziende.