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Zoccoli d’estate

Da sempre i sabot di legno sono simbolo di una certa femminilità vacanziera, tanto agognata quanto difficile da raggiungere.

di Silvia Schirinzi

«No». All’ennesima, insistente, richiesta di un paio di sabot di legno, preferibilmente color cuoio, mia madre era stata perentoria, no non te li compro, perché non sono comodi, sono tutti di legno e sicuro che scivoli e poi non sei in grado di camminarci, ti si incrinano le ginocchia e ti ammaccano le dita dei piedi, finisce che sviluppi un modo di camminare sbagliato ma soprattutto, sono scarpe per ragazze grandi, non per bambine o qualsiasi cosa si è, qualsiasi cosa fossi, a dodici anni. Gli zoccoli avevano attraversato indenni i decenni e le generazioni, sopravvivendo alle mode e anche alle intenzioni di chi li indossava, dagli hippie degli anni Sessanta e Settanta alle ragazze degli anni Novanta, ed erano arrivati all’alba del nuovo millennio in splendida forma, senza perdere quello status di oggetto del desiderio e accessorio sacro che avrebbe determinato il successo o il fallimento della bella stagione all’orizzonte. Io li volevo proprio tantissimo, probabilmente sono una delle cose che più ho desiderato nella mia vita, nessun paio di scarpe dopo ha avuto per me lo stesso potere attrattivo, neanche quelle comprate da adulta, neanche quelle dei miei marchi preferiti, neanche quelle che metto pochissimo ma che mi piace sapere lì nel mio armadio, neanche quel paio di sandali di Margiela talmente scomodi che sono immettibili epperò bellissimi, io quegli zoccoli che mia madre non voleva comprarmi li desideravo intensamente perché su di loro avevo proiettato tutte le mie aspettative di un’estate finalmente diversa.

A darmi quella determinazione quasi cieca, che avrei voluto saper ricreare anche in altri momenti della mia vita ma che sembrava essere fatta di una formula non ripetibile, era il modo in cui i sabot di legno si portavano nella remota parte di Sud Italia dove mi è capitato di crescere, che poi era il modo degli anni Novanta, con la camicia da uomo azzurra e il bikini, perché Matilda Djerf starà pure su TikTok ma non si è inventata niente, oppure i pantaloncini di jeans ricavati dai Levi’s tagliati e il triangolino nero, le collanine, la borsa di tela scolorita, gli occhiali da sole rettangolari e stretti e i cerchioni spessi d’oro, i piercing e il profumo di cocco, jojoba e crema solare, una mistura ritrovata molti, moltissimi anni dopo annusando Soleil Blanc di Tom Ford, che all’epoca di sicuro non c’era [il profumo è stato lanciato nel 2016, nda] ma che era come se ci fosse, perché Tom Ford era il designer più celebrato di quegli anni e i Duemila, seppur vicinissimi, non avevano ancora del tutto cancellato quella sua impronta sulla femminilità, non che lui abbia mai disegnato sabot di legno, per carità, ma non era difficile immaginare quelle ragazze che al mare e durante il giorno mettevano gli zoccoli diventare di sera ragazze sexy di Tom Ford. Ormai anche i sabot di legno sono finiti nella lavatrice di quella che oggi chiamiamo moda e da un po’ di anni campeggiano imperturbabili nella lista delle scarpe per l’estate, in una miriade di versioni differenti, di cuoio neri leopardati rossi, che li si voglia declinare così come li ho immortalati io nella mia sicuramente bugiarda memoria o come faceva Katie Holmes già a giugno, perché per le ricche newyorkesi l’estate arriva sempre prima, anche in città, ma in fondo i sabot non se ne sono mai andati, ci sono i Dansko, difficilissimi, oppure quelli di Marni, più divertenti, eppure io non sono mai riuscita a comprarli, neanche quest’anno, sarà che sono scomodi davvero.