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Quello che gli scrittori pensano dei film tratti dai loro libri

Qual è il rapporto degli scrittori con i film tratti dalle loro opere? Un’opinione comune piuttosto diffusa recita che la trasposizione cinematografica di un libro non terrà mai completamente fede al prodotto originale. Ed effettivamente scrittori come Stephen King – che ha odiato la versione in pellicola del suo The shining – possono confermare questo luogo comune.

C’è però una vasta schiera di autori che hanno non solo accolto in maniera positiva, ma anche plaudito i film ispirati ai loro libri. Philip K. Dick pubblicò Il cacciatore di androidi nel 1968. Nel 1982, invece, uscì nelle sale Blade Runner, il celeberrimo cult di Ridley Scott che deve molto al romanzo di Dick – morto appena quattro mesi prima dell’uscita del film nelle sale. Guardate cosa ne disse lo scrittore nell’ottobre del 1981, in una lettera scritta dopo la proiezione in anteprima di una sequenza del film.

Per i meno a proprio agio con l’inglese, le ultime righe recitano: «Fammelo riassumere così. La fantascienza sta inevitabilmente e ineluttabilmente finendo in una morte monotona: è diventata congenita, derivata, stantia. All’improvviso siete arrivati voi, alcuni dei più grandi talenti esistenti, e ora abbiamo una nuova vita, un nuovo inizio. Per quanto riguarda il mio ruolo nel progetto Blade Runner, posso solo dire che non pensavo che un mio lavoro o alcune mie idee potessero essere amplificate in queste dimensioni straordinarie. La mia vita e il mio lavoro creativo sono giustificati e completati da Blade Runner. Grazie… sarà un gran cavolo di successo commerciale. Dimostrerà di essere invincibile.»

Anthony Burgess scrisse Arancia meccanica nel 1962, nove anni prima che Kubrick lo rendesse un classico del cinema basandosi su una versione ridotta (quella statunitense) del libro, epurata dell’ultimo capitolo. Nel ’73 definì il film «un lavoro eccezionale, probabilmente già un classico», ma il suo rapporto con quest’ultimo era tormentato e poco lineare. Considerata l’ombra in cui la fama della trasposizione cinematografica gettò gli altri suoi lavori, anni dopo definì Arancia Meccanica «un lavoro troppo didattico per essere arte, l’espressione artistica trascinata nell’arena della moralità».

Ma anche Chuck Palahniuk era assolutamente entusiasta, dopo aver visto la rivisitazione di Fight Club messa in atto da David Fincher: «Ora che ho visto il film […] mi sono sentito un po’ in imbarazzo per il libro, perché il film aveva ottimizzato la trama e l’aveva resa così efficace, aveva fatto connessioni che non avevo mai pensato di fare».

(via)

Nell’immagine: una celebre scena di Fight Club (1999)