Da Hermès Grace Wales Bonner si è presa il posto che si meritava

Una nomina storica: la trentacinquenne inglese di origine giamaicana che negli ultimi anni si è distinta per un punto di vista non eurocentrico guiderà la maison sinonimo del privilegio europeo.

22 Ottobre 2025

Una 35enne inglese di origine giamaicana guiderà la maison sinonimo del privilegio europeo. Basterebbe questo risultato per inquadrare come “storica” la nomina di Grace Wales Bonner a direttrice creativa dell’abbigliamento uomo di Hermès, ma questa storia è molto più interessante di così. Perché Wales Bonner, che aveva dichiarato anni fa in un’intervista a System Magazine che il suo sogno era proprio lavorare nella maison fondata nel 1837 dal sellaio Thierry Hermès, è anche uno dei talenti più cristallini del panorama contemporaneo del design. Un brand fondato nel 2014, e una prima collezione chiamata Ebonics, al centro del suo universo di riferimenti c’è sempre stato il tentativo – spesso riuscito – di far dialogare identità diverse. Inoculare nella tradizione del “lusso” europeo – il grande malato del sistema della moda di oggi, affaticato da ricette economiche che non sembrano più funzionare  – un antibiotico assai potente: un punto di vista non eurocentrico, che prende a piene mani dalla storia (tessile e non) della cultura nera, come nel caso del Rinascimento di Harlem, movimento artistico afroamericano fiorito proprio nel quartiere newyorchese tra gli anni ’20 e ’30, che Bonner cita in Ebonics. 

E difatti nel comunicato che ha annunciato la nomina, con la quale Wales Bonner succede a Véronique Nichanian, rimasta in casa Hermès per 37 anni, proprio questa peculiare capacità ha citato il direttore artistico del brand e sesta generazione della famiglia fondatrice, Pierre-Alexis Dumas. «La sua visione contemporanea su moda, artigianato e cultura contribuirà a delineare lo stile dell’uomo di Hermès, mescolando l’heritage della maison con uno sguardo sull’oggi. L’interesse e la curiosità di Grace per la pratica artistica hanno molto in comune con l’approccio e la mentalità creativa di Hermès. Siamo all’inizio di un dialogo che arricchirà entrambi».

Non solo una designer

Un progetto culturale più che strettamente stilistico,  portato avanti con costanza e coerenza, non solo attraverso la realizzazione di collezioni d’abbigliamento: negli scorsi anni Wales Bonner ha curato mostre al Museum of Modern Art di New York; orchestrato una serie di eventi musicali alla Serpentine Gallery di Londra, scegliendo tra i performer nomi come quelli di Sampha e Laraaji; collaborato con artisti come Kerry James Marshall per una collezione di t shirt arricchita dalle sue stampe, i cui ricavati sono stati totalmente devoluti all’associazione Study and Struggle, che si occupa di combattere il razzismo verso la comunità nera; realizzato documentari con Harley Weir in Dakar sui wrestler senegalesi e su come il loro abbigliamento, fatto anche di sarong o costumi femminili, sfidi le classiche norme di genere. Di lei Hans Urlich Obrist, direttore artistico della Serpentine Gallery ha detto: «Grace non è solo una designer, ma anche una pensatrice, una scrittrice e un’editrice. Riesce a mettere in connessione campi e aree molto diversi, dalla musica all’arte».

Prospettiva afro-atlantica e approccio collaborativo

Già nei radar dei grandi conglomerati di moda dal 2016 – quando LVMH ne ha riconosciuto il talento con il suo LVMH Prize, dedicato ai giovani designer –  nel 2019 Maria Grazia Chiuri l’ha invitata a re-immaginare la silhouette del New Look per la collezione Resort 2020 di Dior. Nel 2023 è stata tra i Guest designer del Pitti Uomo a Firenze con una collezione portata in scena a palazzo Medici Riccardi (dove, non a caso, visse Alessandro de’ Medici, detto Il Moro per via della sua carnagione olivastra). Una collezione che aveva lo stesso obiettivo di sempre: «portare una prospettiva afro-atlantica al lusso europeo», come ha detto lei stessa in un’intervista a GQ. È il caso degli abiti macramè con perline e gioielli artigianali realizzati in Ghana o i cotoni intrecciati e tinti a mano in Burkina Faso, presentati proprio in occasione della sfilata fiorentina.

