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Forever old, anziani che non mollano
Biden, Trump, Sanders: negli Usa la questione dell’età è diventato un trending topic, ma da noi la totale preminenza dei decani attempati sulla scena pubblica non viene nemmeno messa in discussione.
Negli Stati Uniti alla maggior parte degli elettori non piace né Biden né Trump. Il motivo principale è la loro età, il primo ha 81 anni, il secondo 77. A Capitol Hill ci sono vari casi di anziani che non mollano: Mitch McConnell, leader repubblicano, si è bloccato a metà frase in diretta a 82 anni, Diane Feinstein è morta da senatrice in carica a 90, Bernie Sanders a 82 ha detto che si ricandiderà. La questione dell’età è diventato un trending topic, tra editorialisti e chiacchiere da bar. In altri paesi però la preminenza dei decani attempati sulla scena pubblica non è messa in discussione.
Quando Corrado Augias a novembre ha annunciato di lasciare la Rai ci aspettava che concludesse così i suoi sei decenni e passa di carriera nella televisione. E invece, nel suo addio al clima tossico creato dall’occupazione meloniana, Augias a 89 anni ha dichiarato che sarebbe passato a La7 «per continuare a lavorare in un ambiente cordiale». Tre anni fa aveva lasciato la sua rubrica dove rispondeva su Repubblica alle lettere dei lettori dicendo «dopo vent’anni uno rischia di ripetersi». Per molti l’addio era dovuto alla sua incapacità di rendersi conto che una mail ricevuta da Enel – «in un italiano incomprensibile» – fosse in realtà phishing, disavventura di cui aveva parlato proprio nella rubrica, accusando la burocrazia italiana; per la redazione una spia che fosse il momento di sostituirlo con qualcuno che non restasse vittima delle trappole di internet (e infatti arrivò Francesco Merlo, che aveva 70 anni). La truffa online è un cliché della senilità. Era successa una cosa simile a Vittorio Zucconi lamentandosi che sul blog di Beppe Grillo ci fossero gli ad per le dentiere, senza sapere che i banner pubblicitari sui siti internet sono targhetizzati. «Ti hanno mai spiegato che Google mette la pubblicità personalizzata? Se vedi rolex e dentiere è perché a te interessano…», gli aveva risposto un utente su Twitter.
Lucia Annunziata, 73 anni, si è dimessa un anno fa dalla Rai, e anche qui ci si aspettava un saluto definitivo dalle scene. Invece ora è capolista al Sud col PD e probabilmente finirà nel parlamento europeo. Vittorio Sgarbi, 72 anni, collezionista di cariche pubbliche – sindaco, prosindaco e assessore in tre comuni diversi – dopo essersi dimesso da sottosegretario è stato candidato per Fratelli d’Italia, anche lui al sud. Santoro, 72, non è nemmeno il più âgé della sua lista pacifista, Ginevra Bompiani ne ha 84. In giro per Milano si vedono i poster di Letizia Moratti (74 anni), che i trentacinquenni di oggi fischiavano al liceo. Antonio Tajani ne ha 70. La recente faida tra Lilly Gruber e Enrico Mentana è il bisticcio tra due quasi settantenni. Giuliano amato è stato scelto a 85 anni a guidare la commissione algoritmi. Memo Remigi, 85 anni, torna in Rai dopo l’allontanamento per molestie. Marino Sinibaldi a 70 anni non è stato confermato nel suo ruolo di presidente del centro per il libro: polemica (ma ora ha un podcast de Il Post). Gino Paoli, 90, va ospite della Tintoria. Bruno Vespa, che condurrà il dibattito all’americana Schlein vs Meloni, questo mese fa 80 anni. E lunga sarebbe la lista dei salomonici dei talk show, che in virtù della loro età possono parlare di qualsiasi argomento, dagli accademici lucidi ai bastian contrari urlatori chiamati per pimpare l’auditel. Umberto Galimberti ha 82 anni, Massimo Cacciari 79, Vittorio Feltri 80, Mauro Corona 73, Paolo Mieli 75, Antonio Padellaro 77, Franco Cardini 83.
