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Lo spinoff di Gravity girato dal figlio di Alfonso Cuarón

Gravity: il dottor Ryan Stone (Sandra Bullock) è da sola nella capsula spaziale Soyuz. Stone è intrappolata nello spazio senza motori di propulsione e sembra destinata a morire in orbita, ostaggio della forza di gravità terrestre. Prova a far funzionare la radio per chiamare aiuto. Le risponde una voce apparentemente incomprensibile, e Stone capisce di non avere speranze di comunicazione, causa insormontabile barriera linguistica, con quella voce. I due parlano ugualmente, senza quasi ascoltarsi. Dalla Terra, dei cani latrano. È un momento di solitudine ed emozione molto forte nel film di Alfonso Cuarón.

Il figlio del regista, Jonás Cuarón, ventinovenne che da anni segue le orme del padre, ha realizzato uno spin-off di Gravity (di cui aveva co-firmato la sceneggiatura) ribaltando proprio la scena descritta poco sopra. Ovvero: un cacciatore Inuit, nei pressi di Qaarsut, Groenlandia, riceve il may-day di Ryan Stone. Il panorama è composto unicamente di neve e ghiaccio, isolato e solitario come lo spazio aperto in cui si trova l’astronauta. In Aningaaq, questo il titolo del corto nonché il nome del cacciatore, udiamo la voce di Sandra Bullock ma non la vediamo, e assistiamo allo stesso dialogo di Gravity, ma con, questa volta, la traduzione del parlato di Aningaaq.

Il cortometraggio, prodotto dalla Warner Home Video e costato circa 100.000 dollari, doveva essere allegato al Blu-Ray del film. Ma il successo raccolto ai festival di Venezia e Toronto ha convinto la produzione a candidarlo come miglior cortometraggio ai prossimi Oscar. Sandra Bullock l’ha descritto come «un pezzo di solitudine assolutamente perfetto».

(via)

 

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