Al di là dei singoli risultati e riconoscimenti (nel 2022 è stata insignita della Medaglia dell’ordine dell’Impero Britannico per i suoi meriti nella moda), Wales Bonner rappresenta a pieno titolo una nuova generazione di creativi capaci di veicolare un’idea di stile precisa, personale, senza cedere alle sirene di facili solipsismi, che invece attraggono così tanti stilisti di ogni età, che per lavoro o per conformazione personale si confrontano troppo poco con gli altri e con il mondo reale. Ha spesso detto di come nel suo processo creativo sia fondamentale la collaborazione, il dialogo con altre voci, capaci di sfidare idee preconcette o invece aggiungere senso e significato al suo lavoro. Un approccio tanto più valido in tempi complessi come quelli nei quali stiamo vivendo, che necessitano di un ritorno alla dimensione comunitaria della creazione. Nelle sue collezioni questo metodo “umanistico” riesce a esprimersi trovando un compromesso anche commerciale: pur studiando la storia, gli stereotipi di bellezza occidentali (per soverchiarli e ripensarli), il risultato è in completi sartoriali la cui gradevolezza e precisione è riconoscibile ad occhio nudo, anche dai non addetti ai lavori. E in effetti la sua capacità di leggere il presente e riconsegnarcelo attraverso collezioni complesse, stratificate, eppure mai esteticamente respingenti, l’ha notata anni fa anche Adidas, brand con il quale Wales Bonner collabora dal 2020, reimmaginando le classiche Samba, le Superstar e le Karintha.

Un’industria ancora troppo declinata al maschile

Un percorso, quello di Wales Bonner, che si è costruito una sua autorevolezza con il tempo, sfuggendo alla sovraesposizione mediatica e ai facili compromessi. Per questo motivo, all’annuncio della nomina, gli addetti ai lavori hanno reagito praticamente all’unanimità, esprimendo soddisfazione ed entusiasmo per un ruolo che sembra cucito addosso alla designer. Oltre però allo storico primato – prima designer donna e nera a essere assoldata in una maison europea –  Wales Boner è una delle poche  direttrici creative in un’industria ancora troppo declinata al maschile. Tra i 12 debutti di questa stagione, che promettevano di rivoluzionare il corso della moda contemporanea – una promessa che non è stata mantenuta nell’immediato – solo due erano donne (Louise Trotter da Bottega Veneta e Rachel Scott da Proenza Schouler). Una mancanza di equilibrio che si è tradotta, banalmente, in collezioni purtroppo prive di una qualunque sensibilità contemporanea, necessaria e indispensabile in un momento nel quale i corpi, soprattutto quelli delle donne, sono ancora considerati campi di battaglie ideologiche. E non è stato un caso che l’articolo che ha fatto più discutere gli addetti ai lavori di questa ultima fashion week, sia stato quello firmato dalla direttrice moda del New York Times, Vanessa Friedman, che si è chiesta perché questa industria non riesca proprio ad accorgersi di come certi esperimenti stilistici, dal coprire il volto delle donne a infilarle in abiti che bloccano i movimenti delle braccia, possano apparire crudeli e privi di qualunque senso, sebbene pieni di pretese artistiche. Il vento sta però cambiando. Di recente Maria Grazia Chiuri è stata nominata direttrice creativa di Fendi e Merryll Rogge di Marni, con un debutto previsto a marzo 2026, mentre Veronica Leoni è divenuta un anno fa direttrice creativa di Calvin Klein.

Da Hermès il compito di Grace Wales Bonner sarà dare forma al guardaroba dei clienti del brand, con un debutto previsto a marzo 2027: nell’immaginazione di questo nuovo prototipo di uomo, la designer ha sempre ammesso di essere stata guidata dall’influenza di figure come quella del jazzista Thelonious Monk, una personalità secondo lei capace di «sovvertire il sistema con eleganza, portando un nuovo ritmo alle loro creazioni, e al mondo che lo circondava». E sembra esattamente quello che Wales Bonner fa, senza roboanti proclami, già da molto tempo e che, ci si augura, continuerà a fare anche da Hermès. Perché il mondo della moda, di un nuovo ritmo, sembra aver disperatamente bisogno. 

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