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Pope Francis Superstar

Come la stampa americana ha introdotto la visita di Papa Francesco negli Stati Uniti, tra tentativi di incasellarlo e analisi dei suoi rapporti coi conservatori.

di Redazione

Papa Francesco, 266° capo della Chiesa cattolica e già detentore di alcuni primati vaticani –  è il primo pontefice a far parte dei gesuiti e l’unico, finora, a provenire dal continente americano – tra qualche giorno aggiungerà un tassello alle sue particolarità: il 24 settembre prossimo alle 10 di mattina, ora di Washington, sarà il primo vescovo di Roma a tenere un discorso davanti a una sessione plenaria del Congresso americano, dopo aver accettato l’ennesimo invito del presidente della Camera John Boehner, cattolico praticante.

papa-francesco-speranzaIl settantanovenne Jorge Mario Bergoglio, per cui si tratta tra l’altro della prima volta negli Stati Uniti, durante la sua visita sarà, oltre che a Washington, a New York (il 25 settembre) e a Philadelphia (il 26 e 27, dove parteciperà al World Meeting of Families, un influente summit di ispirazione cattolica). I media americani hanno dato ampio spazio al viaggio del pontefice negli Usa, cogliendo l’occasione per ritrarre un personaggio senz’altro già noto, ma forse non ancora approfondito dal pubblico statunitense. Il New Yorker, ad esempio, affida alla penna di James Carroll un punto dal titolo “What to make of Pope Francis Now?” (“Come considerare Papa Francesco, ora?”, grosso modo). E dunque, si chiede l’autore, «Is he a radical or merely a liberal?»: lo scorso luglio Francesco durante un viaggio in Bolivia ha chiamato «la ricerca del denaro», rifacendosi a uno dei primi teologi cristiani, «lo sterco del diavolo», e sono ormai note le sue posizioni su temi come il «capitalismo senza freni» e il riscaldamento globale. Il New Yorker, tuttavia, offre un punto di vista alternativo.

Rather than seeing him as a cult-worthy personality who represents something wholly new in Catholicism, it is better to understand Francis, even in his stylistic deviations, as the culmination of a slow, if jerky, recovery on the part of the Church from its self-defeating rejection of modernity.

In buona sostanza, si tratterebbe piuttosto di vederlo come culmine del percorso con cui la Chiesa ha deciso di difendersi dalla modernità, prendendo le misure delle nuove istanze dominanti nel campo dei diritti civili e del liberalismo democratico.

Il New York Times si sofferma sui motivi per cui la visita di Bergoglio negli Stati Uniti è la prima della sua vita, in parte individuati nella sua condizione di latinoamericano con posizioni critiche nei confronti dell’egemonia politica ed economica americana, ma anche in certe convinzioni personali: al papa non piacciono molto i prelati sempre in viaggio, che definisce ironicamente «cardinali da aeroporto». Nelle sue visite centellinate, quindi, ha sempre dato più spazio ai Paesi più poveri e svantaggiati (anche in questo caso, i quattro giorni negli Stati Uniti sono preceduti da tre a Cuba, e nel piano originale c’era l’attraversamento del border col Messico). «Eppure», scrive il Times, «coloro che l’hanno studiato e lo conoscono dicono che Francesco ha anche espresso di apprezzare gli Stati Uniti per la loro democrazia vivace, la loro diversità religiosa e la loro identità di nazione formatasi assorbendo ondate di migrazioni».

Il magazine Rolling Stone parla addirittura di un’«American crusade» del Papa, presentando ai suoi lettori un pontefice dai modi poco convenzionali e sottolineando gli effetti che ha avuto sulla politica americana, specie in seno al partito Repubblicano («C’è una bella differenza rispetto al passato recente in cui i vescovi conservatori statunitensi di fatto si comportavano da faccendieri del GOP», scrive l’autore del pezzo). La comunanza di vedute tra destra Usa e Vaticano risale all’elezione di Ronald Reagan del 1980, seguita di poco al conclave da cui uscì papa Giovanni Paolo II: Wojtyła e Reagan erano naturali alleati in prospettiva anticomunista, e da allora la sinergia tra Repubblicani e cattolici si è andata cementando. Oggi, invece, la reazione di una certa destra americana è tutta nelle parole del celebre conduttore radiofonico Rush Limbaugh: «Un uomo di religione, il Vicario di Cristo, sembra essere stato conquistato dalla dottrina comunista…».

Quanto all’esatto incasellamento politico di Bergoglio, The Nation sostiene che si tratti di un «cooperativista»:

Cooperativism is neither capitalist nor communist, and the same is true of Francis. He’s a leader formed in the skirmishes between the First and Second worlds—accepting neither, and turning to Catholic tradition for older and wiser alternatives to them both.

E nel pezzo si parla anche del suo complicato rapporto coi liberal americani: «I cattolici di sinistra negli Stati Uniti hanno respirato più con Francesco di quanto abbiano fatto negli ultimi decenni, ma sanno anche che è cambiato poco negli insegnamenti della Chiesa, specialmente in materia di genere e sessualità». Francesco non è soltanto un pastore ma anche un abile stratega, spiega il New York, che delinea le sue accortezze politiche in un articolo firmato da Paul Vallely. «Francesco si è costruito una reputazione per la sua semplicità e il suo essere diretto, ma il papa argentino è anche un maestro di simbolismi legati alla politica, e un politico immensamente scaltro». La stessa scelta di visitare prima Cuba e poi gli States sarebbe «un gesto di equilibrio» simile a quello della sua visita in Terra Santa, dove aveva pregato prima accanto ai muri di sicurezza di Betlemme e poi vicino a un memoriale dedicato alle vittime israeliane degli attacchi kamikaze.

Il papa che due mesi fa ha invitato l’attivista Naomi Klein a declamare in Vaticano la sua enciclica Laudato si, si diceva, non va troppo a genio ai conservatori. Cnn ha raccolto le critiche più radicali e intransigenti che il pontefice si è attirato, non dissimili da quelle che nel 2008 hanno animato il dibattito pubblico americano perché riferite all’allora candidato alla Casa Bianca Barack Obama.

The Obamification of Pope Francis includes charges from conservative critics that he’s either a socialist, the Antichrist, an illegitimately elected leader who wants to create a “New World Order” — or all of the above. Their anxiety was captured by the headline of one online column: “Pope Francis is the Catholic Church’s Obama — God help us.”

Un curatore del sito cattolico di stampo cospirazionista The Wild Voice, Paul Joseph C., ha dichiarato all’emittente americana che «Papa Francesco non è il santo vicario di Gesù Cristo legittimamente eletto che molti credono, ma l’iniziatore di un nuovo ordine mondiale». In sostanza, Bergoglio divide sia in campo liberal che tra i conservatori che un tempo facevano fronte unito nel dichiararsi seguaci della Chiesa, seppure per motivi diversi. Quando Evo Morales gli ha regalato il discusso crocifisso intagliato nella falce e martello, lui ha fatto spallucce: «per me non è stata un’offesa».

Nell’immagine in evidenza: un murale raffigurante il papa a midtown Manhattan. New York, 28 agosto 2015 (Spencer Platt/Getty Images).