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La saga dei Murdoch è la consolazione per gli orfani di Succession

Rupert Murdoch ha deciso di andare in pensione e lasciare il suo impero mediatico al primogenito Lachlan, ma la guerra dinastica continua.

di Giulio Silvano

L’8 aprile del 1966 la copertina del Time, sfondo nero e bordo rosso, non aveva foto ma solo una scritta: “Is God dead? Dio, è morto? La copertina che ammiccava a Nietzsche appare anche in Rosemary’s Baby. Il 3 aprile del 2017 la rivista replicò la famosa copertina ma con la scritta “Is truth dead?” La verità è morta? Donald J. Trump era appena stato eletto da qualche mese, la sua visibilità nell’arena politica era iniziata anni prima con una campagna che metteva in dubbio la nascita di Barack Obama sul suolo americano, fatto che l’avrebbe reso ineleggibile. E nonostante Obama nel 2011 rilasciò il suo certificato di nascita, il 25 per cento degli elettori repubblicani continuava a credere che fosse un falso. La veridicità dei fatti diventa di secondaria importanza di fronte a convinzioni personali soggettive, e questo si deve in parte ai social network, calderone di teorie umorali, ma, per quanto riguarda l’influenza sull’opinione pubblica americana, molto si deve a Fox News. Il canale tv fondato nel 1996 da Rupert Murdoch, nel 2015, l’anno delle primarie che avrebbero incoronato Trump, veniva guardato da quasi 95 milioni di persone, un terzo del Paese. Lo slogan di Fox News è “Standing Up For What’s Right”, dove right è sia il giusto che la destra. Fox ha fomentato il trumpismo, e negli anni di Trump alla Casa Bianca il canale si è spostato sempre di più nello spettro politico, cercando di inseguire un pubblico rabbioso quando Biden ha vinto le elezioni, condividendo posizioni cospirazioniste che facevano intendere che non era lui il vero vincitore, che c’erano stati dei brogli, che i macchinari per il voto funzionavano male o erano stati manipolati (per questo Fox è stata costretta a pagare 787.5 milioni di dollari a Dominion Voting Systems ed è in corso una causa per più di 2 miliardi con Smartmatic). Basta un evento per mostrare l’ipocrisia di Murdoch. Il magnate è sempre stato attentissimo, vista la sua età, al Covid, isolandosi e risultando uno dei primi al mondo a ottenere il vaccino. Eppure i suoi dipendenti, i presentatori e i giornalisti, per anni hanno riempito la tv di teorie del complotto sul virus, criticando fortemente le politiche restrittive imposte dai democratici, spingendo molti spettatori a rifiutarsi di vaccinarsi.

Fox è stata la più grande macchina di propaganda del trumpismo. Dopo aver contribuito grandemente a creare questo clima politico polarizzato, dopo aver fatto diventare standard la post-truth, a 92 anni Murdoch ha deciso di lasciare la guida del network e del suo impero. Nel suo addio ha parlato della sua «battaglia per la libertà di parola e, essenzialmente, libertà di pensiero» e ha anche criticato le élite che «disprezzano coloro che non sono membri della loro classe esclusiva», sottolineando come «la maggior parte dei media sia in accordo con queste élite, smerciando una narrativa politica invece di cercare la verità». L’odio verso gli intellettuali progressisti della East Coast è stato un collante efficace nei decenni di propaganda populista, così come poi lo è diventato il disprezzo viscerale per il wokismo e per l’ambientalismo. Da quello che risulta da biografie e email, quello che interessava a Murdoch erano gli indici d’ascolto. Più dei giornali, da cui ha iniziato o dei grossi studios di Hollywood che l’hanno arricchito, le news televisive sono sempre state la sua fissazione. Si racconta di un giornalista che lo avvicinò a un evento dicendogli «Mr. Murdoch, sono tal dei tali, lavoro per il suo giornale…». E Murdoch, rifiutando la stretta di mano, continuò per la sua strada dicendo «Tutti lavorano per me».

