La situazione americana è gravissima e preoccupa il mondo intero. Ma, allo stesso tempo, è possibile non vedere quanto tutto quello che viene dagli Usa oggi sia... grottesco?
Negli anni berlusconiani durante le discussioni usciva a un certo punto una frase che è forse il riassunto di cos’è stata la politica degli ultimi trent’anni. La frase era questa: “Sì, certo, Berlusconi è terribile, però preferirei andare a cena con lui che non con Occhetto/Prodi/Rutelli/Veltroni, almeno ti diverti”. Il divertimento era strettamente legato all’idea dell’imprevedibilità, della mancanza di controllo, della sguaiataggine non politically correct, e dell’insulto facile, quasi infantile, che spesso, anche quando molto cringe, divertiva.
Di fondo rendeva più felici in modo ipotetico passare del tempo con un bad boy che non con un bravo ragazzo. Possiamo spesso applicare la stessa dinamica ad altri scontri elettorali europei e non. Sarkozy vs Ségolène Royal, Trump vs Clinton/Biden/Harris, Johnson vs Corbyn… Non sempre, ma spesso, la spavalderia ha la meglio alle urne, o almeno nel cuore, o nella pancia, del popolo. Un presidente come François Hollande, con la sua goffaggine da funzionario di partito, cade nell’oblio. Il disinibito Sarkò, con la sua moglie modella-cantante, no.
The left can’t meme
Spavalderia e una certa aggressività vanno a braccetto, così come l’insolenza insultante nascosta da battuta. La gaffe diventa sketch. Il fact checking è uno strumento da nerd. Le percentuali snocciolate a Porta a Porta da Berlusconi, con tanto di conteggio sulle dita, grafici e fogli (attrezzi scenici) diventano momentaneamente vere, perché dette con una certa sicurezza, almeno nell’era della tv. Questa stessa sicurezza nell’era della post-verità sarà poi la forza dei complottisti di YouTube e dei podcaster, da Alex Jones a Theo Von a Steve Bannon, dove gli improperi crassi sono un segno di virilità.
Loro insultano da decenni i globalisti, i comunisti, i progressisti, i vicini di casa. In Italia un esempio di f-word facile è La Zanzara. La sinistra incassa, e perde anche perché spesso non ha quella che in yiddish si chiama chutzpah (insolenza), unita a quella che al sud si chiama cazzimma. La frase, essa stessa un meme, The left can’t meme, cioè la sinistra non sa memare, si collega a questa assenza di spirito “cazzone” e “cazzuto”, contro il grigiore che già Berlusconi appiccicava al Pci, al Pds e ai Ds, che fosse vero o finto. Ma anche gli stessi girotondi morettiani, unico momento allegro del grigio Ulivo, vengono mangiati dal populismo 5 Stelle (Dario Fo partecipa a entrambi, in ordine) e anche qui il successo vero arriva grazie all’insulto esplicitato. Col VaffaDay si riesce a raccogliere davvero un elettorato sufficiente per far nascere un movimento-partito che arriverà al governo.
Non si può più dire niente
Con il #MeToo e Black Lives Matter (che hanno avuto echi metamorfizzati in Europa), e quindi con l’era social, la sinistra da grigia diventa piagnona. O almeno la percezione è quella. La sinistra diventa la vittima, o quella che difende le vittime, vere o presunte, di razzismo, patriarcato, omofobia e capitalismo. Gli elementi combattivi si staccano e diventano movimentismo da Occupy Wall Street a Stop the Oligarchy, ma senza patente istituzionale. Il woke, l’essere consapevoli delle ingiustizie sociali e della discriminazione sistemica, viene demonizzato dalla destra e rientra in quell’idea di grigiore potenziato, diventa cioè censorio, quasi dittatoriale (“Non si può più dire niente”). Diventa cioè correttivo della natura, delle pulsioni umane. Il puritanismo normativo che una volta apparteneva ai conservatori, di fronte invece all’allegria beat del progressismo precedente all’arrivo di Reagan, diventa caratteristica dell’altra metà dell’emiciclo. Trump divorzia varie volte, tradisce con pornostar, fa apprezzamenti sessuali verso la figlia. Le famiglie dem invece sembrano quelle di un quadretto di Norman Rockwell.
