Cultura | Fotografia

La più grande mostra di Juergen Teller

Dal 27 gennaio al primo aprile, negli spazi di Triennale di Milano, i need to live ripercorre la carriera e la vita del fotografo con più di 1000 fotografie.

di Germano D'Acquisto

Parere personale. Oggi esistono decine e decine di straordinari fotografi di moda capaci di raccontare con cura e stile un abito, un accessorio, un’atmosfera. Pochi però sembrano essere in grado di traghettare i lembi della loro poetica nella complessa sfera dell’arte. La fotografia di moda resta condizionata dall’eccessiva ricerca di uno stile, dalla mercificazione e quindi dal commercio dell’immagine e dei corpi. Ma nello sconfinato prato verde di impeccabili artigiani dell’immagine fashion moderna, spuntano qua e là, come cespugli, veri e propri artisti come Viviane Sassen (a cui la Maison de la photographie di Parigi sta dedicando una bellissima retrospettiva proprio in questi giorni), Sølve Sundsbø e soprattutto Juergen Teller, quest’ultimo, straordinario protagonista della mostra i need to live allestita dal 27 gennaio al primo aprile negli spazi della Triennale di Milano.

L’esposizione, che ha avuto una trionfale anticipazione parigina al Grand Palais Éphémère, è la più grande antologica mai realizzata sulla star tedesca. Quasi una figura leggendaria capace, grazie alla sua Contax, di stravolgere alla fine degli anni ’90 i codici dell’immagine traghettando le atmosfere tipiche degli snapshot nel cuore del linguaggio contemporaneo. Se gli anni ’80, dominati dalle scenografie un po’ manieriste e dall’ossessione per i dettagli, avevano onorato la società del successo, col decennio successivo si cambia registro. Gli anni ’90 ribaltano questa visione, rivelandone il lato oscuro. I lavori di Teller fanno così capolino su magazine cult come i-D, Dazed & Confused, The Face. Sono crudi ma emanano energia. Provocano, ma con ironia. Sono sgranati ma più veri.

Come una sorta di Diane Arbus in versione technicolor, l’artista 59enne realizza istantanee per lo più per strada, fuori dagli studi e dai locali notturni sfruttando la luce del flash diretto (questa tecnica si chiama flashed-out). L’effetto è dirompente. Più o meno come è stato quello di Garry Winogrand, sublime streetphotographer americano, negli anni ’60 quando, per raccontare le avenues di New York, creava immagini dalle inquadrature di traverso e dai soggetti spesso tagliati. «Quando l’occhio guarda qualcosa – spiegava Garry – non si cura dell’equilibrio della composizione né dello sfondo, ma punta dritto al soggetto. Ecco i miei scatti sono come i nostri sguardi…». Teller si fa portavoce di una nuova estetica in cui si incontrano due opposti: realismo e charm, naturalismo e glamour. Decide di celebrarli entrambi attraverso una bellezza anticonvenzionale, senza make-up e con difetti, rughe e imperfezioni. «Sono interessato alle persona che fotografo», spiega, «il mondo non ha bisogno di ritocchi». Eggleston, teorico della “fotografia democratica”, diceva che ogni soggetto ha la stessa dignità davanti all’obiettivo. E Juergen fa esattamente lo stesso: nel 1999 pubblica il libro Go-Sees favorendo il processo di democratizzazione nella moda. Ma si spinge ancor di più in là. Ritrae donne e uomini colti nella loro intimità dentro spazi desolati e spogli. Si vedono caloriferi sullo sfondo, fili elettrici che penzolano qua e là. Tutto è studiato nei minimi particolari ma sembra casuale. Teller travasa nel patinato mondo della moda quello che negli anni ’70 mostravano Nan Goldin, Cindy Sherman e Larry Clark: la dura realtà quotidiana. Qualcosa di inimmaginabile solo qualche anno prima.

Oggi invece sono migliaia i fotografi che scimmiottano lo stile di Teller, ormai divenuto un classico, replicato sui social (Juergen non si è mai iscritto su Instagram) e su certe pellicole hipster. A Milano fino alla prossima primavera ci sarà tutto questo. Ma anche molto di più. Molte delle immagini esposte alla Triennale sono diventate simboli generazionali. Come lo scatto “Young Pink Kate”, dove una giovanissima (e pallidissima) Kate Moss sorride nascondendosi sotto le lenzuola del suo letto e nel frattempo diventa leggenda. O come i ritratti di Victoria Beckham le cui gambe sembrano fiorire da una borsa di Marc Jacobs o, ancora, come i nudi di Helen Mirren, Charlotte Rampling o Vivienne Westwood che Teller rende seducenti al pari delle colleghe più giovani.

i need to live è un inno alla vulnerabilità ed è concepita come un tour biografico. Ogni sala è una pagina di diario. Che inizia con la tragedia: il suicidio del padre del fotografo, descritto con trasparente onestà. E si conclude col lieto fine: l’amore per Dovile Drizyte (co-curatrice della mostra), sposata tre anni fa. In mezzo ci sono modelle, popstar, familiari, scene di vita privata, libri, film, foto d’infanzia e tanti personaggi come il filosofo Slavoj Žižek, la regista Agnès Varda, l’editor di moda Edward Enninful e Yves Saint Laurent. Fra tutti loro c’è anche lo stesso Juergen, che si autoritrae completamente nudo in sella ad un asino oppure su un letto sfatto mentre tiene dei palloncini colorati. «Penso sia davvero importante non avere paura del fallimento e spingersi a provare le cose, a saltare nell’acqua fredda», ha raccontato tempo fa Teller, che vede la propria esistenza come una sfida continua. «Nella vita cerco sempre l’avventura. Voglio fare cose che non ho mai fatto prima. Se nello star system sono tutti attentissimi alla loro immagine, quando io entro nelle foto c’è la natura più selvaggia. Voglio solo guadare i fiumi, scalare le montagne. Non mi serve nient’altro».