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Come nasce una cover del New York Times Magazine

«Una cosa che ho imparato col passare degli anni: la cosa più difficile da fare è fare in modo che qualcosa di complicato appaia semplice», scrive la blogger di Brooklyn Joanna Goddard. E, pensando alle cose rese semplici, immediate, “giuste”, a Goddard vengono subito in mente le riconoscibili copertine del New York Times Magazine, l’inserto settimanale patinato del quotidiano statunitense. Per realizzarle, il giornale si serve dell’apporto di tre donne: la design director Gail Bichler, la photo editor Stacey Baker  e la set designer Randi Brookman Harris.

Bichler guida il design del New York Times Magazine dal 2014, e al blog di Goddard, A Cup of Jo, ha detto: «Può essere molto complicato arrivare all’idea per la copertina. Diciamo “quant’è difficile”. Lo diciamo più o meno ogni volta. La velocità del ritmo è intimorente. Ma il lato positivo delle cover settimanali è che a volte le prendi e a volte no. Finché hai gli alti e bassi, va bene. Quelle che funzionano davvero sono quelle che fanno dire alla gente “oh, ma certo che quella è la copertina!”.

Ma si tratta anche, spesso, di fare cose inusuali, sperimentali, cose che gli altri non farebbero. Gail Bichler ha indicato come esempio la cover del 12 ottobre 2014, illustrata da Christoph Niemann, in cui la testata del magazine è quasi interamente coperta: questo perché il giornale se lo può permettere: uscendo in bundle col Times del weekend, ha spiegato la design director, non ha bisogno di vendere in edicola.

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Un’altra bellissima cover è quella del 26 aprile 2015, prodotta in collaborazione con l’artista Jr, che torna utile per parlare dei tempi di preparazione di una copertina media: di solito variano tra i 3 e i 10 giorni, ma in questo caso – dice Bichler – ci è voluto un mese intero: ci sono stati dei casting per individuare il soggetto, e poi si è dovuto ottenere i permessi per occupare la Flatiron Plaza con la gigantografia che ne è stata tratta.

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La testimonianza di Randi Brookman Harris, che si occupa di trovare gli oggetti da ritrarre sulle cover: «Quando il giornale mi ha contattato per la prima volta, mi ha detto “Vogliamo la faccia di Trump su un palloncino”. Mi ci sono voluti giorni per capire come avrei potuto fare. L’unico posto che stampava in quattro colori su palloncini in polietilene tereftalato aveva un minimo di diecimila unita e avrei dovuto attendere sei settimane solo per avere una prova». Alla fine Brookman Harris ha trovato una signora che ha «avuto pietà» di lei ed è riuscita a mandarle 40 palloncini in un solo giorno. Il risultato, come visto da chi è andato in edicola il 4 ottobre 2015, è questo.

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Stacey Baker, la foto editor, ha invece parlato a Joanna Goddard della genesi di una celebre copertina dello speciale Voyages, dedicato ai viaggi. «Siamo andati da alcuni fotografi e gli abbiamo chiesto dove gli sarebbe piaciuto andare nel mondo». Alec Soth, un grande fan di Lost in Translation, ha scelto l’hotel Park Hyatt di Tokyo. «L’immagine di copertina ritrae Alec coricato sul letto in hotel con l’iPhone fra le mani. Quando la direttrice della fotografia Kathy Ryan e io l’abbiamo visto, abbiamo pensato che era destinata a rimanere. È così composita: forte a livello compositivo, ma c’è anche l’idea che Alec nella sua camera da letto stia galleggiando sopra Tokyo col suo smartphone. È più o meno come viaggiamo tutti quanti», ha commentato Baker.

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