Dopo la batosta della brat summer, dopo la seconda solida vittoria di Trump a novembre, alcuni stanno cercando di rimediare con una nuova brandizzazione. I leader democratici boomer fanno mea culpa per aver messo i diritti trans sopra la difesa della working class, ma su internet tra millennial e Gen Z nasce il dark woke. Perché essere sempre i brav* ragazz*? Perché non possiamo usare anche noi gli strumenti e i metodi della nuova destra? Uno dei primi casi memetici è quello degli utenti che postano “mia nonna ha votato Trump, ho fatto in modo che cadesse dalle scale”. Era la mattina dell’inaugurazione e #DarkMeme è in trending su X dopo uno scambio tra la deputata dem Alexandria Ocasio-Cortez e un influencer di estrema destra. AOC ha detto che non avrebbe festeggiato «uno stupratore» che diventava Presidente. L’influencer le ha risposto: Trump dovrebbe denunciarti. E lei: «Vuoi piangere? Ti ho triggerato?» Usando quindi il classico linguaggio dei troll di destra anti-woke. La risposta di AOC ha avuto quasi 20 milioni di visualizzazioni.
Verso il basso
In questi cento e passa giorni anche gli uffici stampa e gli spin doctor hanno iniziato a dire loro candidati, ai loro politici, di diventare aggressivi, di insultare. Se gli altri lo fanno, lo facciamo anche noi. «Gli insider», dice il New York Times, «spingono i politici dem ad abbracciare una retorica più combattiva». Si prova nelle spin room a imparare la stessa tecnica del nemico. L’esempio chiave è a deputata dem Jasmine Crockett che ha chiamato il governatore repubblicano del Texas, che è in carrozzina, “Governatore Hot Wheels”, come le macchinine. Poi Crockett ha definito la deputata trumpianissima Marjorie Taylor Green come una «bionda ossigenata con un corpo sproporzionato da butch». «Siamo pronti a combattere con ogni mezzo necessario», ha risposto Crockett alle accuse. Un atteggiamento in contrasto con quello di uno dei fari di rispettabilità del partito, Michelle Obama, che diceva nel 2016, quando Trump insultava per arrivare a Pennsylvania avenue: «Quando loro vanno verso il basso, noi andiamo verso l’alto».
Ma il 2016 è lontano, e la strada da allora è tappezzata di emorragie dei bacini elettorali classici: minoranze e lavoratori. I “fuck” e i “shit” – “cazzo” e “merda” – e le loro varie declinazioni, entrano così a gamba tesa nel vocabolario dei democratici statunitensi. Qualsiasi cosa pur di restare a galla, e infatti Crockett diventa virale e viene invitata di colpo nei talk show serali, da Jimmy Kimmel. I meme dark woke dicono: “Espellete tutti finché non restano solo i nativi”. Ma spesso l’effetto delle parolacce è artificiale, mentre sono naturali nell’alt-right e più spontanei nella sinistra populista e anticapitalista sandersiana. Il partito di Harris si appropria del trolling in modo impacciato. Immaginarsi un Biden che descrive Zelenski come “un comico mediocre e dittatore non eletto” – parole di Trump – sembra irreale. Uno dei mantra del wokismo dark è “il fuoco si combatte con il fuoco”, perdere quindi lo status di superiorità, di buona educazione, per rimboccarsi le maniche e affilare la lingua.
Ma se è vero che the left can’t meme, è anche vero che la sinistra non sa insultare, non l’ha mai saputo fare se non con una certa sufficienza snob, o attraverso la satira – «vi restano solo i comici», dice il ministro Giuli. Se il trend dark woke regge e si espande, ci si aspetta forse che un Tomaso Montanari si comporti come Sgarbi in tv?