Succession, che ha evitato salti sullo squalo, ci ha lasciati orfani. Forse Rupert ha aspettato che la serie finisse per dimettersi e non dare ulteriore materiale agli sceneggiatori Hbo che avevano fatto morire il suo alter-ego Logan Roy in un jet privato mentre andava a vendere il suo impero agli europei. Succession, originariamente, doveva essere proprio una serie sui multimiliardari Murdoch, poi è diventata fiction, che sia più o meno realistica della realtà non è importante. Ma a differenza di Logan Roy, Rupert ha lasciato l’impero al figlio primogenito, Lachlan, che ha preso il comando di Fox (la tv) e di NewsCorp. (i giornali). Nome da scotch invecchiato e totale fedeltà al padre, Lachlan, è il figlio prediletto deciso a continuare la tirata populista e conservatrice. L’altro figlio maschio, James, dopo anni in cui il padre lo metteva in competizione con il fratello, qualche anno fa ha deciso di mollare i giochi di potere del clan. Nel 2016 aveva provato a modificare la natura dei programmi Fox, chiamando gente dalla più progressista Cbs, ma era stato bloccato. E allora, non potendo cambiare le cose da dentro, aveva deciso di indebolire l’impero del papà spingendo per vendere la maggior parte della loro 20th Century Fox alla Disney – e tirandoci fuori qualche miliardo. James viene chiamato “il figlio liberal”, non solo perché guida una Tesla ed è amico di Al Gore, ma anche perché ha investito in realtà progressiste come Art Basel, Vice o il Tribeca Film Festival di De Niro. Ha anche fondato l’azienda Lupa Systems, un riferimento ai fratricidi Romolo e Remo (un’idea che nemmeno Jesse Armstrong avrebbe avuto). Poi c’è Elisabeth, che è stata sposata con un nipote di Sigmund Freud, e che come James ha lavorato per anni a Sky, anche lei parte di quei giochi vendicativi intrafamiliari à la Succession. Lachlan, James ed Elisabeth sono i figli del secondo matrimonio del tycoon, modelli dei tre Roy principali. La primogenita, Prudence, figlia del primo matrimonio di Rupert, non ha mai avuto mire sul controllo dell’impero mediatico, un po’ come Connor Roy (a differenza sua non ha però cercato di diventare presidente degli Stati Uniti). Poi ci sono le giovani figlie ventenni Grace e Chloe, che hanno come padrini di battesimo Nicole Kidman, Hugh Jackman e Tony Blair, ma che sembrano troppo giovani per interessarsi al Monopoly familiare, preferendo una vita da jet set in stile nepo-baby influencer. Ma chissà che anche loro non abbiano degli assi nelle maniche per una real version di uno spin-off della serie Hbo in chiave Gossip Girl.

L’addio di Rupert è importante, perché segna un nuovo corso, ma ci si chiede quanta libertà di cambiamento lascerà al figlio Lachlan o se lo manovrerà dalla sua posizione di emerito pensionato. Un po’ come con Mediaset, la nuova linea anti-trash di Piersilvio, si è potuta implementare solamente dopo la morte del capo. Solo quando Rupert Murdoch non ci sarà più inizierà la vera Succession, il vero momento in cui la schiera di figli e figlie, che siano cinquantenni o ventenni, dovrà decidere cosa fare della tv e dei giornali (abbandonare la disinformazione tossica? Vendere agli svedesi?). Ereditare il regno non vuol dire solo prendersi una fetta della fortuna miliardaria, ma decidere cosa fare della grande macchina di propaganda che ha il potere di mandare qualcuno alla Casa Bianca. Non basta un pensionamento, solo con la morte di Rupert capiremo cosa sarà dello strumento politico che ha avuto più influenza negli ultimi decenni di politica americana. La nuova stagione del vero Succession deve ancora andare in onda.