“Largo ai giovani” e altri slogan risulterebbero retorici tanto quanto i libri di alcuni dei matusalemmi. Così come giovane non vuol dire competente – in politica l’abbiamo visto con i 5 Stelle, in Tv lo vediamo spesso quando Gruber invita “scrittrici”-attiviste come Flavia Carlini o Carlotta Vagnoli – ultrasettantenne non vuol dire esser rimbambito. E poi per parafrasare omofobi e razzisti: “ho un sacco di amici anziani”.
Sono forse le ragioni commerciali a muover tutto, oltre a una cura, quasi religiosa e molto mediterranea, per gli avi che c’è nel Bel Paese. Sacralizzazione dei vegliardi. Le politiche Covid di chiusura delle scuole venivano giustificate con: «così non facciamo ammalare i nonni». Lo aveva twittato la scrittrice Fuani Marino, finendo in una shit-storm che poi diventerà l’inizio del suo ultimo libro, Vecchiaccia: «Stiamo sacrificando cose imprescindibili come il diritto all’istruzione, la socialità infine l’economia di un paese in nome degli over 75». E le avevano risposto pieni di rabbia: «I ‘”vecchi” sn il nostro patrimonio e la nostra salvezza». Ma ci sono anche questioni economiche, appunto, pensando sempre a un’audience televisiva ed elettorale in un paese dove un quarto della popolazione ha più di 65 anni. E nessuno cerca nemmeno di fare il giovane, come in quel meme col Signor Burns vestito da adolescente, si è orgogliosi, come capi tribù, della propria esperienza e delle proprie rughe («c’ho messo una vita a farmele» diceva Anna Magnani). Per alcuni questo è il sintomo di una dittatura esplicita dei dinosauri, che non hanno bisogno di nascondersi dietro alla tintura per capelli.
Ora Augias, che esce in libreria con una sorta di autobiografia – La vita s’impara, con un maglione con la cerniera nella foto di copertina – edito da Einaudi, ha uno show tutto suo in prima serata nella rete di Cairo. Programma seguitissimo, La torre di Babele, con ospiti virali come Alessandro Barbero (65 anni, un pischello), vintage para-antistituzionali come Benigni (71), o vecchi saggi apocalittici e grafomani come Luciano Canfora (81) e Enrico Deaglio (77). Queste chiacchiere colte tra anziani – Augias è coltissimo, il suo libro sembra una Garzantina di citazioni, namedropping dal canone, playlist dal programma del ginnasio, dai latini a Kant – piacciono, anche per il tono pacato e per l’autorità morale degli invitati. Questo appunto perché la maggior parte del pubblico televisivo è composto da pensionati. E non solo c’è attrazione per principio di somiglianza, ma perché sentire la voce di qualcuno che già si conosce è confortante: non si finisce per chiedersi “e questo chi è?”. Gli anziani sono oro per i network. L’età media dello spettatore della tv generalista è sugli 80. Tornano i vecchi format – Rischiatutto! – e più pubblicità per apparecchi acustici. E ironicamente compiuti i 75 anni di età si può chiedere l’esonero dal canone Rai.
Ma forse l’Italia, paese avanguardista, si sta semplicemente adattando a un trend globale. L’aspettativa di vita nel mondo è ora di 76 anni per le donne e 71 per gli uomini. E secondo i dati del nuovo libro del professore Andrew Scott, The Longevity imperative, la società di oggi non è costruita per una società con così tanti anziani. Nel 1990 c’erano solo 95.000 persone con più di 100 anni, oggi sono più di mezzo milione. E stanno aumentando. Secondo Scott l’idea di 25 anni di istruzione, 35 di lavoro e 35 di pensione è impossibile, e inaccessibile. Sarà necessario lavorare più a lungo, e magari cambiare la propria carriera più volte nella vita – università della terza età, un business su cui investire. Sul Financial Times Martin Wolf commentando il libro di Scott ha detto che «Sarà necessario lavorare più a lungo. Le persone torneranno a studiare, più volte. Si prenderanno ripetutamente delle pause. Cambieranno ripetutamente le loro attività. Questo è il modo per rendere la longevità accessibile e, cosa altrettanto importante, sopportabile». In Italia, in qualche modo, succede già, almeno in prima serata e nelle liste elettorali.