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Dovremmo rileggere tutti Carla Lonzi

La pubblicazione di Sputiamo su Hegel e altri scritti è il primo passo del progetto di ristampa dei testi della penna più ispirata e coraggiosa del femminismo italiano

di Clara Mazzoleni

Nel 2012, durante la più importante mostra d’arte contemporanea del mondo (Documenta di Kassel), l’artista Chiara Fumai presentò un’opera che si chiamava “Moral Exhibition House” e comprendeva diverse performance, tra cui “Shut Up, Actually Talk”, uno spettacolo in cui travestita da personaggi da freak-show del 1800, come la strega Zalumma Agra del circo Barnum e la donna barbuta Annie Jones, rileggeva brani dai saggi Sputiamo su Hegel e Io dico Io di Carla Lonzi. Questa e altre azioni avvenivano sul tetto del Museo Fridericianum (dove ogni 5 anni si tiene la mostra) e in un’inquietante casetta bianca installata nel parco. Le finestre sbarrate con travi di legno nascondevano uno spazio infestato dagli spiriti, con mobili rovesciati che “affondavano” nel pavimento e un armadio pieno di lettere di artisti e scrittori del XXI secolo, “ricevute” tramite scrittura medianica: «La casa è stata costruita sul modello della casa delle Fox Sisters, due grandissime medium ottocentesche», spiegava Fumai. «È un tributo alla matrice surrealista presente in tutte le pratiche spiritiche, specialmente quelle femminili. Questi demoni, questi fantasmi, parlano di femminismo, di principi anarchici, di decostruzione, di superamento della dialettica e celebrano l’anormalità».

Chiara Fumai è morta suicida il 16 agosto 2017, a 39 anni, un paio di mesi prima dell’esplosione del movimento #MeToo e della quarta ondata femminista. Anche Carla Lonzi è morta nel mese di agosto, ma nel 1982, a 51 anni, a causa di un cancro. Riferendosi ai suoi scritti femministi, aveva espresso più volte il timore che potessero essere trasformati in punti fermi o basi ideologiche, mentre per lei erano appunti iniziali, germi di ragionamenti,  che aveva sentito l’esigenza di riunire dopo le prime conversazioni con l’artista Carla Accardi, da cui comincia a maturare la presa di coscienza femminista. Penso che avrebbe amato il modo in cui Fumai ha saccheggiato gli scritti raccolti in Sputiamo su Hegel, trattandoli come frammenti di un dialogo stratificato, oggetti di scena in un serissimo gioco di travestimenti, strumenti per viaggiare nello spazio e nel tempo, punti di partenza.

Prima di incanalare tutte le sue energie nella lotta femminista, Carla Lonzi è stata una critica d’arte e curatrice: la sua carriera artistica si conclude con il libro Autoritratto, del 1969, dove riporta le parole di tredici artisti registrati con uno strumento a quel tempo nuovissimo, il registratore, con l’obiettivo di liberare la loro voce dal filtro della critica. Con Autoritratto, infatti, Lonzi teorizza l’inutilità del ruolo del critico d’arte, e quindi, in un certo senso, si auto-licenzia: «la nostra società ha partorito un’assurdità quando ha reso istituzionale il momento critico distinguendolo da quello creativo e attribuendogli il potere culturale e pratico sull’arte e sugli artisti. Senza rendersi conto che l’artista è naturalmente critico, implicitamente critico, proprio per la sua struttura creativa».

Abbandonata la carriera artistica, fonda con Carla Accardi e Elvira Banotti il gruppo Rivolta Femminile e dopo aver scritto insieme a loro il Manifesto di Rivolta Femminile, nel 1970, apre una piccola casa editrice con cui pubblica due saggi: Sputiamo su Hegel, del 1970, in cui rivela l’impostazione patriarcale delle teorie di Marx, Hegel e Freud e La donna clitoridea e la donna vaginale, del 1971, in cui critica il mito e svela l’inganno dell’orgasmo vaginale. Sono testi rapidi, scritti con urgenza, facili da leggere perché composti da paragrafi brevi, istintivi, a volte di due o tre righe. «Il femminismo è stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla società. Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell’esperienza storica femminista: in essa la donna si è manifestata interrompendo per la prima volta il monologo della civiltà patriarcale», si legge nel manifesto. «L’uomo ha sempre parlato a nome del genere umano, ma metà della popolazione terrestre lo accusa ora di aver sublimato una mutilazione. La forza dell’uomo è nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel rifiutarla».

 

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In Sputiamo su Hegel, mentre “asfalta” Marx, Hegel, Freud (un esempio: «Marx stesso ha condotto la vita come un marito tradizionale, assorbito dal lavoro di studioso e di ideologo, carico di figli tra cui uno avuto dalla cameriera») e demolisce le strutture del matrimonio e della famiglia, Lonzi spiega perché puntare all’uguaglianza formale tra donne e uomini non ha nessun senso. Al contrario, scrive, la donna deve partire dalla disuguaglianza e dalla differenza per fissare obiettivi di emancipazione suoi, non condivisibili con quelli dell’uomo (che al primo posto, ad esempio, mette sempre il potere: ma alle donne interessa veramente?): «Il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere. È per sventare questo possibile attentato della donna che oggi ci viene riconosciuto l’inserimento a titolo di uguaglianza».

«Com’è possibile, mi dissi, che una donna sappia pensare così?»: si chiede Elena Greco dell’Amica geniale dopo aver letto per la prima volta Sputiamo su Hegel. «Ho faticato tanto sui libri, ma li ho subìti, non li ho mai veramente usati, non li ho mai rovesciati contro se stessi. Ecco come si pensa contro». Nel terzo volume della quadrilogia di Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta (e nella serie tv in cui il libro compare fisicamente nella sua prima edizione), il momento in cui Lenù scopre e legge Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi coincide con il risveglio della sua coscienza politica.

A questo gruppo di donne risvegliate, reali o inventate, morte o vive, liberate o ancora oppresse, che immagino entrare e uscire in forma di spiriti e voci dalla casetta bianca di Chiara Fumai, si aggiunge l’esercito delle lettrici (o rilettrici) di Lonzi, comprese quelle che hanno deciso di riportare in vita la sua opera, inspiegabilmente introvabile ormai da decenni (chi non disponeva di madri femministe era costretto a leggerla online o prenderla in prestito in biblioteca) e ora tornata disponibile in una nuova edizione a cura di Annarosa Buttarelli. A pubblicarla è La Tartaruga, casa editrice di libri scritti da donne fondata nel 1975 da Laura Lepetit e poi rilevata da La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi, in un progetto a lungo termine curato da Claudia Durastanti che prevede la ristampa di tutti i suoi testi, compreso il diario che ha dato il titolo all’opera di Fumai, Taci, anzi parla.

Così come Sputiamo su Hegel e altri scritti, anche i prossimi libri di Carla Lonzi saranno privi di commenti critici, perché, come ha spiegato la curatrice Annarosa Buttarelli, «sono scritti che non sopportano commenti, spiegazioni, interpretazioni che spegnerebbero la loro forza travolgente, la loro intensa, parlante presenza… Così proponiamo di ripresentare gli scritti di Carla Lonzi senza accompagnamenti critici, come testi per la lotta delle donne, per la meraviglia di coloro che li leggeranno per la prima volta, come alimenti per la trasformazione di sé, come viatico per chi è alla ricerca della qualità di un pensiero, sempre più raro a trovarsi». E come sarebbe piaciuto a lei.